Note: [1] Il Post.it 26/5; [2] Gabriele Romagnoli, la Repubblica 15/8; [3] Fra. Sem., La Stampa 4/8; [4] Massimo Gaggi, Corriere della Sera 15/8; [5] Francesco Semprini, La Stampa 19/8; [6] Monica Ricci Sargentini, Corriere della Sera 4/8; [7] Federico Ra, 27 agosto 2010
Il progetto di costruire un centro culturale islamico vicino a Ground Zero è stato approvato dal consiglio comunale di New York a fine maggio
Il progetto di costruire un centro culturale islamico vicino a Ground Zero è stato approvato dal consiglio comunale di New York a fine maggio. Il centro sarà alto tredici piani, e, oltre a una moschea, prevede la realizzazione di impianti sportivi, piscine, un teatro. L’iniziativa è nata dall’imam Feisal Abdul Rauf, a supervisionarlo sarà «un’organizzazione chiamata Società americana per l’avanzamento musulmano, diretta dalla moglie dell’imam Daisy Khan, che ha spiegato che “non ospiterà attività per soli musulmani, ma per chiunque”. Il centro si chiamerà Cordoba House e costerà 100 milioni di dollari». In passato l’iman Rauf avrebbe fatto sermoni in cui negava fossero stati dei musulmani ad attaccare le Torri gemelle. [1] La futura moschea non sarà a Ground Zero come spesso viene riportato, ma poco lontano. Gabriele Romagnoli: «Non occorre fare molta strada dal cratere. Ci si lascia alle spalle sia la chiesa di Saint Paul che il museo dedicato alle vittime dell’Olocausto, si svolta a Park Place, all’altezza del supermercato gestito dalla congregazione degli Amish, per dire che se si dovesse indicare un luogo simbolo del melting pot religioso sarebbe difficile trovarne uno più efficace in tutto il pianeta». [2] Nell’edificio si tengono già funzioni religiose musulmane. Nel 2001 c’era un negozio di abbigliamento, il Burlington Coat Factory. Fu venduto nel 2009 per 4 milioni e 850mila dollari alla Soho Properties, società controllata, tra gli altri, anche da Rauf. L’imam è guida religiosa di un’altra moschea, a Tribeca, chiamata Masjid al farh. «Non è certo il tipo di leader religioso che incendia le masse alla preghiera del venerdì. È un tranquillo predicatore». [2] Il 3 agosto la New York City Preservation Commission si è rifiutata di conferire lo status di monumento alla palazzina della metà dell’800 che dovrebbe essere buttata giù per far posto alla nuova struttura: un altro ostacolo verso la costruzione del centro è stato così rimosso. Francesco Semprini: «Al verdetto la sala si è spaccata tra gli applausi dei sostenitori, e gli oppositori che hanno protestato al grido di “Vergogna” e mostrando cartelli con scritto “Non glorificate l’omicidio di 3000 persone. Non permettete alla moschea di vincere”». [3] Il terreno è privato e possiede tutte le autorizzazioni necessarie. «Bloccare il centro sarebbe un atto illegittimo e discriminante». [4] La moschea ha scatenato un grande dibattito. Il fronte di chi si oppone comprende due componenti molto diverse: «Quelli che ne fanno una questione di opportunità (costruite le vostre moschee altrove, non all’ombra di Ground Zero) e quelli che luoghi di culto musulmani proprio non ne vogliono. Molti parenti delle vittime dell’11 settembre non osteggiano la moschea, anche perché già oggi ce ne sono due a poca distanza (una a cinque, l’altra a dieci isolati) che nessuno ha mai contestato». [4] «Dalla parte degli oppositori ci sono repubblicani come l’ex presidente della Camera dei Rappresentanti Newt Gingrich, paladino dei movimenti Tea Parties, e l’ex governatrice dell’Alaska, Sarah Palin, ma anche il consigliere dell’ex presidente Bush Karl Rove. E anche alcuni democratici come Paterson o il capogruppo al Senato Harry Reid, un mormone del Nevada». [5] Monica Ricci Sargentini: «La battaglia ricorda quella degli anni ’80 contro un convento di carmelitane sorto vicino al campo di concentramento di Auschwitz. Il convento fu poi chiuso nel 1993 per volere di Giovanni Paolo II». [6] A sostegno del progetto non si sono schierati solo musulmani, ma anche rappresentanti di altre fedi come il reverendo Robert Chase. Daisy Khan ha detto che il consiglio direttivo sarà composto da persone di diverse religioni e potrebbe essere realizzata una cappella interreligiosa all’interno del centro. [3] Il sindaco di New York Bloomberg si è schierato a favore: «Vietarla sarebbe incoerente con la parte migliore di noi stessi. Non è un modo per onorare le vittime dell’11 settembre. I poliziotti e vigili del fuoco che accorsero verso i grattacieli in fiamme, non si chiesero di che religione erano gli esseri umani là dentro». Secondo Rampini la sua scelta avrebbe anche radici biografiche: «Nella sua infanzia i genitori dovettero ingaggiare un avvocato cristiano come prestanome per poter comprare casa, tanto erano discriminati gli ebrei. Ha anche una preoccupazione politica. Amministra una metropoli con 100 moschee e una comunità islamica di 700.000 persone, oltre un decimo di tutti i musulmani che vivono in America». [7] Abraham Foxman, direttore dell’Anti Defamation League (Adl, principale organizzazione ebraica americana contro il razzismo e l’antisemitismo): «È il posto sbagliato. Chi è sopravvissuto all’Olocausto ha diritto ad avere reazioni irrazionali e lo stesso vale per le vittime dell’11 settembre». [6] Zakaria Fareed, direttore dell’edizione internazionale di Newsweek e columnist del Washington Post, ha riconsegnato un premio avuto dalla Adl: «Occorre chiedersi se Foxman sia convinto che il pregiudizio e l’intolleranza diventino accettabili se espressi dalle vittime. Il dolore dei palestinesi, allora, giustifica il loro antisemitismo?». [8] «Questa è l’America, un luogo in cui l’impegno comune per la tutela di una libertà fondamentale come quella religiosa deve essere indiscutibile. Genti di tutte le fedi sono benvenute in questo Paese e non avranno trattamenti differenziati dal governo. È fondamentale, è un principio che definisce quello che siamo». Con queste motivazioni Obama si è schierato a favore della costruzione della moschea. «Nelle settimane il suo portavoce, Robert Gibbs, tagliava corto: “La questione riguarda la città di New York”. Poi la controversia si è inasprita. Così venerdì sera (il 13 agosto, ndr), celebrando alla Casa Bianca l’inizio del Ramadan, il presidente ha rotto gli indugi esprimendo il suo pieno appoggio al progetto. Una sortita inevitabilmente destinata a peggiorare nell’immediato il già basso livello di consenso di cui gode». [4] Già il giorno dopo, però, Obama ha fatto una parziale marcia indietro, ribadendo il diritto alla costruzione della moschea ma precisando di non essersi espresso «sul buon senso di una simile decisione». [9] Christian Rocca: «Obama ha fatto un grandioso discorso di apertura culturale, di tolleranza religiosa e di rispetto del diritto a costruire la moschea, ma il giorno dopo ha precisato di non aver approvato il progetto. [10] Per il politologo Larry J. Sabato quello di Obama sarebbe un «suicidio elettorale». [11] «Obama ripudia la prudenza tattica, fa della moschea un test dei valori su cui è fondata l’America». [7] Vittorio Zucconi: «Obama avrebbe potuto ricorrere al collaudato trucco politichese della “triangolazione” inventato da Bill Clinton: dire una cosa e fare l’opposto. Ma Obama non è Clinton. La sua è esclusivamente una religione civile, una fede nell’America della storia e della Costituzione come soltanto i cittadini di prima generazione, quale lui è, e di minoranza etnica che hanno conosciuto il sapore amaro della marginalizzazione, coltivano. [...] Obama si sente l’erede e il custode di una storia che comincia con Thomas Jefferson duecentoventi anni or sono, quando il padre della democrazia americana e della separazione fra Stato e Chiesa s’intratteneva con religiosi mussulmani». [12]