ENRICO MARTINET, La Stampa 27/8/2010, pagina 12, 27 agosto 2010
La minaccia del lago nascosto sul Bianco - Vedi trivelle, uomini, elicotteri e il candore del ghiacciaio
La minaccia del lago nascosto sul Bianco - Vedi trivelle, uomini, elicotteri e il candore del ghiacciaio. Sono in 15 lassù, a 3200 metri, ai piedi del versante francese del Monte Bianco. Lavorano per scongiurare la minaccia d’acqua, un lago di 65 mila metri cubi nascosto a 70 metri di profondità, sotto il ghiacciaio della Tête Rousse. Acqua sotto pressione che può aprirsi un varco nella «diga» di gelo e raggiungere duemila metri più in basso Saint-Gervais-Les-Bains, quasi seimila abitanti in quattro grandi frazioni. E’ già accaduto nel 1892: le vittime furono 175 e i paesi vennero devastati dall’alluvione anomala. E dal 1907 c’è una «galerie de surveillance», un tunnel che in molti tratti bisogna fare a carponi per raggiungere quel ghiacciaio attaccato alle pendici rocciose dell’Aiguille du Goûter e assicurarsi che non si riempia d’acqua, segno di pericolo. Quella «galerie» secondo lo Stato francese avrebbe dovuto scomparire nel 2007. E il sindaco di Saint-Gervais, Jean-Marc Peillex cominciò la sua battaglia. Anzi, una delle due «cocciute resistenze» come dicevano in molti. Due anni fa contro lo Stato che assicurava la «non necessità di continuare la sorveglianza perché il ghiacciaio non doveva più essere sorvegliato» e quest’anno contro albergatori e commercianti che con forza gli intimarono di lasciar perdere, di rimandare qualsiasi intervento a settembre per non rovinare gli affari della stagione. Peillex non ha sentito ragioni: «Pazienza, prima pensiamo a evitare un disastro, altro che affari. Non credo ci sia molto da pensarci se in ballo c’è la vita anche di una sola persona». Nel 2007 scrisse al dipartimento della sicurezza del territorio di montagna senza tanti giri di parole: «Io devo proteggere la mia gente, non sono uno scienziato, non so se ci sia o meno ancora pericolo. Provatemi con degli studi che il pericolo è passato». Oggi il sindaco ricorda: «Diciamo che la mia lettera non fu molto apprezzata». Arrivarono però gli scienziati e cominciarono a esaminare ghiaccio e montagna. La galleria di sicurezza intanto venne mantenuta e l’anno scorso i primi studi diedero ragione alle insistenze di Peillex. Dice: «Mi dissero che avevano “visto” sotto il ghiaccio una massa che poteva essere acqua, oppure ghiaia, morena insomma. Non erano sicuri. Poi la sentenza che mi raggelò, era acqua. E tanta, almeno quanto quella della catastrofe di fine Ottocento». Da quel giorno il sindaco informò la sua gente e mise in piedi con l’aiuto di Stato e Prefettura un imponente piano di protezione civile. «Bisognava fare in fretta - dice -, perché l’acqua era sotto pressione e occorreva lavorare d’estate». Quel ghiacciaio sulla «Voie royale» per salire in vetta al Bianco, cioè quella seguita dai pionieri Paccard e Balmat nel 1786, è a rischio valanghe. «Oltre ad essere in alta quota - spiega il sindaco - quindi già adesso soggetta a continue gelate, esiste il rischio delle valanghe con le prime nevicate. Dobbiamo finire tutto entro la prima metà di ottobre». Costo preventivato per eliminare il pericolo di crollo, due milioni di euro. Un lago da prosciugare in un mese e mezzo. Ieri la prima trivella ha raggiunto l’acqua e ha cominciato a pompare a circa 300 metri di distanza, sul ghiacciaio di Bionassay, 25 metri cubi d’acqua all’ora, poi 50 e alla fine di questa settimana si aggiungeranno altre pompe che toglieranno 80 metri cubi all’ora. Mentre l’acqua defluiva fra i seracchi del Bionassay, a metà pomeriggio l’urlo delle sirene d’allarme ha raggiunto le vie di Saint-Gervais. Ma Peillex non è soddisfatto: «Bisogna tararle ancora». Sono dappertutto, su ogni crinale roccioso, vicino a ogni frazione. Gli abitanti sono bombardati da avvisi comunali da luglio. Sanno ora e giorno di ogni prova di sirena e sgombero delle loro case. Hanno cartine del loro territorio diviso a seconda del rischio. Sanno come raggiungere i luoghi sicuri, in caso di allerta. Peillex ha fretta, continua a ripeterlo. «Lassù - dice - quegli uomini non badano al tempo, non devono stare nelle 36 ore settimanali. Abbiamo trasportato lassù anche gruppi elettrogeni perché le pompe non si fermino. Speriamo vada tutto come deve. Sa, gli esperti mi hanno detto che potrebbero esserci altri laghi più piccolo sotto il ghiaccio. Il guaio è che nonostante l’alta tecnologia impiegata non si possono individuare masse d’acqua inferiori ai diecimila metri cubi. E di certo ce n’è. Speriamo siano insomma comunicanti. Così prosciugato il lago “padre” eliminiamo anche i suoi “figli”». Macugnaga Lo chiamarono «lago Effimero». Si formò nel 2001 ai piedi dell’himalaiana parete Est del Monte Rosa nella biforcazione del ghiacciaio Belvedere. Un lago di 150 mila metri quadri con un volume di 3 milioni di metri cubi. Nel 2002 la diga di ghiaccio diede segni di cedimento mettendo a rischio il villaggio walser di Macugnaga. Da luglio a ottobre fu pompata acqua riducendo il volume di 150 mila metri cubi.Rocciamelone Si trova al confine tra Piemonte e Savoia e si chiama «Lago tra le nuvole». È a 3200 metri, 300 sotto la vetta del Rocciamelone. Il lago era sbarrato da un lembo glaciale e minacciava i paesi del versante francese. Dopo un sopralluogo fu deciso l’intervento: tra l’autunno 2004 e l’estate del 2005 la conca fu svuotata con dei sifoni, poi con esplosivo e motoseghe fu scavato un canale di deflusso nel ghiaccio.