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 2010  agosto 30 Lunedì calendario

ROMA - Per almeno la metà delle 536 ragazze selezionate dall’agenzia hostessweb, l’incontro-dibattito a sfondo religioso programmato con il leader libico Muammar Gheddafi si è trasformato in ore di attesa

ROMA - Per almeno la metà delle 536 ragazze selezionate dall’agenzia hostessweb, l’incontro-dibattito a sfondo religioso programmato con il leader libico Muammar Gheddafi si è trasformato in ore di attesa. Giunte in pullman al civico 8 di via Cortina D’Ampezzo intorno alle 12.30, le ragazze hanno prima affrontato le lungaggini dei controlli della sicurezza. Sotto il sole delle prime ore del pomeriggio, disposte in una lunga fila nell’area interna dell’accademia culturale libica, hanno dovuto mostrare disciplina e obbedienza alle guardie libiche addette ai controlli, per ottenere il lasciapassare. E non tutte ce l’hanno fatta. Dopo il «sì» del body scanner e l’abbandono fuori della porta dell’accademia dei portafogli, dei cellulari e finanche delle sigarette, alcune sono state rispedite al mittente, mentre circa 500 sono entrate. Solo duecento di loro, però, sono rimaste all’interno ad attendere la lezione di Corano. La sala riunioni, troppo piccola, ha suggerito infatti agli organizzatori di dividere l’incontro in due tranche. Non prima di aver ammonito tutte però, di evitare la stampa assiepata fuori, e di non raccontare i dettagli degli accordi economici con l’agenzia intermediaria, pena l’esclusione dalle liste di hostessweb, e la rinuncia alla paga. Ma oltre all’ammonimento, anche una promessa: «Per chi si mostrerà interessata al Corano, questa è l’occasione di farsi avanti – ha spiegato Alessandro – ci saranno infatti nuovi incontri e nuove opportunità di guadagno. Le ragazze che durante l’incontro si mostreranno interessate, saranno infatti invitate in Libia, ad approfondire i vari aspetti della cultura libica. Per esempio, a settembre, ci sarà un evento per la festa nazionale, a cui si potrà partecipare». E con nuove prospettive di guadagno in arrivo, la metà delle aspiranti hostess, accampate nell’atrio dell’accademia, sedute per terra e sui muretti, hanno affrontato altre ore di attesa sotto il sole, per assicurarsi intanto gli 80 euro di rimborso promessi (64 per chi fosse stata segnalata da un’amica e non fosse direttamente iscritta nelle liste dell’agenzia intermediaria). Ore spese parlando a bassa voce, senza disturbare o fare troppe domande, per non infastidire le guardie, per fare amicizia, e per capire cosa avesse spinto tante ragazze, così diverse, a condividere il pomeriggio nell’atrio libico, per terra, sotto il sole. C’è Sabrina, 22 anni, pugliese, iscritta a Farmacia alla sapienza di Roma, bellissima, bionda, occhi azzurri: «Cosa c’entra farmacia con tutto questo? in fondo sono curiosa…». C’è Monica, laureata in scienza della formazione, senza lavoro, ma pronta a proseguire la specializzazione: spera in un lavoro precario, «non si sa mai». E poi Pamela, 22 anni, mora, occhi da cerbiatto e gambe da gazzella, ammirate dalle altre nei pantacollant neri da 13 euro, che su di lei fanno però una gran figura. Vive in uno dei grattaceli della zona «che ho sentito che vogliono abbattere, per metterci tutti nei container», spiega alle amiche. Non ha nessuna fiducia nel futuro in Italia, e si chiede se sia il caso di andare all’estero a trovare fortuna. Ha solo un diploma al turistico, e forse, se nulla cambia, si segnerà all’università a lingue, a settembre. Sedute da una parte due polacche parlano tra loro. Ma il loro desino è simile: Marta, licenziata di fresco da un ristoratore romano che le dava 30 euro al giorno in nero, ha un bambino di tre anni, è separata, e aspetta i soldi «per mettere insieme l’affitto del mese nella casa di Ponte Galeria», spiega. Finalmente si apre la porta e le prime duecento escono con il Corano sotto il braccio. È arrivata l’ora del dibattito. Ma, appena sedute nella sala, è subito chiaro a tutte che è meglio non fare domande scomode. D’altra parte gli organizzatori hanno avvertito: quelle a sfondo giornalistico-politico, verranno censurate. Gheddafi parla con tono sommesso, ma sicuro. Spiega a tutte che l’unica via di salvezza è il Corano. Ripete più volte: «L’ultimo profeta è Maometto. C’era scritto anche sul Vangelo, ma poi è stato modificato. Ora dunque l’unica sacra scrittura valida rimane il Corano, perché è l’unica che è arrivata a noi autentica». E prosegue: «Anche Gesù sapeva perfettamente che il nuovo profeta sarebbe stato Maometto. Hamed, per l’esattezza, che nella nostra lingua si traduce in Mohammed». E la religione islamica è l’unica e universale, alla quale bisogna convertirsi prima del giorno del giudizio: «Chi non sarà convertito entro quel giorno – ammonisce – sarà perdente». Una ragazza chiede: «Ma allora la nostra religione è sbagliata?». «No – risponde Gheddafi-. Solo che ogni religione, anche quella cristiana cattolica, ha avuto il suo periodo. Perché il messia Gesù era quello che precedeva l’ultimo, Maometto. Ora la religione musulmana le deve rimpiazzare tutte». Arrivano anche domande sulla lapidazione delle donne peccatrici e sulla condizione delle donne in Libia, ma su queste il Leader glissa e la sicurezza mette a tacere le coraggiose. Intanto è pronto per tutte, alla fine del dibattito, un invito a unirsi in matrimonio con gli uomini libici e rinsaldare così il legame Italia-Libia. «In passato questo due Paesi si sono fatti la guerra - ha spiegato Gheddafi -. Ma ora i rapporti promettenti di diplomazia tra me e il capo di Stato italiano Berlusconi consentono di mischiare le due etnie, e di procedere verso l’unità. Ma non prima, spiega che voi abbiate letto il Corano, senza preconcetti e con l’apertura mentale necessaria alla conversione». Infatti, prima di lasciare l’accademia culturale libica, già tre ragazze, entrate senza velo, lo indossano, uscendo, fiduciose nelle promesse di felicità, prosperità e, perché no, di ricchezza che un Paese diverso dall’Italia potrà assicurare loro.