Antonia Cimini, Il Messaggero 30/8/2010, 30 agosto 2010
LA “CRISI” DEL MAR GIALLO: PECHINO PREPARA NAVI E ARMI
Non c’è pace nel Mar Giallo, la porzione di Oceano Pacifico fra Cina, penisola Coreana e Giappone, da quando Pechino e Washington hanno adottato i mari come nuovo terreno di confronto militare fra superpotenze. Il ministero della Difesa cinese ha annunciato che da domani e per quattro giorni la Marina rossa terrà un’esercitazione navale, con l’uso di munizioni, nelle acque antistanti Qingdao, la propria porzione territoriale del Mare Giallo. È la risposta ad una nuova esercitazione navale congiunta fra Stati Uniti e Corea del Sud prevista per settembre ma non ancora annunciata, a cui la Cina si oppone fermamente.
La notizia non arriva come un fulmine a ciel sereno, dopo un’escalation di confronti navali nella regione, ma è tuttavia la spia di un recente cambio di strategia adottato da Pechino. Dopo decenni di filosofia del segreto militare, il paese è costretto ora ad uscire allo scoperto: con la rinnovata presenza dell’esercito americano nel proprio “giardino” la Cina non si sente più sicura neppure in casa propria. Ricordi di lontane invasioni affiorano alla memoria, e non dormono sonni tranquilli gli strateghi di oggi nel timore di mai diventare superpotenza e non essere l’ago della bilancia nella regione.
Appena un mese fa, in occasione del ottantatreesimo anniversario della fondazione dell’Esercito Popolare di Liberazione, il ministro della Difesa Liang Guanglie annunciò che «bisogna essere determinati nel salvaguardare la sovranità nazionale, la sicurezza e gli interessi di sviluppo» ora che l’esercito si trova «in una critica fase di progresso con ardui e gravosi compiti all’orizzonte».
Dopo lo scoppio della crisi coreana con l’affondamento di una corvetta del Sud da parte di Pyongyang, Cina e Stati Uniti sono entrati in un braccio di ferro navale che ha i toni del confronto fra potenze. Lo scorso giugno la Marina americana decise una prima esercitazione congiunta con l’esercito sud-coreano con tanto di coinvolgimento della portaerei George Washington per rispondere alla prepotenza della Corea del Nord. Per cinque volte la Cina manifestò formalmente “forte opposizione”, tanto da rimandare fino alla fine di luglio l’operazione, in scala ridotta e con una minima presenza della portaerei. L’intera estate è stata, però, una stagione impegnativa per l’esercito di Pechino.
A metà agosto Marina ed aeronautica hanno condotto un’esercitazione notturna sui cieli delle acque territoriali del Mare Giallo, nel Golfo di Bohai. Una settimana prima la Marina è stata impegnata nel simulare un attacco a Pechino e inscenare tecniche di difesa al largo di Qingdao. A luglio un primo esercizio con munizioni nel Mare Cinese dell’Est è stato seguito dalla simulazione di operazioni di rifornimento in caso di guerra di nuovo nel Mare Giallo. A ciò si aggiungono tre esercitazioni navali nel Mare Cinese del Sud, l’altro fronte marittimo del confronto Cina-Usa, ricco di risorse naturali, che entrambi reputano di interesse nazionale.
Washington si arroga il diritto di interferire negli interessi montanti della Cina e Pechino tiene alta le testa, come vuole l’opinione pubblica cinese interrogata nei sondaggi. Il risultato è che dialogo militare fra i due paesi è ad uno stallo dall’inizio dell’anno, da quando l’America ha annunciato la vendita di nuove armi a Taiwan. Pechino ha già rifiutato nel corso dell’anno la richiesta di una visita ufficiale del Segretario alle Difesa americano Robert Gates adducendo che i tempi non sono ancora maturi e le speranze per un ritorno alla calma sono ancora lontane.