Benedetta Argentieri, Corriere della Sera 27/08/2010, 27 agosto 2010
«PANETTONE E GIRASOLE CONTRO I TOPI DI BRERA» —
Aroma alla Nutella. Un pizzico di girasole gigante e una parte di pasta fresca. «L’esca perfetta è così servita». Almeno per i topi. «Anzi, per quelli di Milano aggiungerei anche il panettone». Perché i roditori acquisiscono i gusti del loro territorio. La ricetta è di Massimo Donadon. Lui, per tutto il mondo «El Sarzon», i ratti li conosce molto bene. Da anni li combatte sul campo, ne studia i movimenti e le abitudini, soprattutto quelle alimentari. Non si stupisce dell’invasione a Brera, la Montmartre del capoluogo lombardo. «Troppo spesso si usano metodi economici, ma questa è una guerra che costa». Un paio di anni fa il vicesindaco Riccardo De Corato lo aveva cercato: «Mi aveva chiamato per un consulto. Per avere informazioni sulle mie tecniche». E prima ancora l’aveva contatto l’ex sindaco Gabriele Albertini. Poi, però, «non si è fatto più nulla».
E oggi la città si ritrova a dover gestire le colonie. Roditori che squittiscono nel cuore del quartiere bohémien. Tra tavolini di locali alla moda e bancarelle di cartomanti. Esercenti disperati. Turisti impauriti. L’Asl (l’azienda sanitaria locale) ha mandato una squadra a fare un sopralluogo. Così la proposta: un’ordinanza del sindaco Letizia Moratti per opere di manutenzione, potature di alberi e derattizzazioni periodiche, oltre a regole ferree sulla gestione dei rifiuti per i proprietari dei locali della zona. Ma Donadon non crede sarà abbastanza. «Sono animali intelligenti. Non basta mettere due trappole per debellarli». Anche perché loro sono tanti: almeno dieci per ogni abitante. Per un totale di oltre 13 milioni solo a Milano. «Ma si potrebbe arrivare anche a 15 milioni». E allora si cerca di capire il perché di questa nuova diffusione. «Il periodo non gioca a favore. Fa caldo e i ratti tendono a saltare fuori proprio d’estate». Un’altra possibilità è che siano usciti allo scoperto a causa dei cantieri. «Quando si smuove molto il terreno, gli animali devono allontanarsi, cambiare luoghi. E fare nuove tane. È già successo». Dove? «Ad Amsterdam. Quando hanno scavato la nuova metropolitana c’è stato l’inferno». In Olanda ha mischiato le esche con la farina di salmone, Nutella e vaniglia. L’emergenza è stata gestita, il problema risolto, almeno per il momento. «È impossibile ucciderli tutti, ma il modo migliore è cercare di gestirli. Prima o poi tornano».
La sua è una missione. «I topi portano malattie. E anche gravi. È importante combatterli». Cerca di sconfiggerli prendendoli per la gola. Per ogni ratto c’è una ricetta. Dal deserto alla città. Un topo di Parigi non mangerà mai gli scarti amati dagli spagnoli. E viceversa. Così per quelli tedeschi prepara bocconcini con il 40 per cento di carne di maiale. A quelli cileni, invece, serve farina di pesce. E per gli americani i resti di fast food sono d’obbligo. Poi la «pietanza» viene mischiata con il veleno. «Le nostre sostanze non uccidono i roditori nell’immediato, ma nel giro di quattro giorni. Così non si accorgono del pericolo e non danno l’allarme ai loro simili che continuano a mangiare». Il tutto è preparato nella sua azienda: la Mayer Braun Deutschland («un nome tedesco è più credibile»), in provincia di Treviso. Fondata oltre 30 anni fa, può contare su 75 dipendenti, 17 mila punti vendita in diversi Paesi e oltre 20 milioni di euro di fatturato. E una fama globale.
Già perché le chiamate arrivano proprio da tutto il mondo. L’ultimo a richiedere i suoi servizi è stato il leader libico Muammar Gheddafi. «Ha stanziato 180 milioni di euro per liberarsi dei topi del deserto». A loro ha dato da mangiare esche aromatizzate con spezie ed erbe selvatiche locali. «Ma a Milano è meglio il panettone. Se mi richiameranno è questo il consiglio che darò alla Moratti e a De Corato».
Benedetta Argentieri