FRANCESCO MOSCATELLI, La Stampa 26/8/2010, pagina 13, 26 agosto 2010
Quando la Vega aprì la via - Il 20 luglio del 1879, quando la baleniera Vega capitanata dall’esploratore svedese Adolf Erik Nordenskiöld attraversò lo stretto di Bering dimostrando l’esistenza del mitico passaggio a Nord-Est, a bordo c’era anche un giovane ufficiale italiano, il monferrino Giacomo Bove
Quando la Vega aprì la via - Il 20 luglio del 1879, quando la baleniera Vega capitanata dall’esploratore svedese Adolf Erik Nordenskiöld attraversò lo stretto di Bering dimostrando l’esistenza del mitico passaggio a Nord-Est, a bordo c’era anche un giovane ufficiale italiano, il monferrino Giacomo Bove. Un personaggio da romanzo nato fra le vigne di Maranzana, vicino ad Acqui Terme, vissuto da esploratore fra il Borneo e il Polo Nord, e morto suicida a soli 35 anni, sfinito dalla malaria e dalla paura di una vita sedentaria. A sette anni stupì i parenti con una richiesta piuttosto insolita per un bambino cresciuto in mezzo ai campi: «Pa’, voi andè ar mar». I genitori, che non potevano permettersi la retta dell’Accademia navale di Genova, pur di accontentarlo garantirono una scorta di vino Barbera agli ufficiali per tutti gli anni degli studi. A Maranzana, dove oggi c’è un piccolo museo dedicato a Bove, raccontano che una sera d’inverno, mentre la madre stava mungendo le mucche nella stalla, lo vide apparire sull’uscio vestito di tela e con le scarpe rotte. Aveva tredici anni ed era tornato a piedi da Genova. Verità? Leggenda? L’unica certezza è la sua sete d’avventura. Prima di conquistare notorietà e fama con la spedizione di Nordenskiöld, nella quale fu arruolato come idrografo, Giovanni Bove aveva già visitato Borneo, Filippine, Cina e Giappone. Quando tornò dallo stretto di Bering i suoi obiettivi diventarono ancora più ambiziosi: programmò la prima spedizione italiana in Antartide, esplorò i fiordi della Patagonia, la Terra del Fuoco e le foreste brasiliane. La sua irrequietezza sembrò placarsi nel 1885, a Buenos Aires: frequentava alcuni connazionali, fra i quali Edmondo De Amicis, e conobbe Luisa Jaworka De Borosegno, la vedova di un ufficiale ungherese che qualche mese più tardi sarebbe diventata sua moglie. Nel 1886, però, decise di ripartire, su incarico del governo italiano, per esplorare le cascate Stanley, in Congo. Il geografo Giuseppe Dalla Vedova, che lo incontrò un anno dopo, lo descrisse così: «Dall’Africa era tornato come spesso si ritorna dalla guerra in quei Paesi. Gli ardori dell’Equatore sono assai più insidiosi e feroci dei rigori del Polo. Il combattente, che finisce vincitore molto spesso ne esce ferito: e nelle ferita porta il veleno che vi istillò la freccia del selvaggio». Giacomo Bove si uccise con un colpo di rivoltella il 9 agosto del 1887, a Verona. I primi articoli sulla sua morte vennero scritti da un giovane cronista dell’Adige, il marinaio «fallito» Emilio Salgari.