GIORDANO STABILE, La Stampa 27/8/2010, pagina 16, 27 agosto 2010
Messico, gli anti-narcos marciano con El Blogger - La testa del poliziotto, mozzata dal collo e infilzata su una barra di alluminio, sporge dal tettuccio aperto del suo fuoristrada posteggiato alla periferia ovest di Ciudad Juárez
Messico, gli anti-narcos marciano con El Blogger - La testa del poliziotto, mozzata dal collo e infilzata su una barra di alluminio, sporge dal tettuccio aperto del suo fuoristrada posteggiato alla periferia ovest di Ciudad Juárez. Nella sequenza di immagini postate su Internet il fotografo ha avvicinato sempre più l’obbiettivo. Il volto è di un giovane, i capelli tagliati cortissimi, appena una macchia di sangue sulla guancia destra, gli occhi chiusi come se dormisse. Poi l’obbiettivo si sposta sul parabrezza. C’è un biglietto, sotto il tergicristalli, scritto a stampatello: «Ucciso per aver appoggiato El Chapo». La punizione per essere stato corrotto, sì, ma dalla banda sbagliata. Sono scene quotidiane, nel Messico della guerra civile tra narcos e Stato. Scene che da quattro mesi vanno «in onda», in presa diretta, scioccante, sul «Blog del Narco». Non avrà la potenza di fuoco di Wikileaks, ma il sito comincia a dare fastidio. Lo cura un misterioso studente. Dice di lavorarci «quattro ore al giorno», nei ritagli di tempo che gli lascia la tesi in sicurezza informatica da discutere a breve. Pubblica ogni giorno foto di corpi mutilati, video che smascherano la complicità della polizia collusa con i cartelli. Avverte i cittadini degli scontri a fuoco in arrivo, dialoga con ottomila fan che lo seguono su Facebook. La giornata di ieri era dedicata - oltre che all’agente federale decapitato - ai 72 migranti, brasiliani, ecuadoriani e salvadoregni, massacrati a San Fernando, nel Nord, mentre cercavano di raggiungere il confine con gli Stati Uniti. «Volevano che lavorassimo per loro - ha raccontato ieri l’unico superstite -. Ci avrebbero offerto 2.000 dollari al mese. Abbiamo rifiutato. Ci hanno tirati giù dai camion e fucilati». Sul blog nessuna esclusiva, in questo caso, perché il ragazzo, aiutato saltuariamente solo da un amico, non può sfornare due «servizi» al giorno. C’è la foto dell’unico superstite all’ospedale, il giovane che ha condotto i marines messicani al ranch maledetto, roccaforte degli Zetas, i rivali del Chapo, dove erano stati seppelliti i corpi. E il video dall’elicottero militare che ha ripreso dall’alto la fattoria. Lo stile è spregiudicato. Immagini e notizie, quando il blogger non riesce a raggiungere il posto, sono rubate senza inibizioni da altri siti. Ma anche il suo viene saccheggiato dai media. La crescita del «Blog del Narco» è stata impressionante. Nel giro di quattro mesi i contatti sono esplosi fino a tre milioni alla settimana. Sono le «dirette» a fare la differenza. Il ragazzo ha evidentemente fonti interne ai narcos, ha avvertito più di una volta gli abitanti di un quartiere di Ciudad Juárez che stava per esserci una sparatoria. Arriva per primo sul luogo dei massacri, scatta le foto più raccapriccianti. Corre anche rischi grossi. Ha ricevuto minacce da una figlia di un boss perché ha pubblicato le immagini della sua festa di compleanno. Qualcuno, anche sul sito, lo accusa di far pubblicità ai boss, che si vantano e godono della loro stessa crudeltà. «El Blogger» si muove al confine del diritto di cronaca, sulla frontiera più pericolosa del mondo. Il ranch Una vista dall’alto della fattoria dove sono stati ritrovati i 72 cadaveri.L’omicidio Un altro servizio: le foto scattate sul luogo dell’omicidio di un poliziotto.