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 2010  agosto 28 Sabato calendario

La lunga retromarcia, ora la Cina crea i borghesi - I regimi comunisti, e i lo­ro ammiratori in Occidente, hanno sempre avuto un odio­so nemico da combattere: il borghese, baluardo della li­bertà individuale e motore del capitalismo

La lunga retromarcia, ora la Cina crea i borghesi - I regimi comunisti, e i lo­ro ammiratori in Occidente, hanno sempre avuto un odio­so nemico da combattere: il borghese, baluardo della li­bertà individuale e motore del capitalismo. Fa quindi impressione ap­prendere che la Cina ne pro­va nostalgia. Al punto di aver deciso, dopo averla spazzata via, di crearne una nuova di zecca.L’Assemblea Naziona­le del Popolo, cioè il Parla­mento cinese, ha varato un pacchetto di riforme volte a modificare la distribuzione del reddito. Al fine, appunto, di tenere presto a battesimo una vasta classe media. Una misura senz’altro dettata an­che dalla necessità di ridurre la distanza fra ricchi (ricchis­simi) e poveri (poverissimi). La Banca Asiatica di Sviluppo crede nel successo dell’opera­zione e ha diffuso un rappor­to in cui sostiene che la Cina (insieme con l’India) contri­buirà in misura decisiva alla crescita della classe media asiatica. Entro il 2020 sarà composta da 800 milioni di persone. Le stime relative alla sola Cina parlano chiaro: il 63 per cento degli abitanti è al di sopra della soglia di povertà e nei prossimi anni migliorerà le sue condizioni fino a diven­tare un esercito di potenziali consumatori, che darà ulte­riore sviluppo all’economia. Dopo la Lunga Marcia ver­so il socialismo proletario, i ci­nesi innestano quindi la Le­sta Retromarcia. Dopo la pre­sa del potere nel 1949, Mao Ze Dong contrapponeva la con­cezione proletaria del mondo a quella borghese. Alla fine de­gli anni Cinquanta riteneva che la sfida fosse ancora aper­ta e invitava a «condurre una lunga lotta contro l’ideologia borghese e piccolo-borghe­se ». Lotta ideologica: «Tutte le idee erronee, tutte le erbe velenose, tutti i mostri devo­no essere criticati, e non biso­gna mai lasciare loro campo libero. Ma questa critica deve essere pienamente ragiona­ta, deve essere analitica e con­vincente, e non brutale, buro­cratica, metafisica o dogmati­ca ». Nel decennio successivo l’analisi «non brutale» e «ra­gionata » lasciò spazio alla vio­l­enza della Rivoluzione cultu­rale. Obiettivo iniziale: fare piazza pulita degli oppositori interni al partito, accusati di «imborghesimento». Obietti­vo finale: spazzare via intere classi sociali compromesse col «vecchiume». Professori, ingegneri, professionisti, pic­coli dirigenti finirono a spaz­zare le strade, dopo essere sta­ti umiliati dalle Guardie Ros­se. Questi furono i più fortuna­ti. Molti presero la strada, spesso senza ritorno, dei lao­gai (i gulag sovietici made in China ). Botte, fame, lavoro forzato. Morte. O ritorno in città da superstiti senza dirit­ti. A quell’epoca la Cina era molto vicina all’Italia. Paolo Flores D’Arcais descriveva Shangai come una città «cele­ste edificata con i materiali della fantasia» e in molti vola­rono in Cina per tornarne in­cantati: Antonioni, Capanna, Moravia, Sofri... Dario Fo era entusiasta del Grande Timo­niere. Sventolavono il libret­to rosso Marco Bellocchio, Re­nato Mannheimer, Paola Pita­gora, Michele Santoro e mille altri. Oggi sono tutti quanti rientrati nei ranghi della bor­ghesia, anche se qualcuno di loro probabilmente si imma­gi­na ancora nei panni del rivo­luzionario, eppure in quei de­c­enni ce l’avevano coi borghe­si. Niente di strano. Il borghe­se, come insegna Sergio Ri­cossa, è il tipo umano più de­nigrato della storia. I rivolu­zionari di ogni colore (rosso e nero) lo disprezzano e non ve­dono l’ora di scavargli la fos­sa. È il rappresentante nume­ro uno del nemico numero uno: il capitalismo, fonte di ogni ingiustizia sociale, infer­nale negazione dell’ugua­glianza. Poeti e artisti fanno da sempre a gara per dileg­giarlo in quanto essere ottuso e conservatore. Ma sarò poi vero che il bor­ghese, in quelle sue tristi vil­lette a schiera che gli vengo­no rimproverate, è lontano del popolo? I nemici della bor­ghesia, tra cui spicca in Occi­dente l’intellettuale di sini­stra, «amano il popolo come astrazione, lo detestano pro­babilmente come insieme di persone vive, e cioè rumoro­se, sudate, invadenti, volgari. Il popolo vivo sembra soppor­tabile solo se lo si guarda dal­l’alto di un palco ben isolato ed elevato. Irreggimentare il popolo, metterlo in fila, co­mandarlo, tutelarlo anche, ma come si tutelano i minori, finalmente farsi applaudire dal popolo» (Sergio Ricossa, Straborghese ). Il borghese in­vece «è ancora nel popolo o ne è appena “emerso” e non lo rinnega. Il populismo del­l’intellettuale di “sinistra” non è segno di origine popola­re, è segno del contrario» (an­cora Ricossa). La borghesia è concreta. In­traprendente. Modernizzatri­ce. Il suo slogan è: «Che vinca il migliore». Non se ne può proprio fare a meno. I cinesi lo hanno capito. Meglio tardi che mai.