Carlo Pizzati, Il Sole 24 Ore 26/8/2010, 26 agosto 2010
IL CERVELLO? È GIÀ ADATTO A INTERNET - A
ccendo il lettore digitale per leggere un libro la cui tesi è che leggere libri sui lettori digitali trasformerà tutti in un’orda di imbecilli. Dovrei offendermi perché secondo Nicholas Carr, autore di The Shallows: what the Internet is doing to our brains
(appena edito da Norton), leggere un e-book utilizzando gli ipertesti interrompe quel "pensiero profondo" nato con l’invenzione della scrittura. Carr sostiene che la nostra bulimia da informazione nutrita a cucchiaiate di Internet sta riorganizzando i neuroni del nostro cervello. E ci sta rendendo più stupidi.
Controllo allora che la connessione wi-fi del lettore sia spenta e mi limito a voltare le pagine digitali premendo un pulsante, fermandomi ogni tanto a evidenziare ciò che m’interessa con un clic. La tesi di Carr è che stiamo perdendo la nostra capacità di leggere e quindi di pensare in maniera profonda. Gli effetti della tecnologia alterano i nostri schemi di percezione. Internet sta tessendo nuovi collegamenti tra i nostri neuroni, sostituendo la nostra raffinata mente di lettori con quella distratta di "guardiani dello schermo" assetati di inutili novità, non più in grado di interpretare le informazioni che ci limitiamo a decodificare.
Carr descrive come nel 2007 l’eccessivo utilizzo della Rete gli tolse la capacità di concentrarsi. Impossibile finire un libro: non riusciva a seguire un discorso per più di due minuti. Staccò la spina per un po’ e riuscì a recuperare la capacità di pensare a lungo e profondamente: al punto da poter scrivere questo libro. Ma molti programmatori pensano che questa sia la Nuova Intelligenza secondo cui inquadrare un dato è più importante che capirlo o approfondirlo. Perché leggere Tolstoj e Proust "inutilmente lunghi", quando basta sfogliare Wikipedia? «Non leggo libri, vado su Google» dichiara un accademico della New York University cadendo nell’illusione di diventare più intelligente solo grazie al bricolage dell’informazione online.
Ma il danno di questa meccanizzazione del pensiero potrebbe essere profondo, dice Carr. Il nostro cervello è plastico, si continua a trasformare, forma sempre nuovi legami neuronali. Questo è anche alla base di molte patologie, perché più la nostra mente impara a distrarsi, più si solidifica la sua incapacità di concentrazione. Per questo Internet potrebbe creare milioni di "idioti tecnologici". Riuscite a concentrarvi fin qui? Perché avere un cervello letterario vuol dire anche mantenere l’attenzione su parole, idee ed emozioni che fluiscono dentro di noi. Leggendo, simuliamo nella mente ogni nuova situazione che troviamo in un libro. I dettagli di ciò che si legge vengono integrati con la conoscenza personale di esperienze passate. Il lettore diventa il libro. Così si impara a pensare: assorbire saggezza diluita in parole aiuta poi a inventare soluzioni originali. La "lettura profonda" è possibile solo con la concentrazione e senza costanti bip di email in arrivo, chattatori molesti e quella fiera del superfluo che spesso è lo status update dei social network. Tutto molto convincente: dove Carr eccede forse in manicheismo è nel rifiutare che nelle nostre vite vi sia uno spazio per la lettura ininterrotta, ma nel contempo uno spazio per l’allegra orgia d’informazioni frammentate che genera Internet. L’autore è convinto che se di giorno chattiamo e controlliamo spasmodicamente e-mail, la sera non riusciremo più a restare un paio d’ore in compagnia di una lettura. Anche se ammette che finito il libro ha ricominciato ad aggiornare il suo blog e frequentare un social network: non ce l’ha fatta a restare lontano dall’«ecosistema di tecnologie dell’interruzione».
«Internet è un sistema perfetto, forse il migliore, per riordinare i nostri circuiti mentali – scrive Carr –.La rete ci fornisce esattamente il genere di stimoli sensoriali e cognitivi che è dimostrato possono generare rapide e forti alterazioni dei circuiti e delle funzioni del cervello». Mentre nella lettura profonda si attiva la zona del cervello della memoria e della visualizzazione, nella navigazione on line usiamo quella della capacità di prendere decisioni. La mente del lettore è calma, quella del navigante cybernetico è caotica. Il multitasking insegna al nostro cervello a interessarsi al superfluo e a scegliere soluzioni convenzionali. Una volta abituato a questo nuovo modo di operare, il cervello perde la capacità di concentrarsi a lungo. Se continueremo a delegare la nostra memoria all’hardware di un server, accadrà proprio questo,dice Carr.Perché l’arte di ricordare è l’arte di pensare.
Ho finito di leggere The Shallows . Clicco su "Home" e torno al libro digitale che stavo leggendo prima: Anna Karenina . Ne ho già letto il 20%. Eppure, nonostante in questi giorni la lettura sia stata interrotta dal mio controllare mail, navigare su Internet e social network, i personaggi di Oblonsky e Levin lasciati al capitolo 16 sono rimasti vivi e lucidi nella mia memoria. Forse ho troppa fiducia nella forza della scrittura e della letteratura, ma voglio illudermi che il pensiero profondo ce la farà anche questa volta. Ma forse quest’illusione, potrebbe ribattere Carr, è la dimostrazione che navigo troppo su Internet.