Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  agosto 30 Lunedì calendario

Adesso l’Ue fa l’elogio dei prodotti falsi - Chi l’avrebbe mai detto di trovare nell’Unione Europea il miglior sponsor della con­traffazione

Adesso l’Ue fa l’elogio dei prodotti falsi - Chi l’avrebbe mai detto di trovare nell’Unione Europea il miglior sponsor della con­traffazione. Sembra un’esage­razione, eppure, a giudicare dalle conclusioni dell’ultimo rapporto sul tema, non lo è. «Acquistare prodotti di marca contraffatti è una cosa positi­va »: questa la rivelazione prin­cipale ricavata a spese dei cit­tadini comunitari. Ma non è l’unica. «I beni contraffatti possono effettivamente pro­muovere l’azienda che li crea, facendo conoscere le nuove collezioni a un pubblico più ampio». Conclusioni rivolu­zionar­ie quelle contenute nel­la relazione riportata dal quoti­diano britannico Daily Tele­graph e co­ scritta da un consi­gliere della Home Office, il di­partimento britannico per il controllo dell’immigrazione. Conclusioni che sfatano una serie di inutili preoccupazio­ni. Come quelle relative alla qualità dei materiali usati per la fabbricazione dei prodotti contraffatti, alla loro legittimi­tà e a chi realmente trae profit­to dalla loro vendita. Tutte spazzate via. Da chi non si sa però. Dispiace per le case di moda ma, secondo il rappor­to, le perdite nel settore dovu­te alla contraffazione sarebbe­ro ampiamente esagerate «perché la maggior parte di co­loro che acquistano prodotti falsi non avrebbe mai pagato per l’originale». Come a dire: ringraziate chi compra l’imita­zione del vostro prodotto, altri­menti, coi prezzi che avete, vi scordereste anche quello. Ne è certo il professor David Wall, co-autore della relazio­ne e consulente al governo in materia di criminalità, secon­do il quale «ci sono prove che la vendita a basso costo aiuti effettivamente le grandi mar­che, accelerando il ciclo di sen­sibilizzazione al marchio. Dobbiamo concentrarci piut­tosto sul commercio di farma­ci contraffatti - ha continuato Wall - parti di aeromobili non sicure, e altre cose che creano danni reali ai cittadini». D’ac­cordo sul fatto che ci siano al­tri settori sui quali porre atten­zione, ma non si può nemme­no chiudere un occhio su un fenomeno illegale che, secon­do gli ultimi dati Censis, vale in Italia oltre 7 miliardi di eu­ro: una sua eventuale sconfit­ta garantirebbe circa 130mila posti di lavoro aggiuntivi. No­nostante il governo di Londra abbia deciso di non criminaliz­zare i consumatori, il mercato della contraffazione nel Re­gno Unito è stato stimato in un valore di 1,3 miliardi di sterli­ne e fino a tre milioni di consu­matori ogni anno acquistano le merci contraffatte. Difficile dunque andare a spiegare alle grandi marche che dovrebbe­r­o essere felici se vedono qual­cuno camminare con al brac­cio una loro borsa falsa. Im­possibile. Infatti già diverse ca­se di moda hanno fatto sentire la loro voce. «La contraffazione è presa molto seriamente - ha com­mentato un rappresentante di Burberry - . Quando il caso è provato, spingeremo sempre per il massimo della pena». «La vendita di merce contraf­fatta è un reato grave - ha di­chiarato un portavoce di Louis Vuitton - i cui fondi van­no alle organizzazioni crimi­nali a spese di consumatori, aziende e governi». Per la veri­tà anche quest’ultimo aspetto sarebbe smentito dal rappor­to dell’Ue, secondo cui la con­traffazione di marchi di lusso non finanzia né il terrorismo né la criminalità organizzata. Con buona pace delle forze dell’ordine, invitate a non sprecare tempo a cercare di fermare i contrabbandieri. Inoltre, se le conclusioni del rapporto si estendessero ad al­­tri settori, come quello agroali­mentare dove il falso Made in Italy prodotto in Cina genera danni per 100 miliardi di euro, la sostanza aumenterebbe an­cor più di peso. E pensare che proprio l’anno scorso l’Ue aveva creato l’Os­servatorio sulla contraffazio­ne e la pirateria che avrebbe dovuto lottare contro il feno­meno. E ora quale sarà il suo compito? *** 7 miliardi È lo stratosferico valore in euro della “indu­stria” della contraffazione in Italia. Solo nel 2009 la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Dogane hanno requisito 126 milioni di pez­zi contraffatti (soprattutto abbigliamento) 130.000 È il numero di unità di lavoro legali ag­giuntive che si otterrebbero in Italia se l’industria illegale della contraffazione venisse sconfitta e messa in condizione di non “lavorare” 100 miliardi È il danno che il falso made inItaly prodot­to in Cina genera ogni anno al settore agroalimentare italiano. Il danno si river­bera anche negli Stati Uniti,dove il nostro export si vede sottratti 50 miliardi l’anno