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 2010  agosto 26 Giovedì calendario

CAMBIARE LA MANO


Doppia recessione. Gli economisti, pieni di immaginazione come sono, paragonano a lettere dell’alfabeto la forma della crisi. Hanno poco da perdere, il loro stipendio è assicurato: possono scherzarci sopra. Così si servono di una V per indicare la recessione semplice, con ripresa immediata dopo la fase recessiva e di una doppia VV per indicare una prima caduta, seguita da una ripresa e da una seconda caduta, cui non potrà che seguire - così va il mondo - una seconda ripresa. Ostentano fiducia nel fatto che il gran disegno della mano invisibile non sia una L maiuscola che starebbe a significare che al crollo dell’economia tiene dietro una stagnazione, non una ripresa.
Negli ultimi giorni si è manifestato con un segnale preoccupante: il dato relativo al mercato delle case negli Stati uniti, in vertiginosa caduta e tutti, nella corporazione, si lamentano: «La ripresa era solo un’illusione», titola di qui un editoriale e risponde di là un vistoso titolo in prima pagina: «Timori di crisi, vola lo yen»: Si può anche capire: meno case vogliono dire meno attività industriali e di servizi legate al ciclo edilizio. E ieri arriva la conferma: luglio mostra il minimo mensile per le nuove case da quando, quarantasette anni fa, si è cominciato a contarle. Per motivi reali e ancor più simbolici, il mercato edilizio in Usa è messo al centro dell’economia in Europa. Il ricordo che il disastro degli ultimi anni sia partito dai mutui subprime finiti ora in un angolo per la diminuita propensione degli americani a comprare case senza soldi, finisce per essere letto all’incontrario. Che faremosenza la finanza creativa degli americani? L’Europa senza la locomotiva?
La L temuta da Mario Deaglio della Stampa - crollo e poi stagnazione - non sarà motivo di gaudio, ma sarà sempre meglio dell’esito, possibile o probabile, per la nostra economia che potrebbe andare incontro, tanto per festeggiare i centocinquanta anni dalla fondazione, a una serie crollo-stagnazione-crollo. Un ciclo che raffigurabile con un «quattro» scritto all’antica. Dopo la caduta e all’andamento raso terra dell’ultimo periodo, una nuova caduta sarebbe un guaio.
Per evitarlo Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria ha una sua strategia: poichè il vero pericolo è la caduta di produttività nei confronti dei paesi concorrenti, allora occorre «lavorare di più». E spiega ai ciellini di Rimini che sono le relazioni sindacali «che devono cambiare» per consentire che in Italia si lavori di più per meno. Il governo dal canto suo, meritevole com’è, deve insistere e completare il programma. Che Marcegaglia, a parte i brevi malintesi dei mesi scorsi, apprezzi il governo è del tutto comprensibile. Governo e Confindustria sono entrambi espressione di classe, della stessa classe. Cos’ lei recita a Rimini, «basta con la lotta di classe». «Non ce la possimao permettere», aggiunge Tremonti. Sono per le grandi opere e per le piccole pensioni, per la spesa militare e il disinteresse ambientale. Pensano che il loro ruolo sia di sconfiggere i lavoratori, altrimenti Marchionne non ci sta; e poi venire a patti con la finanza e le banche.
Finanza internazionale, banche, governi di destra hanno causato o accompagnato la caduta in recessione dell’economia. Logica vorrebbe che si cambiasse la mano.