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 2010  agosto 28 Sabato calendario

Casa di Montecarlo, 30 giorni di silenzi e bugie - Silenzi, bugie e ancora si­lenzi. Gianfranco Fini e la casa di Montecarlo

Casa di Montecarlo, 30 giorni di silenzi e bugie - Silenzi, bugie e ancora si­lenzi. Gianfranco Fini e la casa di Montecarlo. Trenta giorni di domande dal Giornale, un me­se s­enza risposte dalla terza cari­ca dello Stato. Fini, da autentico campione della libertà di stam­pa, alle migliaia di lettori che chiedevano spiegazioni ha assi­curato una sola certezza: quere­le a raffica a chi ha messo il naso nei suoi affari. Per il resto, sia­mo dalle parti della nouvelle va­gue , naturalmente in salsa mo­negasca. L’appartamento È il 28 luglio quando il Giornale porta i suoi lettori nel Principa­to, in boulevard Princesse Char­lotte 14, l’indirizzo più impor­tante dell’agenda politica di questa estate. Il servizio di Gian Marco Chiocci- Fini, la compa­gna, il cognato e una strana ca­sa a Montecarlo - pare preso a prestito dal repertorio della commedia all’italiana.E in effet­ti, puntata dopo puntata, i letto­ri s’indigneranno e sorrideran­no come in certi vecchi film, da­vanti al rosario di reticenze, am­biguità, furberie di questa sto­ria. Ma è altrettanto certo che nel giro di 48 ore il Giornale rico­struisce meticolosamente il ca­so: c’è un appartamento,a Mon­­tecarlo, che la contessa Colleo­ni ha lasciato in eredità al parti­to di Gianfranco Fini. Sessanta­settanta metri quadri che a quel­le latitudini in cui il metro qua­dro vale oro sono un piccolo te­soro. Un tesoretto sprecato: per­ché An non ha tenuto in debita considerazione quei vani e alla fine, nel 2008, li ha venduti a due società off-shore costituite nei Caraibi. Il prezzo? Solo 300mila euro. Strano. Anzi due volte strano: perché la prima, la Printemps, ha lasciato il passo alla seconda, la Timara, sem­pre rigorosamente di Santa Lu­cia, paese segnalato dall’Ocse perché a rischio riciclaggio. E che fa la Timara, al termine di quella carambola tropicale? L’anno scorso affitta il quartieri­no a Giancarlo Tulliani, il cogna­to di Fini. Insomma, il presiden­te non si è preoccupato di far cassa, ma ha sistemato il fratel­lo della sua compagna, Elisabet­ta Tulliani. Avvocati contro «il Giornale» I dubbi, i sospetti e i retropen­sieri sono più che legittimi, ma la vicenda rischia di finire nel ri­dicolo. Chiocci bussa diligente­mente alla porta di boulevard Princesse Charlotte, ma Tullia­ni invece di aprirgli e offrirgli le spiegazioni con un caffè chia­ma la suretè publique che arriva di volata, manco fosse in corso una rapina, blocca Chiocchi, lo fotosegnala e lo invita a tornare rapidamente in patria. L’avvo­cato Michele Giordano supera Tulliani: «Chiocci ha battuto i pugni sulla porta, voleva quasi fare irruzione». Testuale. Come si faccia a fare una quasi irruzio­ne è un mistero, uno dei tanti di questa inchiesta. Tulliani, do­po aver valorosamente affronta­to il Giornale , si chiude nel suo bunker e non ci sarà più verso di strappargli una parola, nemme­no con le tenaglie. E Fini? Conferenza senza domande L’ex leader di An tace. Il 30 lu­glio il Giornale mette in pagina dieci domande per il presiden­te della Camera. Le stesse que­stioni che si pongono i lettori. Come mai l’appartamento, si­tuato in uno degli snodi più ap­p­etibili del mercato immobilia­re mondiale, è stato svenduto, a un quinto se non a un decimo del suo valore?E chi c’è dietro la società off-shore che l’ha com­prato? Ancora, come è possibi­le, incredibile coincidenza, che sia stato affittato proprio al co­gnato? La mattina il Giornale è un gran punto di domanda, al pomeriggio nasce Futuro e li­bertà. Il momento è storico, Fi­ni invece è sbrigativo, al mini­mo sindacale: parla e non accet­ta domande, nemmeno una. Ma il Giornale non stacca. «Su di me falsità» Agosto porta in regalo ai letto­ri del Giornale il contratto di vendita dell’appartamento, fir­mato l’ 11 luglio 2008.L’atto è as­sai istruttivo perché nel cedere l’immobile alla Printemps il se­natore Francesco Pontone scri­ve di agire «in nome dell’asso­c­iazione chiamata Alleanza na­zionale, in virtù dei poteri, com­preso quello di disporre dei be­ni sociali, che gli sono stati con­­feriti dal signor Gianfranco Fi­ni ». Più chiaro di così. I conti, tutti i conti, non tornano. E il Giornale scova anche l’impren­ditore, Stefano Garzelli, che ha effettuato i lavori di ristruttura­zione in boulevard Princesse Charlotte. Garzelli è esplicito: «Tulliani era sempre sul cantie­re ».Fini,a questo punto,potreb­be pure gentilmente risponde­re e­invece va democraticamen­te all’attacco: « Il Giornale scrive falsità su di me. Lo querelerò». Anche la Procura indaga Fini cerca di mettere il bava­glio al Giornale , intanto la De­stra di Francesco Storace pre­senta un esposto e la Procura di Roma apre un’inchiesta. L’ipo­tesi di reato è truffa aggravata. Insomma, i supposti veleni sparsi dal Giornale sono ritenu­t­i meritevoli di approfondimen­to dalla magistratura. E Fini sportivamente si adegua: «Ben vengano le indagini». Che infat­ti sono già venute. Sia benvenu­ta l’indagine, ma non l’inchie­sta del Giornale le cui domande cominciano a marcire nell’atte­sa di una risposta che non vuole arrivare. I «chiarimenti» di Fini Finalmente, l’8 agosto il lea­der di Fli si decide a dire la sua. Ma chiarisce poco o nulla. Per­ché un immobile che valeva 1,5 o 2 milioni di euro è stato cedu­to ad un prezzo stracciato? E perché ad una società off-sho­re ? E chi c’è dietro questo scher­mo impenetrabile? Ancora, co­me si arriva dai Caraibi al cogna­to? E quanto paga il fratello di Elisabetta? I quesiti restano in fi­la indiana fino a formare un in­gorgo di punti di domanda. Che Fini con le sue parole ingar­buglia ancora di più. «Non corri­sponde al vero - afferma il lea­der di Fli - che siano state avan­zate a me o ad altri proposte for­mali di acquisto». È una bugia che Fini confeziona dopo aver confezionato tanti silenzi. Il se­natore Antonino Caruso andò addirittura a Montecarlo. Qual­cuno offriva 1 milione di euro, altro che 300 mila. E Caruso gi­rò la segnalazione a Pontone, poi non ne seppe più nulla. For­se quell’offerta non era abba­stanza «formale»? Fini fa di più perché mescola pericolosa­mente notai e date andandosi ad impiccare al secondo passag­gio, dalla Printemps alla Tima­ra, di cui non dovrebbe sapere nulla. Strano. Molto strano. In conclusione manifesta il suo «disappunto» perché ha sapu­to a cose fatte che era proprio Tulliani l’inquilino dell’appar­tamento. Non c’è che dire: Scajola ha fatto scuola. Fini non sapeva come non sapeva il mini­stro dello Sviluppo economico che, però si è dimesso. Il Giorna­le comincia a raccogliere le fir­me per mandare a casa la terza carica dello Stato. Una valanga di lettori sposa l’iniziativa. La guerra dei mobili In vista di Ferragosto il Giorna­le scova anche il negozio in cui la signora Tulliani avrebbe ac­quistato i mobili per Montecar­lo. Un testimone con nome e co­gnome, David Russo, spiega al Giornale : «Due volte la signora Tulliani era accompagnata da Fini». Il presidente firmava au­tografi. Manca la bolla di conse­gna a Montecarlo, ma Russo non ha dubbi. Fini invece ri­sponde sempre allo stesso mo­do: querela il Giornale . E ironiz­za: «Se trovano le fatture del por­taombrelli sono nei guai». Il Giornale trova di meglio: due te­stimoni che l’hanno visto a Montecarlo.Sono l’imprendito­re Luciano Care, che lo intrecet­tò a novembre nell’androne del palazzo, e l’ingegner Giorgio Mereto. Mereto, impaurito, smentisce ma viene smentito a sua volta dalla registrazione del­l­’intervista. Silenzi. Bugie. E ancora silen­zi. Una giostra che gira da trenta giorni, un presidente e un co­g­nato che non rispondono a do­mande elementari. Semplicissi­me. In apparenza, banali. Fini si inabissa sotto l’ombrellone di Ansedonia e torna al silenzio di fine luglio; il cognato fa filtr­a­re una vaghissima spiegazione: la casa sarebbe stata un premio per la sua opera di «intermedia­zione ». Ma poi smentisce an­che quei vaghi cenni sull’uni­verso. Insomma, trenta giorni per tornare al punto di parten­za. Trenta giorni per scoprire una verità imbarazzante, quel­la dell’ambasciatore a Monaco Franco Mistretta: «Tulliani si ri­volgeva a me anche per sapere in che albergo andare». Il navi­gatissimo cognato si perdeva a due passi da boulevard Princes­se Charlotte. Trenta giorni per porre infine una nuova, inquie­tante domanda: è vero che il co­gn­ato ha agganciato ambienti fi­nanziari della City per studiare la sua pratica? Non è mai trop­po tardi per correre ai ripari. L’opinione pubblica, paziente, aspetta.