Varie, 30 agosto 2010
FALORNI Manuela
FALORNI Manuela Fucecchio (Firenze) 20 maggio 1959. Pornostar. Nota come “la Venere bianca”, nel 2010 ha pubblicato l’autobiografia E se andssi in paradiso? (Fandango) • «[...] ha iniziato la sua carriera molto tardi, più o meno quando le sue colleghe appendono il frustino al chiodo. Aveva già 33 anni quando ha girato il primo film I fatali orgasmini della Venere bianca. “Orgasmini e orgasmine” era l’ineffabile appellativo col quale Manuela, in una trasmissione televisiva divenuta un cult, “La posta del cuore”, si rivolgeva ai suoi telespettatori che le inviavano lettere chiedendo consigli di argomento, ovviamente, sessuale. Trasmissione che [...] raccoglieva audience da capogiro soprattutto nelle carceri maschili. Uno degli orgasmini in questione, galeotto al tempo della trasmissione, qualche anno più tardi le confesserà di essersi distratto dal suicidio, entrando nel cerchio magico della magnetica intimità sessuale che attraversava lo schermo [...] è ancora una bambina quando, all’ombra delle cabine del bagno Mascotte, a Lido di Camaiore, fa un gesto che cambierà la sua vita: scosta il costume per mostrare il sesso a un amichetto. “Non ricordo come mi saltò in mente quell’idea disperata, e nemmeno come reagì lui. Ricordo solo la sensazione: la mia estasi. Fu allora che sentii il lampo per la prima volta” [...] ancora si spoglia nei locali e gira film. Non per denaro, non per potere e neanche per inseguire il successo. Ma perché ogni volta si produca di nuovo quel miracolo, quel godurioso ed estatico rivelarsi del piacere che la conduce fuori di sé. “Una frustata che parte dai talloni e arriva fino alla testa... Loro la chiamano Esibizionismo, la chiamano Trasgressione, la chiamano Scandalizzare. Io la chiamo estasi”. Quando Manuela, a vent’anni, si trasferisce a Milano per fare la modella, l’estasi è per tutti la cocaina. Ma lei, che coltiva una eccentrica sacralità del suo corpo, odia le droghe. Per sballare, le basta essere ammirata e mangiata con gli occhi come le accade quando sfila, o balla, o quando qualcuno la fotografa. Così, dal momento che “per mantenere viva la libertà bisogna sempre spingerla più avanti”, abbandona Milano e la moda e si rimette a cercare. Va in televisione, conosce un uomo e lo sposa. Quest’uomo è un pugile famoso, Nino la Rocca, “dalle spalle poderose e la pelle giovane lucida e consumata” come certe statue africane d’ebano. Quello che Manuela non sa, ma scoprirà presto, è che quest’uomo è un alcolizzato. Con lui ha un figlio, Antonio. Che le verrà tolto quando la madre, abbagliata da un cieco e violentissimo moralismo, la denuncerà ai servizi sociali perché una porno-star non può allevare un figlio con adeguata cura. Manuela non si arrende, e combatte contro i pregiudizi una battaglia durissima, fatta di psicologi addetti alla sua vivisezione e delicati contatti con un bambino, reso aggressivo da una situazione maldestra. Al termine di un processo doloroso e, questo sì, indecente, il figlio le verrà restituito. [...]» (Elena Stancanelli, “la Repubblica” 20/8/2010).