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 2010  agosto 25 Mercoledì calendario

«L’italiano medio usa solo 800 parole» - In Italia siamo tutti scrittori nati e, ovviamente, incom­presi

«L’italiano medio usa solo 800 parole» - In Italia siamo tutti scrittori nati e, ovviamente, incom­presi. Perché se è vero che dalle Alpi al finis terrae di Leu­ca si legge pochino, quelli che sostengono di avere uno stupendo romanzo nel cassetto so­no tantissimi. Ed è anche per questo che, dalla Holden in poi, è tutto un fiorire di scuole di scrittura creativa e di manuali atti a trasformare ognuno di noi in un novello Dostoevskij. Fun­zionano? Beh giudicate voi. Un altro il percorso intrapreso inve­ce dal professor Federico Roncoro­ni, editor, italianista, autore di una delle più famose grammatiche della lingua italiana e curatore dell’archi­vio di Piero Chiara. Uscirà a novem­bre- dicembre per Rizzoli il suo Ma­nuale di scrittura non creativa . Lo scopo del libro è quello di insegnare a utilizzare la lingua per tutti i suoi usi più «normali»: lettere, relazioni, te­mi, manuali tecnici, articoli, saggisti­ca... Insomma per citare le parole di Roncoroni un testo che non mira «a insegnare a scrivere racconti, roman­zi, drammi e poesie... si propone in­vece uno scopo che può sembrare meno alto e nobile ma è certo più im­­portante da perseguire... insegnare a scrivere». E se poi sarà romanzo: me­glio. Sarebbe però gia un risultato «aumentare il numero di quanti san­no scrivere o almeno diminuire di molto quello di quanti non sanno as­solutamente farlo». Professor Roncoroni in Italia quella della «scrittura creativa» è diventata una vera mania lei inve­ce si posiziona a monte... «È una cosa che abbiamo eredita­to pari pari dal mondo anglosasso­ne. Arriva dalle Università america­ne dove le aule si sono riempite di aspiranti scrittori... Noi abbiamo re­plicato questo modello, in piccolo». E funziona? «Bisognerebbe controllare gli elen­chi di coloro che hanno frequentato corsi e scuole per vedere adesso che lavoro fanno... A naso però i risultati non sono incoraggianti. Sa cosa mi diceva un mio amico di New York? “Ho insegnato scrittura creativa per tantissimi anni e il prodotto del mio insegnamento è questo: forse uno o due scrittori accettabili, avevano la stoffa già prima di incontrarmi, mol­tissimi frustrati e un sacco di nuovi insegnanti di scrittura creativa...». Ma perché allora c’è questa sma­nia di fare i romanzieri? «Il fatto che si consideri la narrati­va il vertice della scrittura è un pregiu­dizio tra il romantico e l’idealistico. Credo sia meglio definire l’importan­za di un testo in base alla sua utilità, alla sua precisione espositiva e alla sua capacità descrittiva. Scrivere un buon manuale tecnico è importantis­simo. Elaborare un saggio o un artico­lo di fondo non è più semplice che fare un romanzo.E,in quest’ambito, sì che qualcosa si può imparare...». Qual è la base, il punto di parten­za? «Ad esempio la capacità di coglie­re davvero gli elementi descrittivi, co­struire una narrazione coerente, ma­neggiare i tempi verbali e gli avverbi in modo da costruire un corretto an­damento temporale... E non pensi che siano elementi banali. Ho inse­gnato per anni e spesso leggere i temi degli studenti diventa un esperienza comica. Ogni due-tre mesi, e questo è peggio, mi ritrovo per le mani la pri­ma stesura di un romanzo speditami da qualche casa editrice. E spesso ba­stano poche pagine per constatare che semplicemente l’autore non sa scrivere». Quali sono i limiti di scrittura più diffusi? «Spesso è una questione di vocabo­li. Moltissimi italiani, soprattutto tra i giovani, hanno un vocabolario che stimo compreso tra le ottocento e le milleduecento parole, niente di più di quello che padro­neggia un extraco­munitario che appe­na arrivato in un pa­ese straniero si arra­batti per sopravvive­re, comunicando il minimo indispensa­bile ». In questa situazio­ne che ruolo han­no gli sms e le e-mail che stanno cambiando il no­stro modo di co­municare? «È una questio­n­e di cui mi sono oc­cupato in altra sede e non in questo ma­nuale... Beh da un la­t­o sicuramente que­sti strumenti hanno fatto tornare di mo­da la parola scritta quando tutti ormai dichiaravano che era stata uccisa dal video e dal telefono, questo è un fatto po­sitivo. Si è riscoper­to il ruolo dell’epi­stolario. Però que­sta scrittura è una scrittura “veloce”, che deve concentra­re moltissime infor­mazioni in poco te­sto, e spesso viene scritta in forma mol­to sciatta. È inevita­bile che la rivoluzio­ne del mezzo porti ad una rivoluzione del messaggio, ed è quello che sta ac­cadendo. Resta il fatto che se uno pa­droneggia la lingua può benissimo padroneggiarla nel formato proprio di un sms, anche se io, personalmen­te, sono innervosito dal T9 che cerca di ficcarmi in bocca parole non mie...». Unconsiglio per scrivere sms effi­caci? «Bisognerebbe chiederlo a un gio­vane, non a me... Comunque ce ne è uno funzionale ogni qual volta si ha a che fare con testi brevi e si hanno le parole contate: il messaggio deve contenere tutte le informazioni ne­cessarie. E solo quelle». Se invece parliamo di un testo «normale»? «Beh non dobbiamo utilizzare i moduli comunicativi che vanno be­ne per gli sms. È uno degli errori più diffusi tra i giovani, che ricorrono a una “x” intendendo “per”, magari nel curriculum o in un tema. Per tutti testi, in fondo, è utilissima una sem­plice griglia di controllo da applicare a redazione ultimata: completezza e chiarezza; originalità; efficacia del­l’introduzione e della conclusione; ordine e coerenza». Un progetto oltreal suo manuale? «Mi piacerebbe moltissimo realiz­zare un dizionario di nomenclatura, mentre nel manuale sono presenti solo alcune voci di questo tipo. Si tra­t­ta di un dizionario in cui in ogni lem­ma viene spiegato il senso proprio della parola, il senso estensivo, gli ag­gettivi più adeguati per accompagna­re quel vocabolo, i proverbi e le frasi comuni in cui compare il vocabolo, non che gli aforismi e i modi di dire. È un lavoro enorme ma fornisce a chi legge uno strumento utilissimo».