Vittorio Carlini, Il Sole 24 Ore 27/8/2010, 27 agosto 2010
LA FED FA I CONTI CON UNA EXIT STRATEGY DI LUNGA DURATA
Proprio un anno fa, tra le montagne del Wyoming, Ben Bernanke professava ottimismo. Nel discorso di inaugurazione del convegno di Jackson Hole, organizzato dalla Fed di Kansas City, il presidente della Federal Reserve aveva detto: «La ripresa è vicina». Una fiducia contagiosa, tanto che gli investitori scommettevano sul rialzo dei tassi e sui tempi dell’exitstrategy. Adesso, dodici mesi dopo, il "mood" se non capovolto è cambiato.
Da un lato, pesano i tanti (troppi) distinguo alle scelte di Bernanke espressi dai vari presidenti delle Fed "locali". Critiche, di fatto, caratterizzate da un unico comune denominatore: i timori che una politica monetaria troppo espansiva ponga le basi per un’altra bolla, un’altra crisi. Dall’altro lato, rilevano gli ultimi dati macroeconomici che parlanodi una congiuntura Usa più difficile del previsto. Così, il mercato scommette che questo pomeriggio le parole di Mr. Fed, in avvio del nuovo simposio tra banchieri ed economisti, saranno diverse da quelle di un anno fa.
Per rendersene conto basta distogliere l’attenzione dalle valli vicino al parco di Yellowstone e concentrarsi sui più "freddi" terminali di trading per titoli di stato.
Ebbene, i numeri non lasciano dubbi: il rendimento del Treasury trentennale è al 3,57%; quello della scadenza a 10 anni viaggia sul 2,54% mentre il tre mesi è allo 0,16 per cento. Valori bassi, molto al di sotto di quelli di un anno fa quando il Treasury, in scadenza nel 2040, rendeva il 4,5% mentre il decennale offriva uno yield del 3,6 per cento. «Significa spiega Angelo Drusiani, esperto obbligazionario di Albertini Syz che gli operatori credono in un’economia debole, senza inflazione. Dove la probabilità di rialzo dei tassi è molto remota». Di conseguenza, comprano i bond governativi su scadenze lunghe «perché pensano che altri investitori faranno altrettanto. Alla fine, i rendimenti scendono ma salgono le quotazioni: il guadagno sarà realizzato in conto capitale, rivendendo i bond».
Certo,c’è l’ effetto fly-to-quality: il debito a stelle e strisce è sempre visto come un porto sicuro. Ma l’idea di fondo, come mostra anche il basso rendimento del Bund tedesco (2,16% del decennale), è che i banchieri centrali possano nuovamente accelerare sul sostegno all’economia:soprattutto negli Usa, dove la congiuntura è peggiorata.
Lo stesso andamento di Wall Street ne è l’indizio. È ben vero che, nel secondo trimestre 2010, su 484 società dell’S&P500, il 75% ha riportato utili al di sopra delle stime. Ma quei dati sembrano appartenere al passato, a un’economia "sussidiata" dagli aiuti statali.Venuti meno,avanzano le difficoltà nell’immobiliare e si fa strada una nuova crisi di fiducia: solo in agosto Wall Street ha perso oltre il 4 per cento.
«Così adesso - dice Marius Daheim, esperto di reddito fisso di Bayerische Landesbank - siamo in attesa delle parole di Bernanke. Molti prevedono che la Federal Reserve possa avviare un altro round di acquisto di asset ».
«Avendo già comprato titoli garantiti da mutui - fa da eco Marco Valli, economista di UniCredit c’è la probabilità che la banca centrale decida di avviare l’allentamento quantitativo direttamente sui titoli di stato».
Proprio questa strategia ha creato non poche discussioni all’interno della stessa Fed. La spaccatura, più che nelle votazioni (quasi sempre all’unanimità), è nei commenti dei presidenti delle 12 Riserve "nazionali" e dei consiglieri del Board di Washington.
Da una parte i più liberal, con impronta keynesiana; i sostenitori, nel breve periodo, di un deciso intervento della banca centrale per evitare la deflazione. Il loro campione? La presidentessa Janet Yellen del distretto di San Francisco. Dall’altra parte, invece, chi chiede "meno" Fed e non ama l’acquisto dei Trasury da parte della banca centrale: tra questi il capo del distretto di Philadelphia, Charles Plosser, e il padrone di casa a Jackson Hole. Quel Thomas Hoenig, presidente della "riserva" di Kansas City, secondo cui tassi così bassi e liquidità troppo facile daranno vita a un surriscaldamento eccessivo della congiuntura.
In un simile contesto, tra i monti del Wyoming, Bernanke cercherà anche i consigli di Jean Claude Trichet. Il presidente della Bce, negli ultimi giorni, sembra avere un po’ meno problemi: ieri l’euro ha rialzato la testa contro il dollaro, lo yen e il franco svizzero. Motivo? Una presunta maggiore solidità europea. Ma con mercati così volatili la solidità, il giorno dopo, sparisce.