Marco Ponti, il Fatto Quotidiano 27/8/2010, 27 agosto 2010
FS, A CHI SERVE LA CONCORRENZA
IIl vivacissimo amministratore delegato di FS, ingegner Mauro Moretti, intervenendo nella sua natia Rimini al festival di CL, ha sottolineato che in Italia si favoriscono troppo i concorrenti di FS e che non vi è reciprocità con altri Paesi europei. Vediamo più da vicino il punto. La concorrenza ferroviaria europea, san-cita da un atto della Commissione addirittura 20 anni fa, è una barzelletta: di treni in concorrenza a tutt’oggi ce ne sono pochissimi, se non in Inghilterra, che si è mossa però per conto suo prima che la normativa europea fosse cogente.
PERCHÉ? Per la ragione più semplice e più ipocrita: essendo le ferrovie europee per lo più pubbliche, ogni Stato protegge le proprie con mille cavilli, e nessuno protesta. Il sistema costa caro ai contribuenti, nell’ordine dei 25 miliardi all’anno, e i risultati di questo fiume di sussidi non si vedono: il modo ferroviario è fermo a circa il 10 per cento delle merci e dei passeggeri movimentati via terra (ma meno del 5 per cento in termini di fatturato, elemento indicativo del livello dei sussidi). Qualche timido risultato si è avuto dalla competizione in Germania per i trasporti locali, e in Inghilterra per il totale dei passeggeri trasportati, molto cresciuti nonostante le non innocenti leggende fatte circolare sulla ridotta sicurezza del sistema. L’Alta Velocità in Europa ha avuto successi a macchia di leopardo, ma con altissimi costi per i contribuenti (massimi in Italia, come è noto). Vediamo appunto l’Italia. Moretti ha ragione nel dire che la nostra normativa è più aperta di altre alla concorrenza, ma i numeri non confermano una situazione di vera concorrenza: il fatturato di FS si aggira sul 90 per cento del totale del settore. Vedremo in futuro. Le cause non stanno nella normativa, ma nella volontà politica: se un soggetto “nuovo entrante” deve far concorrenza al monopolista, ha ostacoli rilevantissimi. Innanzitutto non sa nulla di quel mercato, deve affrontare investimenti ex-novo (le tecnologie non sono identiche), deve tener conto che la rete su cui correranno i suoi treni appartiene alla concorrenza (e così le stazioni, i depositi ecc.). Formalmente, Trenitalia è separata dalla RFI (la rete), ma appartengono tutte e due al 100 per cento allo Stato, e Moretti governa entrambe. Se non vi sono forti segnali politici pro-concorrenza, è molto difficile l’ingresso di nuovi attori significativi.
PER IL CASO di Luca Cordero di Montezemolo e NTV (alta velocità in concorrenza, con forte presenza francese) questi segnali ci sono stati, ma solo parzialmente: quei treni correranno comunque sulla rete del loro concorrente, e per questo ci sono rischi di “spartizione del mercato” (richiesta tra l’altro a Sarkozy da Berlusconi). Ma il punto principale della questione è un altro: cosa hanno da perdere gli italiani dall’arrivo della concorrenza? L’argomento dei difensori dei “campioni nazionali” (tra cui ci sarebbe FS) è la mancanza di reciprocità: FS ha molti più ostacoli a concorrere in Francia o in Germania che viceversa. E i tedeschi e i francesi a casa loro sono sussidiati, e grazie a quei sussidi “aggrediscono” una nostra impresa. Bene, si accomodino: se ci aggrediscono con successo vuol dire che offrono tariffe inferiori e/o servizi migliori. Chi paga? I contribuenti francesi e tedeschi, che con le loro tasse sussidiano le loro società ferroviarie che competono da noi. Un unico argomento a difesa del campione nazionale sarebbe la difesa del suo bagaglio di know-how tecnologico: ma FS mica produce treni o infrastrutture, fornisce un servizio (a volte di qualità non eccelsa). Se altri son capaci di far meglio, avremo solo da imparare (come il settore aereo ha imparato, obtorto collo, dalle compagnie low cost, con gran beneficio dei viaggiatori).
PIUTTOSTO, l’ingegner Moretti potrebbe spingere su un altro tasto, assai più delicato in termini di consenso politico, ma molto più rilevante: la misura della socialità di moltissimi servizi, merci e passeggeri. La decisione su cosa e quanto sussidiare è certo politica, e tale deve restare, ma dovrebbe basarsi su accurate analisi socioeconomiche, che solo FS è in grado di fare. Un treno pieno di pendolari, ancheconlebassissimetariffeitaliane,habisognodipochisussidi,edèsocialmente molto utile, soprattutto perché sottrae traffico alla strada nelle aree congestionate. Ma un treno vuoto in una valle dove c’è un’ottima viabilità, a cosa serve? Anche in termini strettamente ambientali i conti non tornano, e per un ordine di grandezza. Considerazioni analoghe si possono fare sui carri merci isolati, che hanno effetti ambientali trascurabili ma costi pubblici altissimi (ma qui Moretti ha mostrato più coraggio). Per concludere: occorre al più presto separare davvero rete e servizi (non solo contabilmente), e costituire una Autorità indipendente anche per i trasporti, per difendere un po’ meglio utenti e contribuenti, come da anni raccomanda invano anche l’Antitrust. Lamentarsi di troppa concorrenza da parte di chi ha ancora il 90 per cento del mercato suona un po’ come lamentarsi di troppa libertà di stampa in Italia. Anche se Moretti ha il dovere di difendere l’azienda che dirige, come scriveva Adamo Smith, in realtà gli imprenditori odiano la concorrenza.