Mattia Feltri, La Stampa 27/8/2010, pagina 9, 27 agosto 2010
“Berlinguer ti voglio bene” (anche a destra) - Lo prenderebbero in braccio, fosse ancora vivo. Il fascino che Enrico Berlinguer esercita sui destri ha contagiato anche il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che mercoledì al Meeting ha detto: «E’ utile rileggere gli scritti sull’austerity» dell’ex segretario del Partito comunista, perché sono una base per le politiche di riduzione di bilancio
“Berlinguer ti voglio bene” (anche a destra) - Lo prenderebbero in braccio, fosse ancora vivo. Il fascino che Enrico Berlinguer esercita sui destri ha contagiato anche il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che mercoledì al Meeting ha detto: «E’ utile rileggere gli scritti sull’austerity» dell’ex segretario del Partito comunista, perché sono una base per le politiche di riduzione di bilancio. E’ chiaramente un storia antica. L’arrivo contrito del gran capo del Movimento sociale, Giorgio Almirante, ai funerali del vecchio rivale (1984), è una figurina preziosa della Prima repubblica. Ma il bipolarismo moderno ha poi impedito la riconciliazione fra gli avversari novecenteschi, e fra i loro figli. «Ora vogliono canonizzare Berlinguer», disse scocciato dieci anni fa Silvio Berlusconi. E fu per dispetto cha a Opera (provincia di Milano, giunta di centrodestra) nel 1996 si cancellò via Berlinguer, ribattezzata Italia ed evoluta a viale. Sul fronte toponomastico è stato il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, a concedere la riparazione: il suo ufficio sta studiando l’opportunità di una via Berlinguer; sarà anche la semplice contropartita di una via Almirante, ma sette anni di Francesco Rutelli e sette di Walter Veltroni passarono invano. E così, forse, qualcuno troverà strumentale alla battaglia recente il ripetuto richiamo del presidente della Camera, Gianfranco Fini, alla questione morale: «Non fu solo l’orgogliosa rivendicazione della presunta diversità comunista, fu anche la capacità di guardare in profondità alle dinamiche in atto nella politica italiana», disse al venticinquesimo della morte di Berlinguer e in un paio d’altre occasioni. Poi, però, c’è una tensione istituzionale all’ecumenismo che è particolarmente viva in Renato Schifani, presidente del Senato: «Nel suo ultimo discorso dedicò un passaggio significativo alla libertà e alla democrazia come valori assoluti, per il cui perseguimento il Partito comunista si batteva non soltanto a beneficio proprio e del campo progressista, ma a beneficio di tutti», disse in un passaggio supercaloroso. Semmai qualche paradossale imbarazzo si nota a sinistra. E fu Francesco Cossiga, lo scorso novembre, a rattristarsi perché, appena eletto segretario del Pd, Pier Luigi Bersani pronunciò una relazione in cui mancavano «i miei compagni di scuola del liceo-ginnasio Azuni di Sassari», e cioè Berlinguer e Palmiro Togliatti. Lo stesso Bersani, del resto, due anni prima e in nome della modernità si era augurato l’esclusione di Berlinguer dal Pantheon del Pd. In fondo però il motivo è lo stesso, la modernità, se Maurizio Gasparri rende sinceramente «omaggio ad un militante, a un protagonista della vita politica italiana». La sua morte commuove ancora oggi, disse lo scorso anno, e ancora oggi sono attuali «alcune posizioni coraggiose». E per tornare su Alemanno (evidente prosecutore delle politiche conciliatorie del Campidoglio veltroniano), suo è questo elogio: «Enrico Berlinguer fu un grande leader popolare». E qui vien fuori lo storico militante della destra sociale, ammirato dall’invito «alla sobrietà, all’austerità come stile di vita contro il consumismo». A Tremonti piacciono le ricette economiche, a Fini quelle morali, ad Alemanno quelle sociali, a Sandro Bondi piace (e sottolineò) il rigore etico che avrebbe fatto di Berlinguer un eccellente garantista: «Sì, anche se la questione morale ha rappresentato una parte fondamentale del carburante di Tangentopoli, sono persuaso che con Berlinguer un processo come quello contro Andreotti non sarebbe stato possibile». Perché? Perché «il male, la perversione della sinistra italiana ha inizio dopo la morte di Berlinguer». E avanti così, ognuno si piglia quello che più gli garba, che oggi anche a destra è nobile e bello dire «Berlinguer ti voglio bene».