Aldo Grasso, Corriere della Sera 30/08/2010, 30 agosto 2010
SPOGLIATOI IN DIRETTA TV
Il tema del doppio, negli spot con cui Sky sta lanciando l’alta definizione, racchiude molte verità. Se torniamo a riflettere sugli spot con cui Sky sta lanciando l’alta definizione è solo perché in quei pochi secondi sono racchiuse molte verità, come sempre succede, in letteratura come al cinema, quando il tema del doppio diventa uno strumento di conoscenza. Lo sdoppiamento dei vari Cassano, Cambiasso, Pato, Frey, Vucinic, Pellissier (sono dieci in tutto) è lì a ricordarci che, nello sport, il virtuale ha preso il sopravvento sul reale. Noi crediamo ancora, per una sorta di romanticismo cognitivo, che l’immagine più gradevole (il giocatore in forma, tirato a lucido, smagliante) sia quella reale e che quella più sgradevole (l’atleta in sovrappeso, goffo e stordito) sia frutto di immaginazione, un parto della fiction. E invece vale l’opposto, il make up si manifesta al contrario: il «vero» è l’atleta in Hd. Sabato, con la formula dell’offerta spezzatino, è iniziato il campionato di serie A, spalmato su tre giornate e su orari differenti. La qual cosa scandalizza i puristi e i nostalgici (la cui sede principale si trova nella redazione radiofonica di «Tutto il calcio minuto per minuto»), ma sancisce in maniera definitiva il trionfo dello studio sullo stadio, ovvero della partita vista in tv su quella vista con i propri occhi allo stadio. Scrivo queste note con un certo rammarico: sentimentalmente sono fermo al Filadelfia (ormai un cumulo di macerie), sono cresciuto con i giocatori che indossavano maglie senza sponsor (l’anno in cui il Toro ha sfregiato il granata con la scritta «Talmone» è finito per la prima volta in B) e con la numerazione che andava dall’1 all’11; ho persino nostalgia del libero, del mediano di spinta e del tornante. Ma i tempi cambiano e ora bisogna prendere atto che lo stadio non è più un luogo d’elezione, non rappresenta più una festa. Nella recente partita Inter-Roma alcuni spettatori sono stati storditi da potenti petardi scagliati dai tifosi romanisti e hanno rischiato grosso. Qualche giorno fa, durante la festa della Lega Nord, un nutrito gruppo di tifosi atalantini, con bombe carta e fumogeni, ha scatenato tafferugli e scontri per protestare contro la Tessera del tifoso. Ecco, se per entrare allo stadio ci vuole una tessera, significa che gli ultrà sono padroni degli spalti. Perché andarci? Perché rischiare la propria incolumità? Perché legittimare gli ultrà? Del resto, da quando le squadre sono diventate padrone dei diritti tv, inevitabilmente i miglioramenti sono avvenuti solo in campo televisivo (riprese aeree, lo spogliatoio, le interviste a fine primo tempo, eccetera), come se il vecchio stadio fosse solo una location, neanche delle migliori. In tv si vede meglio (come dimostra il gol-non gol di Cavani a Firenze), non c’è dubbio, anche se vedere la partita da soli è molto triste. Questo significa che a breve ci saranno nuovi modi di ritrovarsi e di tifare, radicali cambiamenti di abitudini e di ritualità; in una parola, ci troviamo al centro di una metamorfosi sociale. Ieri la tv ha offerto automobilismo con il Gp del Belgio (la pioggia lo ha reso quasi un videogame), ciclismo con la Vuelta di Spagna, moto con il Gp di Indianapolis, l’anticipo delle 18 con Bari-Juventus, sei partite alle 20.45 e poi pallanuoto, tennis, basket, golf, atletica e altro ancora. Oggi c’è Bologna-Inter. Il tanto temuto «spezzatino» sta solo a significare che lo sport è diventato palinsesto, lo strumento attraverso cui la tv «mette in ordine» la realtà. Del resto, «gli italiani lo sanno che esistono due Cassano...».
Aldo Grasso