Marco Bellinazzo, Il Sole 24 Ore 27/8/2010, 27 agosto 2010
UNA PASSIONE DA 2,5 MILIARDI ALL’ANNO
Due milardi e mezzo, euro più euro meno. A tanto ammonta il giro d’affari "ufficiale" del tifo. Un bilancio minimo che si può ricavare mettendo insieme le spese per gli abbonamenti televisivi o per lo stadio, costo dei biglietti, acquisto di casacche griffate del team e di altri prodotti del merchandising.
Conti che, a detta degli esperti del settore sport & business, non possono contemplare l’indotto, vale a dire i frutti in nero della contraffazione, l’introito delle trasferte (quelle collettive negli ultimi anni sono state scoraggiate se non osteggiate dal Viminale). E che non includono, per forza di cose, i quattrini incassati illecitamente dalle organizzazioni criminali che in questi anni si sono infiltrate nelle curve, come testimoniano le inchieste e i processi avviati in tutta Italia (nella Procura di Napoli è stato addirittura istituito un pool di magistrati per contrastare il fenomeno dei reati da stadio).
Tornando al giro d’affari del tifo ufficiale StageUp e Ipsos recentemente hanno calcolato che da ogni singolo tifoso i club di serie A incassano mediamente 57 euro a stagione. Il fatturato complessivo delle venti società della massima serie (al netto delle plusvalenze) si aggira infatti su 1,5 miliardi di euro. Cifra che va suddivisa per i circa 26,3 milioni di supporter attribuibili a queste squadre.
Al di là di quello che finisce nelle casse delle società, tuttavia, per stabilire quanto vale il tifo va preso in considerazione soprattutto quanti soldi ogni anno la febbre del pallone sottrae alle tasche degli appassionati per guardare le partite in tv.
I ricavi della serie A infatti derivano per quasi il 60% dalla vendita dei diritti televisivi, per meno del 20% dal botteghino e per la quota restante da marketing e sponsorizzazioni.
Se lo scorso anno sono stati 9,6 milioni gli spettatori che hanno affollato gli spalti di uno stadio per seguire dal vivo le 38 partite del campionato (compresi gli abbonati), si può stimare che fra i clienti delle pay tv (Sky, Mediaset premium e Dahlia) siano fra i cinque e i sei milioni i telespettatori-tifosi con una spesa procapite che mediamente oscilla fra 250 e 300 euro all’anno. Numeri che trovano conferma nell’audience media dei club di punta registrata nella scorsa stagione.
Aggiungendo ai soldi per l’abbonamento tv, la spesa per i tagliandi ( biglietti e abbonamenti valgono circa 200 milioni) e quella per il merchandising, dunque, si può stimare un volume d’affari annuale pari ad almeno 2,5 miliardi di euro.
Sempre secondo l’analisi di StageUp nel 2009 gli italiani interessati al massimo campionato di calcio hanno speso inoltre 32 euro a testa in scommesse.
Quanto alle tifoserie ultras il decreto Amato-Pisanu del 2007 ha cercato di spezzare il potere di ricatto che alcune hanno esercitato negli anni nei confronti delle società – abusando della responsabilità oggettiva – vietando sia l’ordinaria vendita di tagliandi, sia il canale delle erogazioni a prezzo agevolato o gratuito di biglietti e abbonamenti nei confronti di quei gruppi all’interno dei quali siano presenti soggetti destinatari di Daspo o comunque condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive. Si è tentato inoltre di togliere spazio al tifo violento bloccando le trasferte collettive, utili all’auto- finanziamento.
Restano aperti, come denunciato in più sedi, i rischi connessi alla penetrazione nelle curve di strutture criminali che prosperano sfruttando lo stadio come piazza di spaccio ovvero sfruttando la vendita di prodotti contraffatti.