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 2010  agosto 28 Sabato calendario

Il ruggito in sala operatoria - Proprio come un bambino, è arrivato davanti ai medici spaventato, sospettoso, recalcitrante

Il ruggito in sala operatoria - Proprio come un bambino, è arrivato davanti ai medici spaventato, sospettoso, recalcitrante. Ma invece di frigni e capricci ha lanciato un paio di ruggiti che hanno fatto tremare i condomini attorno al «Città di Palermo», l’unico ospedale veterinario della Sicilia, nella zona nuova della città. Difficile vedere un cucciolo malato dietro quei cento chili di peso, quella bocca spalancata da Metro Goldwyn Mayer, quelle zampe pronte a scattare. Eppure Masai, un anno e una malformazione congenita all’anca che gli impediva di usare la zampa sinistra, altro non è: un leone-pischello zoppo e dolorante, lontano dalle esibizioni e dai cerchi di fuoco dei suoi compagni d’avventura al «Circo Orfei, Mamma mia», spesso accucciato e solo. E, soprattutto, destinato a stare sempre peggio. Il suo medico, Marco Di Giuseppe, componente della Società italiana veterinaria per animali esotici e di innumerevoli organizzazioni scientifiche americane, lo segue da quando aveva tre mesi. E aveva lanciato a più riprese, nel grande mare dei forum online, un appello ai colleghi per trovare una via di guarigione. Ma, dalla Florida alla California, la risposta era più o meno questa: «Abbattilo, che altro vuoi fare?». Neanche a parlarne per il proprietario di Masai, l’artista circense Roberto Caroli, che a quelle bestiole - se ne porta appresso una quindicina, fra tigri e leoni - è legato come a una truppa di figli. Così ecco l’azzardo di un intervento chirurgico che è di routine tra cani e gatti ma che - dice Di Giuseppe - «per quanto mi risulti non è mai stato realizzato su un leone, né in Italia né all’estero». La displasia all’anca, per capirsi, significa che la coppetta che accoglie la testa del femore (l’acetabolo, per gli specialisti) è talmente appiattita e deformata da non riuscire più a tenere l’osso, che era lussato, fuori dalla sua sede naturale. Cartilagine a zero, artrosi peggio di un vecchietto, femore deformato che picchiava sull’anca, dolori atroci. Esclusa la possibilità di una protesi («Neanche la più lunga, la misura 32 per cani, aveva la minima possibilità di essere giusta per la sua mole», spiega il chirurgo Giuseppe Cannizzaro), si è scelto allora di tagliargli la testa del femore, contando sul fatto che i tessuti, così traumatizzati, producano una pseudo-artrosi, cioè un tessuto fibroso che, insieme con la muscolatura, regga la zampa e sostenga un peso che, nel giro di qualche anno, arriverà anche a 250 chili. Un’impresa per salvargli la vita. Cominciata con un viaggio della speranza dalla Sicilia orientale, dove il circo si esibisce in questi mesi, fino all’ospedale di Palermo. Proseguita con una sedazione a bordo del carro, con il leone a ruggire, trascinandosi dietro la gamba zoppa. Poi il trasporto del corpulento paziente davanti all’apparecchio radiografico, diventato lillipuziano, per la conferma della diagnosi. Infine l’ingresso in sala operatoria, dove a Masai non è bastato il lettino standard: c’è voluto un tavolo per appoggiargli la testa e una zampa. Prima la depilazione e la disinfezione della zampa, poi l’intervento: Giuseppe Cannizzaro con il bisturi in mano, a fianco l’anestesista Maurizio Nocerino, in sala anche Di Giuseppe, una ferrista, due assistenti. Alla zampa sinistra l’apparecchio per rilevare la pressione, sul petto le pinze collegate all’elettrocardiogramma, una sonda sulla lingua per rilevare il livello di saturazione dell’ossigeno nel sangue, i tubi dell’anestesia nella gola con il rilevatore dell’anidride carbonica dell’aria espirata. Eccolo qua, umanizzato e fragile, il piccolo gigante. Con il suo proprietario a palpitare dietro la porta della sala operatoria. Intervento tecnicamente riuscito, due ore in tutto. Ma la scommessa è sul futuro. Non soltanto per la gestione della convalescenza («Difficile - aggiunge lo specialista - convincere un leone a non leccarsi una ferita, a non strapparsi i punti, impossibile mettergli il collare elisabettiano in uso per cani e gatti»), ma soprattutto per la tenuta della zampa. Che andrà riguardata. Ad aspettare Masai, nella migliore ipotesi, non c’è una vita da star ma una dignitosa esistenza protetta, anche perché la malformazione riguarda pure l’altra zampa, per ora in condizioni migliori della sinistra. «È assolutamente sconsigliabile che salti, faccia numeri ed esibizioni che possano sollecitargli l’anca - dice Cannizzaro - ma se tutto andrà bene potrà fare numero, presentarsi in pista, avere il suo posto sulla scena». Il primo giorno di convalescenza è andato bene: niente dolore, niente febbre. Solo un problema: ha paura delle punture. Come tutti i cuccioli.