Stefano Santachiara, il Fatto Quotidiano 28/8/2010, 28 agosto 2010
NON SOLO MELFI: LA MASERATI PAGA UN OPERAIO PER NON LAVORARE
Non è la prima volta che Fiat lascia fuori dalla fabbrica operai reintegrati dal giudice del lavoro. C’è un precedente che riguarda uno dei fiori all’ occhiello del gruppo: lo stabilimento modenese di Maserati.
IL DELEGATO della Fiom Eugenio Scognamiglio era stato licenziato nel dicembre 2008 dopo uno sciopero contro il mancato rinnovo di 112 precari. In aprile ha ottenuto il reintegro in via cautelare. Il caso è leggermente diverso da quello di Melfi: non si tratta di una sentenza di reintegro, ma di un provvedimento d’urgenza richiesto per due volte dall’operaio che è senza retribuzione da 15 mesi ed è arrivato a protestare anche facendo uno sciopero della fame. Una scelta che gli ha anche provocato un malore che lo ha fatto finire in ospedale . “Non emerge una verosimile esistenza del presupposto causale estinti-vo”, scrive il giudice del lavoro di Modena in sede di composizione collegiale (secondo grado), disponendo il reintegro “nelle mansioni pregresse ovvero in equivalenti” in attesa della prima udienza della causa di merito prevista per novembre. E qui si nota l’analogia più forte con il caso Melfi: l’operaio torna a ricevere lo stipendio ma non gli viene permesso di lavorare. E proprio questo è il punto critico, come ha ricordato il capo dello Stato Giorgio Napolitano. “Comprendo molto bene - ha scritto il Colle ai tre dipendenti licenziati e reintegrati di Melfi - come consideriate lesivo della vostra dignità percepire la retribuzione senza lavorare”.
Maserati, dunque, versa lo stipendio a Scognamiglio ma non gli permette di tornare nel reparto meccanica dove per sei anni ha curato l’assemblaggio dei motori Ferrari e neppure lo ricolloca in un altro dei reparti presenti nello stabilimento di via Ciro Menotti. A questo si aggiunge il timore dell’ipotesi di trasferimento di parte della produzione Maserati a Torino, dopo che il Lingotto ha rilevato la carrozzeria Bertone salvandola dal fallimento. Per Giuseppe Violante, della Fiom di Modena, “si è trattato del primo atto di forza in una nuova logica padronale che cerca lo scontro sociale per imporre le decisioni”.
UN’ALTRA similitudine con il caso Melfi riguarda le motivazioni addotte dall’azienda. L’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, ha dichiarato di non voler reintegrare i tre operai licenziati a Melfi perché si erano resi responsabili di atti di “sabotaggio” durante uno sciopero. La Maserati, invece, parla di ragioni di sicurezza: a Scognamiglio sono stati contestati un’aggressione a un vigilante e un tentativo di forzare la porta del responsabile del personale durante uno sciopero. “Non ho fatto nulla del genere e lo confermano venti testimoni – risponde alle accuse l’operaio – oggi sto cercando di uscire da un incubo, è avvilente percepire somme senza lavorare. Sono in contatto costante con i compagni lucani, lieto che finalmente Napolitano e la Chiesa siano intervenuti per difendere i loro diritti”. Anche Scognamiglio, proprio come la Fiom a Melfi, ha denunciato penalmente il legale rappresentante di Maserati per violazione del provvedimento del giudice: “Abbiamo anche intentato una causa per danni patrimoniali e non – spiega l’ avvocato Ernesto Giliani – la mancata esecuzione costituisce illecito civile per inadempimento contrattuale e lesione di diritti assoluti alla dignità sul lavoro sanciti nella Costituzione e nella Carta europea. Ora ci aspettiamo che Maserati desista dal suo atteggiamento”.