Alessandro Penati, la Repubblica 28/8/2010, 28 agosto 2010
IMPRESE RISANATE MA GLI UTILI LANGUONO
Dopo 18 mesi di rialzi, da maggio le Borse hanno invertito la rotta. La situazione attuale assomiglia a quella di chi scende con una canoa lungo un fiume inesplorato e si trova a una biforcazione: un ramo del fiume porta a una cascata; l´altro, alle acque tranquille di un lago. Ma non ci sono chiari indizi di quale sia il ramo giusto per navigare senza rischi.
C´è chi ritiene l´attuale debolezza delle Borse temporanea. Diversi paesi camminano a ritmo sostenuto (Cina, Asia, Brasile, Germania), e avranno un effetto trainante sul resto del mondo; le banche centrali continuano a immettere liquidità fino a che i prestiti ricominceranno a fluire normalmente; il rischio di credito è tornato a livelli fisiologici e la stabilità dei prezzi non è in pericolo; le imprese hanno ricostituito i margini e sono tornate stabilmente a fare profitti, prova la ripresa delle fusioni e acquisizioni. Il 2011 segnerebbe dunque il ritorno alla "normalità": quel trend di crescita di prezzi e utili, cominciato agli inizi degli anni ‘90, che le crisi del 2001/02 e 2008/09 avrebbero solo interrotto. Ciò nonostante le Borse, in media, sono oggi 33% al di sotto dei massimi del 2007: rispetto ai minimi, nessuna ha recuperato neanche metà delle perdite. Segno che c´è spazio per una robusta crescita dei corsi.
Ma c´è la visione opposta. La caduta dei rendimenti dei titoli di stato ai minimi della crisi indica aspettative di stagnazione e timori di deflazione; il mercato del credito rimane in panne dopo tre anni di politiche monetarie ultra espansive; la ripresa mondiale non può essere trainata da paesi con modelli di crescita basati sulle esportazioni, e c´è il costo del risanamento delle finanze pubbliche da pagare. La forte crescita degli utili attesa per quest´anno, ammesso che si materializzi, non è dunque sostenibile. Ed è illusorio sperare di tornare al trend degli anni ´90, perché si è verificato un aumento permanente dell´avversione al rischio: gli investitori non sono più disposti a valutare gli utili aziendali con gli stessi parametri generosi di qualche anno fa, a prescindere da dove operi l´azienda (vedi la forte correlazione tra le Borse nel mondo). Per le azioni, prepariamoci dunque a guadagni più bassi che in passato; nonostante i rischi rimangano elevati.
Uno scenario che trova più di una conferma nei bilanci delle società non finanziarie, quotate in Europa, che capitalizzano almeno 300 milioni. Per il 2010, le stime di consenso, che rispecchiano quelle delle aziende, si attendono un fatturato medio superiore del 10% a quanto contabilizzato nel 2007: la maggioranza delle imprese ha quindi recuperato tutto il fatturato perso con la crisi. E grazie a un forte taglio dei costi, i margini torneranno ai livelli ante crisi: oltre metà delle società quotate genererà utili, prima di imposte e oneri finanziari, pari all´11% dei ricavi, poco sotto il 12% medio del 2007. La struttura finanziaria è mediamente in equilibrio; e lo era già prima della crisi (il debito è pari a 1,3 volte il margine operativo, come nel 2007). Il recupero del fatturato e il taglio dei costi dovrebbe produrre un rimbalzo degli utili (+15% sul 2009). E´ però illogico attendersi, come invece fanno in molti, che i profitti possano crescere a questi ritmi anche in futuro (+15% è il consenso per il 2011). Tagliando ferocemente i costi si possono fare gli utili, ma una sola volta; poi, ci vuole la crescita sostenuta dei ricavi: ma oggi, solo chi è dotato di grande ottimismo può immaginarla. Senza contare l´effetto depressivo sul resto dell´economia dei tagli di fornitori e dipendenti. La ristrutturazione dei conti aziendali c´è stata; ma la crescita dei profitti non appare sostenibile.
Rispetto al fatturato, meno aleatorio degli utili, il valore di mercato delle attività in Europa è oggi inferiore ai massimi del 2007 di circa il 30%. Dubito però che questo sia un valido argomento per considerare le azioni europee a buon mercato.