Antonio Socci, Libero 26/8/2010, 26 agosto 2010
E SE FOSSE MONDADORI A MOLLARE I COMPAGNI?
Il caso più risibile dell’estate è quello sollevato sulla “Repubblica” da Vito Mancuso che si trova (dice lui) «con la coscienza in tempesta». Ma, a quanto pare, non per le tante tragedie dell’umanità, non per gli immani attentati alla vita e alla dignità umana (Mancuso non sembra così travagliato per 50 milioni di aborti ogni anno nel mondo, circa un miliardo in quarant’anni), ma per il contenzioso fra il Fisco e la Mondadori.
Ora, tale contenzioso ieri da Luciano Violante (nientemeno!) è stato liquidato così: «Mi pare che Mondadori abbia vinto i primi due gradi di giudizio nella causa con il fisco. E che la norma per chiudere il contenzioso, senza andare in Cassazione, potrà essere utilizzata anche da altre aziende, tra cui l’Olivetti». Violante conclude che “per una vicenda del genere non mi sembra il caso” di «lasciare l’Einaudi» (del gruppo Mondadori). Discorso chiuso, mi pare.
Ebbene, premettendo che io pubblico i miei libri con la Rizzoli, penso questo: che i giornali dedichino pagine e pagine, da giorni, alle moraleggianti chiacchiere mancusiane (che non sono neanche seguite da un immediato addio alla Mondadori) gabbandole per profonde riflessioni di etica filosofica, la dice lunga su questa Italia intellettuale sul “caviale del tramonto” e sul mondo dei media, che non è più alla frutta, ma alla grappa.
Parlo anche per i giornali culturalmente di centrodestra. Non perché non si possa o non si debba discutere o sghignazzare sul travaglio di coscienza mancusiano, ma perché alla fine continuiamo a prendere sul serio lui e tutto il resto del coro, mentre dovremmo ogni tanto ignorarli e raccontare i fatti nuovi, la nuova cultura che germoglia.
Di cosa stupirci?
Undicimila persone che a Rimini per esempio ascoltano le riflessioni queste sì serie del cardinale Scola (lui sì teologo, non Mancuso) quanti editoriali di prima pagina avranno? Zero. Mentre le mancusate tengono banco da giorni. Perché?
Di cosa dovremmo stupirci ancora? Del fatto che, come scrive Mancuso sulla stessa Repubblica, firme importanti di Repubblica come Corrado Augias, Pietro Citati, Federico Rampini, Roberto Saviano, Nadia Fusini, Piergiorgio Odifreddi, Michela Marzano. Eugenio Scalfari, Gustavo Zagrebelsky, Adriano Prosperi eccetera siano “autori Mondadori”, autori cioè della berlusconiana Mondadori o delle sue controllate (come l’Einaudi)?
Del fatto che pure Massimo D’Alema ha pubblicato con la Mondadori e addirittura quattro importanti libri politici: “Oltre la paura” nel 2002, “Un paese normale” nel 1995, “La grande occasione. L’Italia verso le riforme” nel 1997, e “Kosovo. Gli italiani e la guerra” (con Rampini) nel 1999. O del fatto che perfino Bertinotti abbia appena pubblicato un nuovo libro con la Mondadori, “Chi comanda qui?”, e non provi rimorsi?
Dovremmo stupirci che pure chi considera il “berlusconismo” come degrado morale e civile del paese, anzi una minaccia per la democrazia e la civiltà, abbia lavorato o lavori con le aziende di Berlusconi?
O dovremmo stupirci e ridere del fatto che Mancuso invece di risolvere i suoi travagli di coscienza andandosene con un altro editore, senza rompere le scatole al prossimo, chiami in causa questi poveri intellettuali bisognosi di un grande editore, quasi pretendendo che siano loro a levargli le castagne dal fuoco?
O dovremmo stupirci del fatto che costoro abbiano risposto a Mancuso alquanto infastiditi e non vogliano neanche sentirne parlare di andarsene poniamo con un piccolo editore di opposizione? O del fatto che Mancuso stesso stia da giorni sull’uscio senza decidersi a dare l’addio alla Mondadori?
Ma stupirci di tutto questo, signori miei, vorrebbe dire prenderli sul serio, accreditare la loro pretesa moraleggiante, la loro auto rappresentazione come coscienza critica del paese e del potere.
E infine: dobbiamo stupirci che Mancuso o Augias pubblichino con la Mondadori o che la Mondadori pubblichi Mancuso e Augias? (Nel merito segnalo che sta uscendo il libro di Vincenzo Vitale “Volti dell’ateismo. Mancuso, Augias, Odifreddi. Alla ricerca della ragione perduta”, edizioni Sugarco).
Dettagli esilaranti
Ieri si è appreso un ulteriore dettaglio divertente di questa telenovela. Eugenio Scalfari, rispondendo picche a Mancuso sulla Repubblica, ha rivelato che la casa cinematografica Medusa, di proprietà della Fininvest, si fece avanti per realizzare un film tratto dal romanzo di Scalfari “La ruga sulla fronte”.
La cosa è poi saltata solo perché Scalfari un giorno sentì in tv Carlo Rossella, presidente della Medusa che «fece affermazioni molto gravi e a mio avviso faziose in favore di Berlusconi e si lasciò andare a veri e propri insulti contro i partiti di opposizione».
Per questo Scalfari scrisse alla Medusa «rescindendo il rapporto che avevo con lei». Ora, l’aneddoto fa un po’ ridere. Non si capisce infatti il nesso tra le opinioni personali di Rossella (sebbene espresse con poca classe) e la rescissione dell’accordo per il film. Infatti se vi fosse un nesso Scalfari non avrebbe neanche dovuto prendere in considerazione l’accordo con Medusa, dal momento che da anni sente tuonare in tv Berlusconi, che alla Medusa è un po’ più importante di Rossella.
Curiosamente però questo non gli aveva impedito di dire sì alla proposta della Medusa. Invece le (irrilevanti) opinioni politiche di Rossella hanno scatenato in lui una ribellione morale. Non è stravagante? Ma questo è solo un lato della medaglia. L’altro lato, assai più stupefacente, è il fatto che la Medusa berlusconiana abbia avuto l’idea di fare un film dal romanzo scalfariano. Ma davvero in tutta la letteratura universale, del passato e del presente, non hanno trovato qualcosa di meglio?
Se è vero, com’è vero che Scalfari è stato uno straordinario imprenditore e un potente giornalista, è bene stendere un pietoso velo sulle attività di filosofo e romanziere in cui si è cimentato negli ultimi anni. Diciamo che sarà ricordato negli annali del giornalismo, ma difficilmente in quelli dei giganti del pensiero filosofico o nell’Olimpo della letteratura.
Ma evidentemente alla Medusa l’hanno scambiato per una sorta di Garcia Marquez nostrano, per un Dostoevskij italico, per un redivivo Gadda. Ci vuole un’azienda berlusconiana per fare una tale apertura di credito a Scalfari. Che, oltretutto, francamente, ha una prosa alquanto noiosa. Il suo romanzo in effetti tracima questo tedio fin dall’esergo iniziale: «La noia si porta nel cuore e per non annoiarsi mai bisogna fuggire a se stessi».
In fuga da Eugenio
E fuggire anche da Scalfari, aggiungo io. Evidentemente alla Medusa invece di dedicare film a soggetti o personaggi che sono stati un inno alla vita, che hanno illuminato il cuore di intere generazioni, che ancora affascinano, preferiscono le pallosissime storie di lorsignori, narcisi svagati, come il personaggio del romanzo scalfariano, che si sono trastullati nell’ozio per sfuggire alla noia.
È vero che Berlusconi è il più grande editore della sinistra italiana, è vero che le sue case editrici pubblicano senza batter ciglio D’Alema e Augias, Bertinotti e Mancuso, Scalfari e Violante (solo da Saviano di cui dovevano essere orgogliosi si sono dissociati: ma perché lui non è mai stato di sinistra).
Ci si chiede però se è il caso di far diventare scalfariano pure il cinema. Va benissimo che Berlusconi faccia l’editore liberale, ne siamo tutti lieti (in barba ai suoi demonizzatori), ma perché continuare a portare acqua a un’egemonia culturale come quella scalfariana o comunque di sinistra che ci portiamo sul gobbo da decenni? E perché, oltre al “romanziere” Scalfari, non dare opportunità cinematografiche anche ad autori, sceneggiatori, registi nuovi, che esprimono una cultura diversa da quella dominante per tutto il Novecento?
Non sarebbe uno splendido segnale (e anche un gesto di dignità) se fosse la Mondadori a dare il benservito a Mancuso levandolo così dalle ambasce?