Angelo Busani Emanuele Lucchini Guastalla, Sole 24 Ore 30/8/2010, 30 agosto 2010
PASSAPORTO EUROPEO PER IDENTIFICARE L’EREDE GLOBETROTTER
Se muore un polacco, che viveva a Parigi con la moglie finlandese, sposata a Las Vegas, e lascia un figlio in Portogallo e un figlio in Argentina, e l’eredità comprende beni immobili in Austria e denaro in una banca messicana, questa successione, magari regolata da un testamento lasciato a un notaio italiano, rischia (se oggetto di controversie tra gli eredi) di essere portata davanti a una pluralità di giudici di vari Paesi, con la possibilità quindi di sentenze contrastanti.
L’imminente regolamento Ue sulle successioni internazionali intende risolvere, almeno a livello comunitario, il problema di capire chi sia l’erede e quale sia la legge applicabile alla successione (si veda l’articolo a fianco).
Il fenomeno è assai rilevante. Sono infatti quasi 9 milioni i cittadini europei che abitano all’estero; nella Ue ci sono due milioni e mezzo di proprietà appartenenti a persone che risiedono in paesi diversi da quello dove si trovano i loro beni; ogni anno si aprono in Europa più di 400mila successioni "internazionali", per un valore superiore a 100 miliardi di euro.
Uno dei problemi principali nel conflitto tra ordinamenti è ad esempio quello della quota di legittima spettante agli stretti congiunti, che alcuni paesi come l’Italia tutelano al massimo grado e che altrove, come accade negli ordinamenti di stampo anglosassone, ha una tutela assai affievolita.
Quest’ultima situazione normativa consente ai paperoni americani di poter soddisfare la loro diffusa passione per le iniziative benefiche: va tra l’altro ricordato che questi gesti generosi, da sempre frutto di iniziative individuali, sono stati di recente "coordinati" da Bill Gates e Warren Buffet (www.thegivingpledge.org) con l’intento di sollecitare al dono i loro colleghi bilionari.
Ma anche in Europa non si sta a guardare: lo svedese Ingvar Kamprad, fondatore di Ikea, ha da tempo "diseredato" i suoi figli, tutti attivi in azienda, creando una fondazione in Olanda e dotandola di tutti i sui beni, per essere libero di nominare capo azienda l’erede più capace.
Attualmente, nella legge italiana che disciplina i possibili "conflitti" tra le leggi potenzialmente applicabili in una situazione che presenta elementi di internazionalità (articoli 46 e seguenti della legge 218/1995) è prescritto che la successione a causa di morte è disciplinata dalla legge nazionale del defunto. Quindi, se un italiano muore all’estero, la legge applicabile è quella italiana mentre se un cittadino straniero muore in Italia la legge applicabile è quella dello Stato di cui egli era cittadino.
Ma non è tutto così facile. Prima di tutto perché i giudici dei due paesi potrebbero entrambi ritenersi competenti a giudicare la questione e assumere decisioni contrastanti (si ricorda il caso dell’eredità di Pavarotti che, se non transatta, avrebbe sicuramente comportato un conflitto tra i giudici italiani e quelli statunitensi, per gli immobili che il famoso tenore aveva a New York). Ma anche perché questo rinvio alla legge straniera non è sempre facile da gestire.
Se ad esempio muore un inglese con immobili in Italia, la legge italiana ritiene applicabile la legge inglese, ma la legge inglese rimpalla la questione ( il cosiddetto «rinvio indietro»: articolo 13 della legge n. 218) perché dà valore al luogo in cui il bene è situato: il giudice italiano dovrebbe dunque in tal caso applicare la legge italiana.
Più complicato è invece il caso che capita quando l’ordinamento cui la legge italiana rinvia la questione, invece di consentire al rinvio («rinvio accettato ») o di rimandare la questione in Italia («rinvio indietro»), designa applicabile un altro ordinamento ancora («rinvio oltre »). In questo caso, per la legge italiana, i casi sono due: o quest’ultimo ordinamento "accetta" il rinvio oppure, in caso contrario, questo rimpallo, che altrimenti rischia di essere infinito, si deve fermare: il giudice italiano dovrebbe applicare in questa ipotesi la legge dello Stato al quale la legge italiana ha operato il primo rinvio. Però, come è intuibile, le complicazioni di questa materia sono tali che tra gli addetti ai lavori e gli studiosi non vi è concordanza di vedute su come sgarbugliare questa intricata questione.