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 2010  agosto 28 Sabato calendario

IL BABY COLANINNO BUONO NON È QUELLO DEL PD

Roberto Colaninno ha aperto le pratiche per la successione. A sessantasette anni appena compiuti (16 agosto) ha deciso che è arrivato il momento di mettere alla prova gli eredi. La scelta è caduta sul figlio più piccolo, Michele, 36 anni che si appresta ad assumere la guida delle attività di famiglia. Il più grande, Matteo, 40 anni, ha preferito la politica. Nel 2008 è stato eletto deputato nel Pd e, al momento, il suo percorso si sta allontanando dall’impresa. Se un giorno decidesse di tornare indietro potrebbe trovare le posizioni già occupate dal fratello.
Michele da ieri è diventato amministratore delegato di Immsi di cui era già direttore generale. Papà Roberto tiene la presidenza e molte deleghe. Tuttavia ha cominciato a fare spazio al figlio. Immsi è la finanziaria quotata in Borsa da cui dipende l’impero di famiglia: le moto della Piaggio, le navi di Rodriquez l’insediamento turistico di Is Molas in Sardegna. Ha chiuso il primo semestre con risultati molto
positivi. Itile in aumento del 140% a 10,4 milioni. Fatturato stabile. Debiti in calo. Nel blocco non c’è Alitalia che fa capo a Omniaholding, la cassaforte interamente controllata da Roberto, dalla moglie Oretta Schiavetti e dai due figli. Comunque anche lì Michele è in posizione di primo piano essendo amministratore delegato.
La decisione di Colaninno senior indica con chiarezza la scelta a favore del figlio minore. Una decisione già nell’aria ma che gli eventi hanno reso urgente. All’inizio di agosto, infatti, è scomparso, ad appena sessant’anni, Luciano La Noce, storico collaboratore di Roberto fin dai tempi dell’avventurosa presenza in Olivetti. Colaninno se l’era portato in Immsi. L’improvviso decesso ha spalancato le porte a Michele.
Matteo, invece, sta da un’altra parte. Nel 2008 ha accettato l’offerta di Walter Veltroni candidandosi alla Camera per il Pd. Per andare a Montecitorio ha lasciato tutte le cariche: sia in Confindustria dov’era presidente dei Giovani sia all’interno del gruppo di famiglia. E’ ancora vice presidente di Piaggio, ma senza deleghe operative. Una medaglia per il fatto di chiamarsi Colaninno ed essere uno dei proprietari. Fra l’altro non era stato l’unico imprenditore a cedere alle sirene dell’ex capo del Pd. Nelle rete era finito anche Massimo Calearo, allora presidente di Federmeccanica. Dovevano essere la faccia moderna della sinistra. La dimostrazione vivente che si può coniugare la tradizione operaista del vecchio Pci con una visione moderna e globalizzata dell’impresa. Più o meno le cose che oggi fa e dice Sergio Marchionne. Solo che il capo della Fiat si muove rigorosamente nell’ambito dell’impresa. Matteo Colaninno e Massimo Calearo pensavano di agire sulla sponda della politica. La stessa illusione che trent’anni fa aveva animato Umberto Agnelli. Forse avrebbero dovuto studiare meglio quella lontana esperienza. Invece hanno risposto a Veltroni. I risultati elettorali non sono stati favorevoli e ora sono due semplici deputati. Con qualche visibilità in più visto il nome che portano. Ma nient’altro.
Michele Colaninno è rimasto a Mantova con papà. Si è sposato nel 2007 con Anna Di Salvo. Nei tempi e con i modi dovuti prenderà il posto di Roberto. Non subito, ovviamente, perchè il vecchio non ha nessuna intenzione di mollare. Ma anche lui, prima o poi, dovrà fare i conti con l’anagrafe.