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 2010  agosto 28 Sabato calendario

L’inestricabile enigma della schedina contesa E dai conti Tulliani «spariti» 265mila euro - E adesso come la mettia­mo col tabaccaio intervistato da Panorama che attribuisce a Lucianone, e quindi non a Elisabetta Tulliani, la paterni­tà della schedina miliardaria del superenalotto numero 0350490 giocata il 2 maggio 1998 nella sua ricevitoria di via Merulana? E con la segre­taria di Gaucci che al Giorna­le riscontra la versione del ta­baccaio confermando di esse­re stata lei, a quel tempo e in quella ricevitoria,l’addetta al­le giocate per conto dell’ex presidente del Perugia cal­cio? Dopo aver preannuncia­to querele per l’ex fidanzato Gaucci senior, poi per Gaucci junior (Alessandro), quindi per il geometra di fiducia di Big Luciano, Antonio Am­mente, e per tutti coloro che hanno solo osato paventare una versione dei fatti diversa dalla sua sulla vincita da 2,2 miliardi di lire, la compagna di Gianfranco Fini denunce­rà anche il tabaccaio France­sco Basilico e la segretaria Bar­bara Delduca? Probabile, visto che da setti­mane, attraverso i suoi avvo­cati, Elisabetta fa sapere di avere prove inconfutabili che dimostrano come a vincere i miliardi sia stata lei e soltanto lei

L’inestricabile enigma della schedina contesa E dai conti Tulliani «spariti» 265mila euro - E adesso come la mettia­mo col tabaccaio intervistato da Panorama che attribuisce a Lucianone, e quindi non a Elisabetta Tulliani, la paterni­tà della schedina miliardaria del superenalotto numero 0350490 giocata il 2 maggio 1998 nella sua ricevitoria di via Merulana? E con la segre­taria di Gaucci che al Giorna­le riscontra la versione del ta­baccaio confermando di esse­re stata lei, a quel tempo e in quella ricevitoria,l’addetta al­le giocate per conto dell’ex presidente del Perugia cal­cio? Dopo aver preannuncia­to querele per l’ex fidanzato Gaucci senior, poi per Gaucci junior (Alessandro), quindi per il geometra di fiducia di Big Luciano, Antonio Am­mente, e per tutti coloro che hanno solo osato paventare una versione dei fatti diversa dalla sua sulla vincita da 2,2 miliardi di lire, la compagna di Gianfranco Fini denunce­rà anche il tabaccaio France­sco Basilico e la segretaria Bar­bara Delduca? Probabile, visto che da setti­mane, attraverso i suoi avvo­cati, Elisabetta fa sapere di avere prove inconfutabili che dimostrano come a vincere i miliardi sia stata lei e soltanto lei. Nell’attesa proviamo a di­stricarci nell’ affaire del Supe­renalotto incrociando date, carte, testimonianze, indica­zioni degli inquirenti alle pre­se col giallo degli immobili Gaucci-Tulliani-Fini. Partia­mo dal tabaccaio. Basilico of­fre un riscontro diretto anche a quel che il geometra-ombra di Gaucci, Antonio Ammente dichiarava ( il Giornale , 25 agosto)a proposito dell’orga­nizzazione che l’ex presiden­te del Pe­rugia aveva impianta­to in azienda nella predisposi­zione dei sistemi del Supere­nalotto: «Gaucci era uno che giocava parecchio (...) - rac­conta Basilico a Panorama ­veniva sempre, allora il Supe­renalotto era solo il sabato, poi hanno messo anche il mercoledì e veniva tutte le set­timane ». Giocava forte, mini­mo 12 numeri, massimo 20. «La Tulliani non poteva gioca­re una schedina di 20 numeri, erano tanti soldi». Alessan­dro Gaucci non ha dubbi ( Giornale , 23 agosto): «I Tul­liani erano una famiglia nem­meno benestante, direi nor­male (...). Lì c’è la certezza che la schedina l’ha vinta mio padre, tanto è vero che quel giorno mi chiamò subito non appena apprese dei due mi­li­ardi e mi disse che voleva re­galarne una parte, la metà cre­do, a Elisabetta (...)». A micro­foni spenti, con l’intervista or­mai in stampa, Alessandro s’è ricordato che i numeri gio­cati dal papà (6,12,23,28,79, e il jolly 73) non erano numeri a caso:«Il 28 era per il 28 dicem­bre del ‘ 38, la sua data di nasci­ta; il jolly 73 si riferiva all’an­no della mia data di nascita; il 12 era il mese di nascita di mio fratello Riccardo» e così via. E Lucianone di questa be­nedetta schedina che dice? Ovviamente giura che l’ha giocata e vinta lui. Nell’atto di citazione della causa civile in­tentata contro l’ex fidanzata ( il Giornale , 1 agosto) si legge: «L’unica ragione che ha spin­to il Gau­cci a intestare tali pro­prietà ai Tulliani, pur avendo­le pagate esclusivamente con proprio denaro proveniente dai redditi delle sue attività, da una vincita all’Enalotto e da un prestito bancario, è sta­ta quella di evitare che tale de­naro finisse in mano ai credi­tori(...). Mai il Gaucci avreb­be immaginato – soprattutto per la grande fiducia riposta in Elisabetta, per il grande amore donatole e gli onori che l’ha coperta – che la Tul­liani potesse arrivare a volta­re le spalle e negare questa, che è l’unica verità possibi­le ». A seguire su Panorama (7 agosto), su Repubblica (9 ago­sto), su Libero (13 agosto) su più tv nazionali e infine sul Giornale (22 agosto) Gaucci ha ribadito sempre la stessa versione, imbestialendosi ogni volta di più a proposito della versione fornita da Elisa­b­etta attraverso i suoi avvoca­ti («dice che è stata lei a darmi la metà del denaro, come se io all’epoca avessi avuto biso­gno dei suoi soldi»). Il leit motiv gaucciano, sul Superenalotto, è il seguente: siccome ero innamorato e perso d’amore per lei,le ho re­galato metà della vincita del­la schedina che io, e non lei, avevo compilato, giocato e ri­scosso sul mio conto al Mon­te dei Paschi di Siena. Purtrop­po per Luciano, però, l’incas­so della vincita risulterebbe – a detta dei legali della Tullia­ni – su un altro conto del Mon­te dei Paschi di Siena, intesta­to però all’ex morosa, e di cui parleremo di qui a breve. Fin qui la campana di Gauc­ci. Quella di Elisabetta Tullia­ni suona tutt’altra musica. Gli avvocati Izzo, difensori del­l’ex fidanzata, hanno prodot­to due pezzi di carta (aspra­mente contestati dalla difesa di Gaucci) che il 6 agosto por­tano la stampa vicina a Gian­franco Fini a celebrarli così: «I documenti che gli avvocati Carlo Gugliemo e Adriano Iz­zo producono a Repubblica sono una prova documentale evidente, a favore di Elisabet­ta Tulliani». E ancora: «Gauc­ci ha contribuito a disegnare l’immagine di una Elisabetta Tulliani nullatenente e capa­ce di succhiare i soldi e beni per sé e per la sua famiglia (...). La matrice del Superena­lotto ci dice, invece, che dalla primavera del ’98 è una don­na ricca. Di suo». I documenti in questione si rifanno alla fo­tocopia della matrice del bi­glietto miliardario allegata a una distinta di versamento del 5 maggio 1998 controfir­mata Elisabetta Tulliani con la quale si dà mandato alla banca di incassare il valore del titolo per una cifra stima­ta nella stessa distinta: «Lire 2.200.000.000 circa». Circa? Che vuol dire «circa»? La cifra è quella o non è quella? Per­ché scrivere «circa» su un do­cumento ufficiale? Come anticipato dal Gior­nale qualche perplessità era già sorta in merito ai docu­menti esibiti da Elisabetta Tul­liani che, va detto, fino a pro­va contraria vanno considera­ti autentici e sui quali, al pari di tutto il resto, si sta concen­trando l’attività degli inqui­renti. Nella distinta prodotta ai giornalisti, non compare in­­fatti alcun timbro della ban­ca, ben visibile, «per ricevu­ta ». In più l’importo definito nero su bianco è ben diverso dalla vincita reale comunica­ta dalla Sisal: 2 miliardi e 200 milioni di lire a fronte di 2 mi­liardi e 714 milioni di lire. Mancano 514 milioni di lire. Dove diavolo sono finiti? Di errore materiale della Tullia­ni non è possibile parlare per­ché, come già evidenziato dal nostro Marcello Zacchè,«dal­­l’estratto conto prodotto dai legali Izzo in data 26 maggio risulta un bonifico in entrata («causale, vincita Superena­lotto ») di circa 2.204.016.900 lire, e di questi la Tulliani ne avrebbe girato contestual­mente 1 miliardo e cento a fa­vore di Gaucci Luciano. Altro dato inusuale, singolare, sot­to la lente degli inquirenti, è quello del breve periodo (21 giorni appena) intercorso fra la distinta e il bonifico. Nes­sun mistero, replicano i legali della compagna di Fini: la banca è quella dove la Tullia­ni aveva acceso da tempo un conto corrente esclusivamen­te a lei intestato. «L’importo della vincita viene accredita­to il 26 maggio, con valuta 28 maggio. E proprio il 28, Elisa­betta esegue un bonifico di 1 miliardo e 100 milioni a favo­re di Luciano Gaucci. L’opera­zione fu fatta con l’espresso incarico di provvedere a gesti­re la somma in proficui inve­stimenti nell’interesse di lei». Ecco perché nelle quotidiane minacce di querele al Giorna­le gli avvocati di Lady Fini fan­no riferimento a «prove incon­testabili a favore della Tullia­ni ». Gli inquirenti, però, voglio­no scavare a fondo prima di archiviare la pratica. Il primo passaggio sarà quello auspi­cato da Gaucci nella sua inter­vista al Giornale : controllare al centesimo le entrate e le uscite dei conti correnti, di lui, di lei, ed eventualmente di quelli cointestati, immedia­tamente prima, durante e su­bito dopo la vincita. Perché, sostiene Gaucci, anche solo per logica è quantomeno più plausibile che un miliardario come lui ceda la metà a una ragazza come Ely, all’epoca non abbiente, piuttosto che il contrario. Solo poi si procede­rà ad appurare ufficialmente, al di là dei documenti presen­tati dalla Tulliani, quando e su quale conto la Sisal ha fatto confluire i soldi della schedi­na miliardaria, che come det­to ammontano a due miliardi e sette e non a due miliardi e due come certificato per tabu­las dai legali della Tulliani. Quindi si procederà coi testi­moni, che raccontano una storia che fa a cazzotti con quella di Elisabetta. E non si tralascerà a priori nemmeno la pista della «falsa giocata», smentita oggi dai testimoni, evocata qua e là per giustifica­re pr­esunti fondi neri di Lucia­no Gaucci. Secondo l’avvoca­to Alessandro Sammarco, le­gale dell’ex patron del Peru­gia, nonostante i proclami ad oggi non esiste affatto la «pro­va inconfutabile» del versa­mento miliardario sul conto della Tulliani. «Le cifre ripor­tate nella distinta, non timbra­ta – dice - sono diverse dalla vincita reale, 500 milioni si so­no polverizzati strada facen­do. E su questa linea di non corrispondenza, dunque, manca la prova certa che l’en­t­e che ha erogato la vincita ab­bia versato il dovuto diretta­mente sul conto corrente di Elisabetta. Si ha solo la “pro­va”, e su questo auspichiamo indagini approfondite della fi­nanza, che lei ha versato una cifra sul conto di Gaucci. Po­trebbe dunque essere avvenu­to che il versamento origina­rio sia finito nel conto di Gauc­ci, e da qui al suo. Oppure che Gaucci abbia portato la Tullia­ni in banca e le abbia aperto un conto a suo nome sul qua­le, per comodità, far confluire alcune somme. Ammesso che lei inizialmente abbia avuto tutta la cifra, e poi ne ab­bia retrocessa metà a Gaucci – conclude Sammarco- poi la signorina non ha provato che quel miliardo e cento che lei dice di aver impiegato per comprare i famosi immobili l’abbia effettivamente investi­to per acquistare quelle case che Gaucci reclama come sue. Tirassero fuori gli asse­gni, uno per uno».