Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  agosto 26 Giovedì calendario

TERRE IN VISTA - È

il 1610. Johannes Kepler indirizza una lunga lettera a Galileo Galilei, subito pubblicata a Praga con il titolo Dissertatio cum Nuncio Sidereo. «E che dunque, tu mi dirai, se vi sono in cielo globi simili alla nostra Terra, forse che stiamo per venire in gara con essi, per sapere chi tenga il posto migliore dell’Universo?», scrive lo scienziato tedesco allo scienziato italiano, entrambi travolti e ammaliati da quella Rivoluzione Copernicana che il mondo faticava ad accettare. Una volta capito che la Terra non è al centro di tutto, un sospetto sorge spontaneo: quanti altri mondi abitati ci saranno? Nella lettera,Kepler –o Keplero che dir si voglia – non nasconde di sospettare la presenza di esseri viventi su Giove. Anzi, perfino sulla Luna.
È il 2010. Esattamente quattrocento anni sono passati, senza che la scienza sia mai riuscita a rispondere a quella meravigliosa domanda. Ma oggi, finalmente, Kepler ci manda a dire che in questa galassia di periferia chiamata Via Lattea, i pianeti che orbitano intorno alle stelle – oltre 200 miliardi di stelle – non sono una casualità del sistema solare. Ce ne sono in abbondanza.
In orbita da un anno e mezzo, il satellite Kepler della Nasa tiene sotto osservazione 145mila stelle con degli speciali fotometri, al fine di rilevare il leggerissimo cambiamento di frequenza provocato dal passaggio di un pianeta davanti a loro. «Siamo in grado di calcolare le loro dimensioni e la loro orbita», dice Dimitar Sasselov, un astronomo che lavora al progetto.
A metà giugno, sulla base di 43 giorni di osservazioni, il satellite aveva già individuato 706 possibili exopianeti, pianeti al di fuori del sistema solare. La Nasa li definisce «possibili» perché, dietro a quelle misurazioni, potrebbero celarsi altri fenomeni, come un sistema solare binario, con due stelle. Ma in maggioranza, sono comunque pianeti. Certo, non è la prima volta che la scienza rivela la presenza di exopianeti: negli ultimi quindici anni la ricerca di altre Terre ha portato a decine di scoperte. Ma non certo con l’abbondanza annunciata da Kepler. Né con una saliente caratteristica. «Fino a ieri – spiega Sasselov – era stata trovata una prevalenza di pianeti delle dimensioni di Giove» (che ha un volume 1.321 vol-te quello della Terra) e quindi teoricamente inospitali alla vita. «Con Kepler invece, stiamo scoprendo una maggioranza di pianeti di dimensioni simili al nostro».
Ma non è finita qui.
Proprio oggi, alle 22 ore italiane, la Nasa ha convocato una conferenza stampa (anche in webcast) per annunciare le scoperte che giungono fresche fresche da Kepler. «Un intrigante sistema planetario», si limita ad anticipare l’agenzia spaziale, nell’invito ai giornalisti.
Per essere davvero "intrigante" – quindi capace di replicare le condizioni del nostro – un sistema solare deve avere parecchi requisiti: non bastano certo le dimensioni terrestri e la moderata gravità, a rendere un pianeta adatto alla chimica organica. Se l’orbita della Terra fosse più eccentrica di quella attuale; se l’asse di rotazione non fosse inclinato; se la rotazione avvenisse in 180 giorni invece che in 24 ore; se i mari occupassero il 10% della superficie, invece che il 70; se non ci fosse quel piccolo 0,039% di anidride carbonica nell’atmosfera, questo pianeta non sarebbe quel paradiso biologico che è.
Difatti,c’è chi crede che la Terra sia un fenomeno irripetibile. Nel libro Rare Earth , pubblicato dieci anni fa da Peter Ward e Donald Brownlee, si ipotizza che l’apparizione della vita multicellulare sia un evento irripetibile, perché basato su una serie di troppe circostanze geologiche e astrofisiche.
L’ipotesi della «Terra rara» si scontra con l’opposto «Principio della mediocrità» – anche chiamato Principio Copernicano – secondo il quale questo pianeta non è che un comune ammasso di roccia, in un comune sistema planetario, in un angolo qualsiasi di una galassia come tante. Lo scienziato e divulgatore Carl Sagan e l’astrofisico Frank Drake, direttore del progetto Seti e autore della celebre equazione che porta il suo nome (della quale parliamo più avanti) sono stati i maggiori propugnatori della mediocrità terrestre. «Chi tiene il posto migliore nell’universo?», si chiedeva Johannes Kepler, magari nel disperato tentativo di conciliare Copernico con le Scritture. Da allora, sono passati quattro secoli esatti e la sua domanda è sempre aperta. Ma il bello, è che la scienza di una specie intelligente, in un sistema solare di periferia, si è finalmente messa in cammino. La risposta è forse lontana. Ma anche un po’ più vicina.