Marina Forti, il manifesto 24/8/2010, 24 agosto 2010
NIGERIA, ASSOLTA LA SHELL?
L’indagine è durata 3 anni, è stata commissionata dal governo della Nigeria e porta l’autorevole firma di un’agenzia delle Nazioni unite, anche se è stata finanziata con quasi 10 milioni di dollari dalla filiale nigeriana di Royal Dutch Shell, la compagnia petrolifera anglo-olandese. Condotto dall’Unep, il Programma dell’Onu per l’ambiente, è lo studio più ampio mai condotto sull’impatto ambientale degli sversamenti di greggio in Ogoniland, una delle regioni petrolifere del delta del Niger, in Nigeria. Quando sarà concluso, in ottobre, fornirà anche indicazioni su come bonificare una delle zone più inquinate del pianeta.
Le prime anticipazioni però hanno fatto sussultare molti. Sembra infatti che lo studio attribuisca solo il 10% dell’inquinamento in Ogoniland ai guasti degli impianti e le negligenze della Shell, che aveva cominciato a sfruttare quei giacimenti nel 1958. Il resto, ben il 90%, sarebbe invece responsabilità della gente del luogo, con sabotaggi o furti organizzati da gangs che sottraggono illegalmente petrolio dalle tubature. Insomma, Shell ne uscirebbe pressoché assolta dalle responsabilità di 40 anni di inquinamento. O almeno, così scrive il quotidiano britannico The Guardian, che ieri riferiva le dichiarazioni di Mike Cowing, il funzionario dell’Unep capofila della ricerca.
Non stupisce che una simile anticipazione abbia provocato l’indignazione delle organizzazioni che da decenni chiedono una vera bonifica ambientale in Ogoniland: inclusi i parenti e compagni di Ken Saro-Wiwa e degli altri 8 leader della popolazione Ogoni, protagonisti di una pacifica rivolta contro l’inquinamento della Shell, fatti impiccare nel 1995 dal governo militare nigeriano. La storia di Shell in Ogoniland infatti è una storia di inquinamento pervasivo - corsi d’acqua e terreni impregnati del greggio sversato da tubature e impianti difettosi, terra resa sterile, vegetazione bruciata - e di proteste, e di repressione feroce.
Negli ultimi anni però Shell fa di tutto per ripulire la sua immagine. Ad esempio ora pubblica ogni anno un «rapporto ambientale». E l’ultimo, nel maggio scorso, coincideva in modo sospetto con quanto anticipato dal signor Cowing: Shell afferma infatti di aver sversato quasi 14mila tonnellate di greggio nei canali e acquitrini del delta nigeriano nel 2009 (oltre il doppio di quanto sversato nel 2008 e il quadruplo del 2007), ma dice che il 90% di quegli sversamenti è dovuto a manomissioni e furti compiuti da gang locali. Che le compagnie petrolifere attive nel delta siano oggetto di sabotaggi e furti è verissimo, come pure rapimenti di tecnici e ingegneri a scopo di riscatto. Ma in Ogoniland è in questione una devastazione ambientale storica, accumulata nei decenni...
Dunque l’Unep ha preso per buoni i dati della compagnia petrolifera? Il signor Cowing ha difeso il lavoro del suo gruppo: certo, ha detto al Guardian, si sono basati sui dati del ministero dell’ambiente, non stava a loro verificare le responsabilità degli sversamenti di petrolio; però «nel nostro ampio lavoro sul campo in Ogoniland abbiamo visto diffusissime manomissioni per furto». Un comunicato dell’Unep ieri precisava: lo studio è in corso e non ha ancora formulato alcuna conclusione circa le responsabilità degli sversamenti di petrolio. Ha invece analizzato campioni di acqua, terreno, sedimenti, aria, piante e animali. Una cosa è certa: il rapporto finale, atteso per l’inizio del 2011, lancerà un allarme: nel delta del Niger è in corso una catastrofe ambientale.