ENRICO TIDONA, la Repubblica 30/8/2010, 30 agosto 2010
LA GRANDE FUGA DELLA PEPSI PRIMA INVESTE E POI CHIUDE - TREVISO
Solo un anno fa era lo stabilimento modello che riceveva prestigiosi riconoscimenti internazionali. Qualità, standard produttivi, parametri di efficienza. Quegli Award "sbandierati" nell´atrio della Pepsi-Gatorade di Silea erano il fiore all´occhiello. Una sorta di scudo-anticrisi, anche nel tanto decantato nord-est: adesso sono un ricordo, in quell´ultimo avamposto rimasto della cittadella industriale della Chiari & Forti, culla dell´olio Cuore e dell´alimentare italiano ai tempi di Giulio Malgara, poi diventato re dell´Auditel.
Peggio, una beffa. L´azienda ha solo quattro mesi di vita. La Pepsico Beverages Italia, costola italiana del colosso newyorchese, taglia Silea. «Si chiude il 31 dicembre». A spasso 150 fra operai e impiegati: 80 fissi, 35 stagionali, 30 legati all´indotto. Il recente investimento sulle linee del Tè Lipton - 1,2 milioni - è servito a far lievitare la produzione fino a quota 75 milioni di litri. Insufficienti, secondo la proprietà. «I numeri reggono solo con la saturazione dell´impianto, a quota 130 milioni di litri, ma servirebbero nuovi investimenti».
Non è stato un annuncio choc: i sindacati l´avevano capito quando l´estate non aveva portato le consuete comunicazioni sugli investimenti 2011 e 2012. Lo stato di agitazione era stato proclamato prima di Ferragosto, e già il 20 gli operai distribuivano bottigliette di Gatorade agli automobilisti in coda sulle strade del mare.
La Pepsico Beverages doveva ancora uscire allo scoperto. Il piano, reso noto pochi giorni dopo, prevede di esternalizzare la produzione di Gatorade e Lipton. Dove? Primo candidato, perché a pochi chilometri, la San Benedetto di Scorzè (Venezia), di proprietà dei trevigiani Zoppas. «No comment», la reazione dei diretti interessati. Come dire fuochino.
Oggi non è un lunedì qualsiasi, in riva al Sile e in una Treviso sempre più colpita dalla crisi. Gli operai dello stabilimento di Cendon di Silea riprendo gli scioperi, nel pomeriggio in prefettura il ministro Maurizio Sacconi incontra le parti, separatamente. Prima i sindacati, poi l´azienda. Il ministro gioca in casa nella sua Marca, ma è consapevole che il fattore campo conta poco. «Non è un caso semplice», ha detto alla vigilia. Il suo braccio destro Maurizio Castro, onorevole e segretario provinciale del Pdl, e un tempo supermanager Zanussi, lancia proclami e accusa l´azienda: «Dirigenza pasticciona, non se la caverà con la chiusura». Toni inusitati a queste latitudini. Come i calci alle auto dei manager, nell´unica circostanza in cui gli operai si sono incrociati con i vertici dell´azienda. Scena impensabili, nella moderatissima Marca che non ha mai fatto i conti con la lotta di classe.
La tensione è altissima. Stasera è convocato anche un consiglio comunale straordinario. E se Silea trema, il territorio piange. A giorni ricomincia a Roma la trattativa per salvare l´Indesit di Refrontolo del gruppo Merloni (altri 100 posti di lavoro cancellati). Ma casse integrazioni, mobilità, licenziamenti sono ormai stillicidio quotidiano, in quelle aziende che un tempo erano la spina dorsale del mito del Nordest e del piccolo è bello. In tribunale c´è la fila delle richieste di concordato preventivo, anche in settori ritenuti intoccabili fino dalle costruzioni al metalmeccanico. E pochi giorni fa, la Cgil ha stroncato ogni illusione sulla possibilità di reinserimento e riconversione nel mercato del lavoro: 5mila dei 7mila usciti dalle imprese trevigiane negli ultimi 18 mesi non hanno trovato uno straccio di "piano B", e navigano a vista.