Marco Del Corona, Corriere della Sera 26/08/2010; Luigi Ippolito, ib., 26 agosto 2010
2 articoli –MAXI-INGORGO IN CINA «RESTERANNO IN CODA FINO A META’ SETTEMBRE» — Alcune buone notizie suonano come cattive notizie
2 articoli –MAXI-INGORGO IN CINA «RESTERANNO IN CODA FINO A META’ SETTEMBRE» — Alcune buone notizie suonano come cattive notizie. L’ingorgo di auto e — soprattutto — di camion incolonnati sull’Autostrada 110 si muove, finalmente. Se all’inizio della settimana la velocità era stimata un chilometro al dì, ieri in giornata in confronto si correva: un chilometro all’ora. E in serata, addirittura, testimoni parlavano di faticoso scorrimento. Tuttavia sopra l’apocalisse di traffico scatenatasi fra il 13 e il 14 agosto, in un tratto della strada che collega Pechino alla provincia della Mongolia Interna, volteggia la previsione delle autorità, più simile a una maledizione: «L’ingorgo durerà fino a metà settembre», ovvero quando i cantieri stradali che hanno contribuito a provocare il disastro chiuderanno. Cento chilometri di coda, in quasi perfetta immobilità, almeno fino a ieri sera. Il paesaggio non dà conforto. Intorno ai camionisti che a torso nudo si limitano a non fare niente, o al massimo a fumare, chiacchierare e giocare a carte, incombono le desolate colline dell’Hebei. Dalle campagne affiorano contadini pronti a speculare sulla rassegnazione degli autisti e sulla fame che li assedia. Bottigliette d’acqua minerale vendute a un renminbi (poco più di 10 centesimi di euro) hanno decuplicato il prezzo, l’acqua calda non è meno preziosa perché serve a prepararsi gli spaghetti istantanei. Compaiono pranzi al sacco forniti a 10 renminbi, per due porzioni di carne e una di verdura. Alla Cctv — la televisione di Stato — un agricoltore esultava per aver messo insieme in una giornata 3-400 renminbi, un terzo o un quarto di quanto un operaio guadagna in un mese. «Si sente un gran odore di uovo e vermicelli in brodo», ha esclamato uno dei profughi della strada, in vena di ottimismo. Perché l’igiene tracolla, le campagne ai fianchi dell’autostrada sono la sola alternativa alle toiha favorito al pasticcio. Come ha spiegato Beijing News, poi, la chiusura di molte miniere di carbone dello Shanxi o la riduzione della loro produzione ha incrementato la richiesta di forniture dalla Mongolia Interna: ecco, allora, l’aumento di traffico. Inoltre, gli autisti preferiscono la «110» perché non ha pedaggi; però — in un accumularsi di conseguenze — i camion sovraccarichi danneggiano la strada e vengono multati in corrispondenza delle città; circostanza che, scrive ancora il Xinmin, contribuisce a rallentare i flussi. Avanti chi può. In Cina corre più l’economia del suo parco macchine. lette delle pur spartanissime stazioni di servizio. Già all’inizio dell’estate, ironizzava il quotidiano Xinmin di Shanghai, gli autisti habitué della «110» avevano «campeggiato per una quindicina di giorni». Adesso è peggio: un mese di blocco o quasi, secondo le previsioni, rischia di lasciare il segno in termini di prezzi. Con le merci deperibili in puteolente disfacimento e conseguenti aumenti in città (come se non bastassero le impennate speculative che interessano una serie di alimenti, dallo zenzero all’aglio). E si insinua la consapevolezza che la motorizzazione con caratteristiche cinesi avrà sì trasformato la Repubblica Popolare nel primo mercato dell’auto, con oltre 13 milioni e mezzo di veicoli venduti nel 2009, ma che città e strade non tengono il passo. Le stime del Centro di ricerca sui trasporti di Pechino indicano che da qui al 2015 il numero delle auto nella capitale raddoppierà e con 7 milioni di vetture in circolazione la velocità media scenderà a 15 km/h. Già adesso le immatricolazioni a Pechino sono 1.900 al giorno. Buon viaggio, paralisi. La coda sulla strada che collega Pechino e l’Hebei alla Mongolia Interna non è solo l’esito della furia locomotoria della Cina e della sua classe media, però. Laggiù ci sono i lavori in corso e pochissimi percorsi alternativi. Alcuni mezzi languono in panne. L’asfalto è malconcio. E la mancanza di informazioni Marco Del Corona CHE COSA CI RACCONTA DELLA CINA IL MAXI-INGORGO IN AUTOSTRADA - Sì, le dimensioni contano. Se l’ingorgo è sulla A1, si tratta di esodo estivo. Se è sulla A110 fra Pechino e la Mongolia, siamo di fronte a un’apocalisse automobilistica: 100 chilometri di coda, veicoli bloccati fino alla metà di settembre, nessuna via di scampo. Quando si parla di Cina, le cifre vanno subito fuori scala. I fenomeni assumono una dimensione diversa, non commensurabile con i nostri parametri europei. Sappiamo che un terrestre su cinque è cinese, che la lingua più parlata è il mandarino, che la piazza più vasta è la Tienanmen, che la diga più grande è quella delle Tre Gole, che la costruzione più estesa è la Grande Muraglia. Ma anche che il terremoto nello Shensi del 1556 uccise 800 mila persone e quello del 1976 nel Tangshan 650 mila. E che nel Celeste Impero ci sono 55 minoranze ufficiali e 206 lingue censite. Da secoli i numeri cinesi giganteggiano sul resto del mondo. Il punto ora è che tutto ciò si è messo in movimento: quando la Cina si sveglierà, il mondo tremerà, aveva profetizzato Napoleone. Finora lo sviluppo cinese — di cui il maxi-ingorgo di questi giorni è un prodotto — ha avuto esiti virtuosi: se la recessione non si è trasformata in grande depressione, è stato anche perché la locomotiva cinese non ha smesso di correre. E a quanti prevedono smottamenti mondiali in seguito all’inevitabile rallentamento della crescita di Pechino, altri fanno osservare che è come discutere della differenza fra essere investiti da un treno che va a cento all’ora e uno che va a settanta: il risultato è lo stesso. Dimensioni più movimento: il risultato di questa equazione ha provato a schizzarlo Martin Jacques nel suo libro «When China rules the world» (Quando la Cina governa il mondo), sottotitolo «La fine del mondo occidentale e la nascita di un nuovo ordine globale». Forse è uno scenario futuribile, ma quando la sera si guarda lo skyline di Pudong da una terrazza sul Bund, il lungofiume di Shanghai, si ha la sensazione di una nuova alba all’orizzonte. Luigi Ippolito