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 2010  agosto 26 Giovedì calendario

STORIA D’ITALIA IN 150 DATE

4 maggio 1949
I Campionissimi
Nuvole basse su Torino. La squadra di calcio che porta il suo nome sta tornando in aereo da Lisbona, dove ha partecipato alla partita d’addio di un asso del Benfica, Pereira. È stata l’ultima anche del Grande Torino. Tradito dagli strumenti di bordo, il comandante Meroni non si accorge di volare contro la scarpata della basilica di Superga che sovrasta la città. Nell’urto immane muoiono tutti: calciatori, tecnici, giornalisti. Si salva solo il presidente Novo, rimasto a casa: l’artefice del capolavoro è condannato a sopravvivergli. La tragedia produce un’ondata di dolore collettivo che replica i lutti non ancora smaltiti della guerra. Mezzo milione di persone assistono ai funerali in un silenzio che annichilisce l’inviato del governo, il giovane Andreotti. Ma è l’Italia intera che piange lacrime per una volta sincere. Negli anni della ricostruzione, le gesta del Grande Torino - il suo calcio spettacolare e così poco italiano, la semplicità dei suoi campioni allergici al divismo - hanno distratto milioni di poveracci curvi sulle macerie di una vita e li hanno riabituati a credere nei sogni. Perché sono un sogno quelle maglie granata che in campo sembrano il doppio. E un sogno nel sogno è Valentino Mazzola: quando i compagni battono la fiacca (ogni tanto succede), il Capitano si rimbocca le maniche, sugli spalti del Filadelfia il trombettiere suona la carica e... 5 scudetti consecutivi, 100 partite in casa e zero sconfitte. Cosa dire di più?
Niente. Il favorito del Giro d’Italia che comincia dopo Superga non vuol dire niente. Appena qualcuno allude alla tragedia, cambia discorso. Affida il suo dolore di tifoso al linguaggio muto dei simboli, facendosi cucire lo scudetto del Toro all’altezza del cuore. Lo porta con sé anche la mattina del 10 giugno, quando scatta sulle prime rampe del colle della Maddalena per poi inanellare l’Izoard, il Moncenisio e il Sestriere. «Un uomo solo è al comando», annuncia il radiocronista Mario Ferretti. «La sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi». Il duello sportivo con Gino Bartali è l’altra favola in cui si immergono gli italiani del dopoguerra. Per adeguare il mito alla realtà viene inventato un improbabile dualismo politico fra il cattolico Bartali e il laico Coppi, anche se poi tutti e due votano De Gasperi. Ma nel calcio stanno effettivamente agli antipodi: Fausto del Toro e Gino della Juve, benché i loro caratteri suggeriscano l’opposto. Torniamo alla corsa: dopo 192 (centonovantadue!) chilometri di fuga solitaria, Coppi taglia il traguardo di Pinerolo con 12 minuti di vantaggio sul rivale. Come sempre non solleva le braccia al cielo, però non può fare a meno di guardarsi intorno. E i suoi occhi affogano in un mare di bandiere granata listate a lutto.