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 2010  agosto 28 Sabato calendario

VITA DI CAVOUR - PUNTATA 31 - STERCO DI UCCELLI

L’azienda agricola di Leri non sarà stata perfetta, ma perdeva o guadagnava?
Romeo parla dello «smercio delle migliaia di quintali di grano, riso e cereali minori, delle centinaia di ettolitri di vino, e dei rilevanti anche se imprecisabili quantitativi di carne e di latte». Ancora: «I carri condotti dai cavalli di Leri erano affaccendati per gran parte dell’anno nel trasporto delle derrate dalla grande tenuta ai magazzini di Torino o ai più vicini mercati del Vercellese…». De La Rive: «E in quelle risaie, quali mandrie, che viavai sulle aie, che raccolti nei granai…». Prendendo come riferimento il 1850, si vede che l’azienda aveva aumentato fatturati e patrimonio, quasi raddoppiato il bestiame, i merinos erano assai preziosi e Cavour aveva tentato ogni tipo di incroci per ottenere carne più tenera, latte più abbondante, lana più fine. In tutto il Regno di Sardegna c’erano solo altre due greggi così.
Quindi, poiché partecipava agli utili, non era più povero come prima?
Michelangelo Castelli sosteneva che, guardando il complesso di tutte le iniziative intraprese dalla fine degli anni Trenta, aveva più perso che guadagnato. Ma non è vero. Alla fine degli anni Quaranta era un uomo ricchissimo.
Addirittura?
Possiamo fargli un po’ di conti in tasca. Intanto, c’erano i guadagni normali delle tre tenute, con abili arbitrati da parte di Cavour tra una piazza e l’altra («non è il caso di pensare a vendere a Torino la nostra meliga, vale qui poco più che a Leri. Forse si potrebbe spedirne qualche carro a Vercelli, ove mi si dice valere lire 14. Tuttavia, se taluno volesse darcene lire 13 a casa preferirei tale contratto»). A questo dobbiamo aggiungere le speculazioni sul grano, con margini molto forti specialmente nel ‘38 e nel ‘47, annate di raccolti cattivi. La speculazione consisteva in sostanza nell’aspettare a vendere, gioco in cui Cavour e il suo socio De La Rüe erano specialisti.
Cioè, aspettare a vendere perché il prezzo salisse?
Sì. Trattandosi di grano, ogni giorno di attesa significava probabilmente qualcun altro che moriva di fame. Nel ‘38, per esempio, Cavour gridava che il raccolto aveva ritardato, dunque i covoni, in apparenza gonfi, dopo la battitura si sarebbero rivelati ben poca cosa, nel sud della Francia, in Lombardia, è andata malissimo, i prussiani sono già in allarme, gli olandesi che comprano ad Amburgo non ne troveranno più e dovranno per forza venir qui… Nel ‘47 s’arrivò a profitti del 30%, il conte era incazzatissimo perché il riso s’era permesso di non raggiungere le 55 lire il quintale. Certe volte perdeva il senso della misura. Poi ci fu il guano.
Il guano sarebbe cacca di uccelli?
Sì, uccelli del Sudamerica, in genere cormorani. I taccuini di Cavour di questo periodo sono pieni di notazioni relative ai concimi. Non so: torba, urine, solfato di sodio, azotati, amidi, panelli oleosi, ceneri e paglia d’avena, corna di bue, ingrasso del bestiame, stracci di lana calce gesso e terra… Si concimava col sangue preso dai due mattatoi della città, o con le immondizie dei reverendi padri della Metropolitana di Torino (i padri avevano dal tempo dei tempi il diritto su tutte le immondizie di Torino, con deposito alla Vanchiglia e liquami a cielo aperto che scorrevano lenti fino alla Dora e costringevano la servitù di Palazzo reale, che stava ad appena due chilometri di distanza, a tener chiuse le finestre per il puzzo) oppure con terra mista a letame e urina, ossa triturate, cascami di cardatura, laniccio, carniccio, farina di sangue, cuoiattoli, ritagli di unghia o di zoccolo o di corna. Si sovesciavano fin le patate, si spargevano tartaro e feccia di vino. Le ossa triturate sembravano particolarmente efficaci, niente di paragonabile però alla cacca degli uccelli sudamericani. Cavour ne sentì parlare più o meno all’epoca di Corio, ne fece venire una piccola quantità, risultati eccezionali, ne ordinò allora due tonnellate a 6.128 lire compreso il trasporto e ne rivendette un terzo ai vicini, dall’anno successivo acquistava intere navi provenienti dall’Africa o dal Perù e, tolta la parte che serviva a lui, trafficava poi questo guano con la massa degli altri proprietari che glielo chiedevano. Bei soldi anche qui. E bei raccolti. Corio: «Colla massima soddisfazione posso assicurarla che abbiamo in generale un gran raccolto, e di gran lunga maggiore di quello degli anni scorsi / io l’attribuisco alla totale scomposizione del guano in seguito alle grandi piogge». E Cavour, già deputato: «Preg.mo Signore, Essendo quasichè del tutto ristabilito, vorrei che le parlamentari bisogne mi concedessero di andare a terminare a Leri la mia convalescenza, giacchè m’imagino dover essere il soggiorno della campagna soddisfacente oltre modo. Lo spettacolo di tutte le nostre bestie di Leri e Montarucco nel bel trifoglio del Valsentino doveva essere consolante a vedere».