RENATO CAPRILE, la Repubblica 28/8/2010, 28 agosto 2010
ROMANIA, IL MESTO RIENTRO DEI GITANI "TROPPO FACILE PRENDERSELA CON NOI" - BARBULESTI (ROMANIA)
Non ci sono né telecamere né giornalisti al vecchio aeroporto Banesa di Bucarest. L´arrivo degli ultimi 283 rom rimpatriati dalla Francia è evidentemente una non notizia per i media locali. Tanto ripartiranno, si dice. E comunque meglio fuori che qui. Ecco perché nel vecchio scalo ci sono solo poliziotti, quasi a rimarcare l´indifferenza dei romeni per una storia che sta invece indignando l´Europa.
I due charter della Blue Air, partiti da Lione e Parigi, atterrano alle 16 in punto. Una cinquantina di minuti dopo una folla, composta in prevalenza da donne e bambini, riprende mestamente la via di casa, che è una parola grossa per chi una casa non ce l´ha mai avuta. Più giusto dire la via del ritorno al misero borgo dal quale si sono mossi o fuggiti. Come Barbulesti, che è soltanto uno dei tanti villaggi a stragrande maggioranza gitana sulla strada che porta a Costanza e al mare del litorale romeno. A cinquantasette chilometri dalla capitale, a distanza di sicurezza cioè, alla periferia di una media città che si chiama Urziceni.
Mentre i rimpatriati caricano le loro borse su auto e pulmini di fortuna, parte qualche sfottò: «Non fate quelle facce, in fondo Sarkozy vi ha soltanto pagato le vacanze». E giù risate. Loro incassano, per stanchezza o abitudine, forse. Qualcuno come Marian vorrebbe invece reagire, ma l´imponente presenza di forze dell´ordine per fortuna lo fa desistere. «Sono stufo - sbotta - è sempre la stessa storia, Qui, in Italia o in Francia siamo di troppo, zavorra di cui liberarsi». Eppure Marian, 28 anni, 4 figli, a Montpellier un lavoro l´aveva. Raccoglieva ferraglia e altro materiale di scarto che poi rivendeva. Niente di che, ma sette- ottocento euro per mantenere la sua famiglia riusciva a metterli insieme ogni mese.
Adesso non sa come farà a sopravvivere con i settanta euro scarsi dell´assistenza sociale. «Che delusione la Francia - dice - e che delusione il presidente francese. Da uno come lui, che ha origini ungheresi, non me lo sarei mai aspettato. Se l´è presa con noi perché sapeva che non avremmo alzato barricate. Una mossa elettorale a costo zero. Se avesse tentato di buttare fuori gli arabi, tempo tre settimane gli avrebbero incendiato il paese. Con noi rom invece è bastata una mancia. Ma se pensa di aver risolto il problema si sbaglia. Molti ritorneranno, perché non hanno scelta, anche se i politici di qui se ne fregano di noi». Dice il vero, Marian. Non ci sono state levate scudi contro la Francia nei palazzi del potere di Bucarest. Anche Traian Basescu, il presidente che ha fama di uno che non le manda a dire, si è guardato bene dall´attaccare Sarkozy, gli ha soltanto ricordato che i romeni sono cittadini europei e come tali vanno rispettati. Il minimo sindacale, dunque. Il resto è il solito ritornello polticamente corretto, stancamente riproposto da intellettuali e ong varie: i rom sono un problema europeo che la Comunità nel suo insieme deve affrontare e risolvere.
La verità è che bisognerebbe farsi un giro in villaggi come Barbulesti, sette-ottomila abitanti, tutti rom ad eccezione di una decina di famiglie, per capire perché chi ci vive è portato a venirne via con ogni mezzo. Consultorio, ufficio di polizia e municipio sono all´ingresso del paese sull´unica strada asfaltata. Il resto è sterrato su cui si affacciano case di mattoni grezzi che nessuno ha pensato di intonacare. Senza fogne né acqua né luce. L´unico edificio degno di questo nome è la villona rossa del più ricco del paese, un usuraio, che in quel contesto degradato ha come l´aria di essere il palazzo reale. Lontano e inavvicinabile.
Crisantema Baicu, 34 anni, 4 figli, marito in galera, stava a Grenoble - «Sì mendicavo, cos´altro potevo fare?» - prima che fosse costretta ad accettare la proposta francese. «Ma non parlatemi di rimpatrio volontario, perché non sarò tanto brava con le parole, ma non sono scema. Prima, qualche mese fa hanno cominciato con le minacce: vi distruggeremo il campo se non ve ne andare. Che potevano fare? Ci siamo spostati: una, due, tre volte. Poi il campo ce l´hanno distrutto davvero, e quindi siamo stati costretti ad accettare i loro soldi e a partire. Ma ritorno, in qualche modo devo pur sfamarli», dice indicando i tre figli, il più piccolo dei quali ha appena due anni.
Per Nicolae, 47 anni, 12 figli, anche lui arrivato da Grenoble, il ritorno a Barbulesti ha il sapore della deportazione. Lui non ha preso nemmeno i soldi, è stato espulso senza tanti complimenti per un qualche reato di cui non gli va di parlare. Non sa leggere, non ha un lei (la moneta locale), ma dice che vuole rivolgersi a un tribunale per avere giustizia. Dragan Costica a sentire la parola giustizia sbotta in una fragorosa risata. «Ma quale giustizia? Per gli altri forse, ma per noi è una parola senza significato. Prendete me, sono un bravo artigiano del ferro, potrei fare anche il fabbro, a 54 anni ho perso ogni speranza di trovare un lavoro normale. Per cui non posso che vivere di espedienti».