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 2010  agosto 30 Lunedì calendario

Addio al posto fisso Anche il Comune licenzia - Il posto pubblico non è più blindato. Fino a ieri si è detto che il mondo dei dipendenti pubblici non rischia nemmeno in tempi di crisi

Addio al posto fisso Anche il Comune licenzia - Il posto pubblico non è più blindato. Fino a ieri si è detto che il mondo dei dipendenti pubblici non rischia nemmeno in tempi di crisi. Ma il Comune di Paularo, nemmeno tremila anime tra le montagne della Carnia friulana, sta scrivendo una storia diversa. Dal primo settembre tre dipendenti comunali, tutti assunti a tempo indeterminato, saranno messi in mobilità. Per due anni riceveranno l’80% dello stipendio, poi il licenziamento. Dopo due rilievi consecutivi della Corte dei Conti, il sindaco Maurizio Vuerli, ex poliziotto e uomo Pdl che guida una lista civica bipartisan, ha deciso di intervenire per abbassare la spesa del personale. «Capisco che non è una bella cosa - riconosce il primo cittadino - ma io amministro e devo pensare anche a questo». E’ stato un combinato di elementi, spiega Vuerli, a far propendere la giunta per il taglio: da una parte la progressiva riduzione dei trasferimenti che in Friuli Venezia Giulia arrivano ai comuni direttamente dalla Regione autonoma, dall’altra l’esternalizzazione di vari servizi tra cui quello dell’acqua, dei cimiteri e della gestione del patrimonio edilizio. Fatti due conti, Vuerli ha scelto di rivedere la dotazione del personale alla luce delle nuove esigenze della (piccola) macchina amministrativa e delle tasse - quelle per l’acqua in primis - che non arrivano più nelle casse comunali. A farne le spese saranno tre lavoratori scelti sulla base di alcuni criteri, dalle esigenze dell’amministrazione, al livello di specializzazione, all’anzianità: due operai di 32 e 52 anni e un’addetta alle pulizie, tutti con una famiglia sulle spalle. La donna si chiama Elisa Termini, ha 34 anni, e due figlie ancora piccole. Il suo compagno fa il muratore, lei da cinque anni lavora in comune, con un part time da 650 euro ottenuto in un ufficio di collocamento. Al ritorno dalle ferie ha trovato affisso in bacheca il suo nome: quell’avviso ha messo fine al suo progetto di vita. «Quando ho visto quel posto di lavoro - racconta - non ci ho pensato due volte, anche se vivevo a 20 chilometri da Paularo». Ma ora, dice, voce ferma nonostante l’angoscia, «ho spostato tutta la mia vita qui». Tra i monti della Carnia, a quasi settecento metri sul mare e pochi passi dal confine austriaco, Elisa ha trovato anche una casa dell’edilizia popolare. «Quando trovi un posto in comune pensi di essere sistemato - continua -, pensavo di passare la mia vecchiaia a Paularo». La decisione del comune ha infranto anche i progetti di Mario, 52 anni, e Giovanni, 32. Il primo aveva trovato un part-time per aiutare il figlio con il mutuo. Il secondo, con la moglie che lavora e una bimba, ha detto addio al sogno di comprare casa. La storia di Paularo non si ferma però in Carnia. Lo sanno bene i sindacati, che parlano di un caso inedito in Italia, e temono si crei un precedente pericoloso per i quasi tre milioni e mezzo di dipendenti pubblici del Paese. La Cgil ha già denunciato le presunte attività antisindacali del Comune e i legali sono pronti con i ricorsi. «Paularo è un comune virtuoso nella spesa per il personale - dice il segretario della Cgil Friuli Venezia Giulia Franco Belci -, stanno nel patto di stabilità, non c’è motivo per licenziare». La replica è del sindaco del comune montano, che ricorda il tentativo di dialogo avviato - e fallito - con le parti sindacali. Ma soprattutto il primo cittadino lotta per invertire il calo demografico e non ci sta a rinunciare ai tanti servizi gratuiti offerti ai cittadini, dai libri di testo per gli studenti allo scuolabus. «I soldi sono pochi, ogni anno c’è un nuovo taglio, e io - sostiene Vuerli - devo far quadrare i conti». Il caso di Paularo ha fatto rumore tra gli amministratori locali di questo pezzo d’Italia: in tanti, raccontano dagli uffici del comune, hanno chiamato per prendere informazioni. «Come abbiamo fatto? Forse - conclude il sindaco - siamo gli unici che conoscono il contratto degli enti locali».