Mario Platero, Il Sole 24 Ore 28/8/2010, 28 agosto 2010
GLI INCENTIVI PUBBLICI SI ESAURISCONO E IL LAVORO RISTAGNA
Ieri l’attesa era per Ben Bernanke. Il mercato aveva gli occhi puntati su Jackson Hole, dove si tiene il convegno organizzato dalla Fed di Kansas City. Poco importa che il governatore avesse già fatto nelle settimane e mesi scorsi tutto quel che poteva in materia di cambi o in promesse di interventi per sostenere i bond. Il nuovo rumor anticipava un’azione congiunta su dollaro e yen con la Banca centrale giapponese. Illusorio. Il governatore ha solo preso atto che il quadro resta difficile e ha riaffermato che «siamo pronti a intervenire ». Ma gli investitori si aggrappano a quello che possono. Giovedì è bastato un piccolo miglioramento delle richieste settimanali di sussidi alla disoccupazione per dare qualche sussulto di ottimismo. In effetti l’occupazione resta centrale. E Bernanke lo ha confermato: la missione della Fed è tutta sul rilancio del lavoro. Ma il percorso di fondo che caratterizza l’economia americana a medio termine non cambia. Davanti a noi resta un periodo di volatilità, con un timore di fondo: le turbolenze dei giorni scorsi a Wall Street dopo i brutti dati di martedì sull’immobiliare sono le prove generali in vista di altre due scadenze ben più importanti. Quella del pacchetto di incentivi per l’economia da 787 miliardi di dollari alla fine di settembre e dei tagli di tasse di Bush con la fine dell’anno.
Per gli incentivi, l’ultima dose di steroidi da 100 miliardi al trimestre sarà erogata fra un mese, poi basta.Il guaio è che già oggi l’economia non va bene. Si è visto con la correzione del Pil per il secondo trimestre a un preoccupante 1,6%. Su questi livelli è impossibile produrre occupazione, nonostante le massicce dosi di interventi pubblici. Che succederà senza stimoli? Double dip? Nuova caduta dei mercati? I liberisti estremi scrollano le spalle e cantano l’alleluja. Le iniezioni di spesa pubblica sono servite a poco, dicono. Anzi, sono state controproducenti, perché in parte sono servite a pagare stipendi di insegnati e pompieri, senza rimettere in moto l’economia. Ora si libereranno risorse in altro modo. Ma non spiegano come: con l’economia in stallo i problemi del rimborso del debito e del disavanzo pubblico al 10% restano.
Per recuperare la Casa Bianca vorrebbe mandare in scadenza i tagli fiscali di Bush. Martin Feldstein chiede una proroga di due anni:se la scadenza di un’agevolazione di 8mila dollari sull’acquisto di case ha prodotto una crollo del 25,5% delle transazioni immobiliari in luglio, cosa succederà con la fine del pacchetto di incentivi e dei tagli fiscali?
Dopo il dato sul Pil di ieri, il problema è che se anche se si resterà in territorio positivo, su questi livelli non si produce l’occupazione di cui ha bisogno il paese per rimettersi in sesto e il settore immobiliare per stabilizzarsi. Il rompicapo con cui ci si è confrontati a Jackson Hole è dunque difficile. Prendiamo l’immobiliare:le banche sono pronte a finanziare e non chiedono anticipi esorbitanti, i prezzi sono caduti un po’ dappertutto tra il 20 e il 35% o anche il 40% in alcune regioni, i tassi sui mutui sono su livelli talmente bassi che non si ricordano a memoria d’uomo. Eppure con la scadenza delle agevolazioni fiscali, il mercato è fermo. Non c’è da stupirsi se in queste condizioni la Borsa cade, la volatilità resta – e resterà –elevata.L’incertezza non riguarda piu’ la scelta fra decisioni, ma l’ipotesi stessa che vi siano delle scelte possibili se non cedere, contrariamente a quanto ha promesso ieri Bernanke, alla deflazione. E questo spaventa. Se non ci fosse un’altra scadenza nel mirino degli investitori. A novembre, quando si terranno le elezioni di metà mandato. Se vinceranno, come ci si aspetta, i repubblicani, per la Casa Bianca ci sarà l’alibi per non cancellare (subito) i tagli fiscali di Bush. Allora forse vedremo un rally anche forte in Borsa. Ma cambierà davvero la situazione di fondo? Chissà, forse le aziende cominceranno davvero a mobilitare il contante che custodiscono gelosamente in cassaforte per fare nuove assunzioni. E forse una gestione bipartisan dell’economia darà la spinta psicologica necessaria. In fondo, in tempi di crisi è bene aggrapparsi anche all’emotività positiva. Resta un’arma potente.