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 2010  agosto 28 Sabato calendario

“Marsigliesi” addio ora il boss vive in banlieue - Gli onesti si affliggono, ma anche quelli con propensioni meno rigide verso il codice penale cominciano a porsi delle domande

“Marsigliesi” addio ora il boss vive in banlieue - Gli onesti si affliggono, ma anche quelli con propensioni meno rigide verso il codice penale cominciano a porsi delle domande. Perché un’estate così, sulla Canebière che avvampa di bianco sotto il sole, non la rimemorano addirittura dagli Anni 30, quando facevano a botte il «tour» dei còrsi di René Tozza detto Patatrac, la famiglia calabro-sicula di Salvatore Lucidi detto «l’italien» e del suo luogotenente «jambe mince», lo zoppo, al secolo don Raffaele Spirito; e, terzo incomodo, la «fraternidad» dei rasposi catalani di Salvador Bonavella detto «doigt coupé», manomozza. Nevica fuoco in questo agosto rovente a Marsiglia, come sulle città maledette della Bibbia; quelli che ricordano quel periodo d’inferno, si tengono quatti nei bistrot del Quai des Belges in perenne promessa olfattiva di una bouillabaisse. Sono rimasti pochi e tutti già senili e sulla via di azzuffarsi con il Nulla. Ma se li solleciti, ti distillano «tueries», i massacri di allora, una quarantina di morti, le bande dissanguate. La pace la firmarono in un vertice con la mediazione del «grand poulet», ovvero il Préfet de police in persona. Altri tempi. Quella Marsiglia, urbanistica, umana e delinquenziale, il milieu romantico che si inteneriva alle canzoni di Edith Piaf ma seminava revolverate, non l’hanno demolita i sindaci della République. Semmai i tedeschi, sì, gli occupanti stufi delle fastidiose punzecchiature del «maquis noir», la Resistenza banditesca fondata, manco a dirlo, da Tinò Guerini, boss della chiorma còrsa. A Marsiglia signori, anche i partigiani avevano la fedina penale non limpidissima. Rispetto all’oggi anche quel tempo sembra bonaccia. Quest’anno in poche settimane siamo già a dodici «secs», defunti, stesi lì, come un tappeto; innumerevoli i superstiti più o meno lesionati, irrorati copiosamente di munizioni da guerra. La Rousse, le ambulanze e il pronto soccorso, devono cancellare i turni di riposo. I vecchietti, quelli più informati dell’ufficio stampa della polizia, levano gli occhi dal bicchiere di «jus de chique» e te li ficcano addosso: «Qui è un pandemonio e i pinguins, gli agenti, stanno a guardare. Marsiglia alla fine, quando sarà conclusa la conta dei morti, non sarà più la stessa. I soldi stanno passando di tasca». E sembrano perfino contenti che qualcosa si muova, in questa città in decadenza, che vive ormai di burocrazia e pubblica amministrazione. E bustarelle. E già, siamo a un gomito nella storia di questi coscienziosi fornitori di obitori e cimiteri: il vecchio milieu corso, quello con il Borsalino in testa e il Montecristo in bocca, qui da sempre padrone di casa, sta mollando, azzannato alla gola. E pensare che negli Anni 70 dominava il mercato mondiale della droga, e assumeva solo chimici laureati e pagava giudici e banchieri. Le macchine mangiasoldi, il racket e le «poules», le puttane, gli servivano per gli spiccioli. Era gente in perenne attesa di giudizio, la rubrica condanne limpida come il cielo di Marsiglia quando soffia il Mistral. I nemici che hanno dato loro lo sfratto non hanno, ancora, la stessa letteratura: sono senza nome, giovanotti che vivono nelle banlieues dove i padrini corsi non mettevano elegantemente piede. Posti dai nomi bucolici: Bel air, les Micocouliers, le Blues. Ma meglio tenersi alla larga. Vanno di moda personaggi come Farid Berhama, un caïd soprannominato il rosticciere, perché agli avversari molesti riservava la tecnica detta del barbecue, bruciati in un’automobile. Prematuramente defunto anche lui, ma di normale raffica di mitra. E già; i nuovi marsigliesi sono passati dalla baiaffe, il revolver, sistemata nella cinta dei pantaloni, a nuove inclinazioni funeste, ovvero il kalashnikov. E ci sanno fare con il «moulin à café» per far desolati i boulevard e grama la vita dei rivali. Sono sgarbatissimi. Non esitano ad assaltare i carichi di droga dei corsi che risalgono dalla Spagna. Un mediatore che aveva cercato di soffiar loro un carico di cannabis sono andati a Barcellona, a prenderlo: lo hanno torturato per un po’, fino a quando la famiglia non ha pagato 300 mila euro per averlo indietro, guasto e irriconoscibile. Quelli con il Borsalino in testa non sono stati a guardare, certo. Sami Kermadi, che aveva 25 anni, potrebbe testimoniare, se non ne avessero stroncato le ambizioni nella hall di un brutto condominio dei quartieri Nord. E pensare che il giubbotto antiproiettile lo indossava anche sopra il pigiama. Brutta faccenda. Ma il bottino è enorme, Marsiglia è un supermercato della droga. Un magistrato alza gli occhi al cielo e confessa: «Al racket e all’estorsione questi si rassegneranno quando diventeranno rispettabili». La legge spietata di questi «sans papiers» del crimine è più puntuale per ora di quella della République. Per rinnovare in tribunale contro di loro i fasti dell’associazione a delinquere che è un po’ l’honoris causa dei pubblici ministeri ci vorrà tempo. E molti morti ammazzati.