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 2010  agosto 26 Giovedì calendario

Mosca lancia il passaggio a Nord-Est - L’incarico era preciso e, poiché proveniva direttamente da Sebastiano Caboto, aveva ogni crisma di autorevolezza

Mosca lancia il passaggio a Nord-Est - L’incarico era preciso e, poiché proveniva direttamente da Sebastiano Caboto, aveva ogni crisma di autorevolezza. «Voi userete tutti i mezzi per sapere come si possa dalla Russia andare al Catai per mare», ordinava il canuto navigatore veneziano, ora al servizio della Compagnia (inglese) della Moscovia. Sir Hugh Willoughby salpò così fra le fanfare di Deptford nell’estate 1553, chiedendo aiuto al vento e a Dio perché lo guidassero nella ricerca del Passaggio a Nord-Est, e lo conducessero in Cina senza circumnavigare l’Africa. Missione impervia, la sua. Il marinaio morì nel gelo implacabile pochi mesi più tardi, dopo una tempesta in acque lapponi. Ci sarebbero voluti altri 326 anni perché qualcuno riuscisse a dimostrare che la scorciatoia artica c’era e poteva essere praticata. Ciò non toglie che pure l’uomo che fece l’impresa nel 1879, lo svedese Erik Nils Nordenskiöld, un tipo abituato a ogni sorta di esperienza, faticherebbe a credere ai suoi occhi se oggi si trovasse sulla rotta che congiunge l’Europa settentrionale al Pacifico, percorso irregolare da 7 mila miglia che attraversa il mare glaciale e segue la costa siberiana sino a varcare lo stretto che porta il nome d’un altro viaggiatore sfortunato, il russo-danese Vitus Bering che lo percorse nel 1728. Sarebbe sconcertato dalla mole e dal frastuono della Scf Baltica, la superpetroliera che ha lasciato il porto di Murmansk sulla penisola di Kola il 14 agosto per consegnare ai primi di settembre il suo carico d’energia a Ningbo, nello Zhejiang. Lo colpirebbero questo mostro da 249 metri e la forza con cui spezza gli immensi ghiacci per secoli ritenuti inviolabili. È la prima volta che una corazzata da trasporto di queste dimensioni - è più grande di due campi di calcio - imbocca il Passaggio a Nord-Est. Sfruttando il graduale ritiro della calotta polare generato dal cambiamento climatico, lo scorso anno due cargo della compagnia tedesca Beluga hanno macinato la rotta in senso contrario, partendo da Vladivostok. Poca cosa, relativamente. La supertanker russa che avanza scortata da due rompighiaccio nucleari ha una missione politica oltre che commerciale. Deve dimostrare che il sogno di Caboto e cento altri può divenire una realtà consolidata. E deve dare impeto alla frenetica corsa del Cremlino all’egemonia artica. Il programma della Baltica ha tutti i contorni dell’operazione scientifica e che ambisce a essere la prova generale per un progetto più ambizioso. Da Mosca fanno sapere che la petroliera da 114 mila tonnellate battente bandiera liberiana ha percorso 2500 miglia in 11 giorni, metà del tempo previsto. Le fonti dell’armatore Sovcomflot rivelano che si sta già approntando il calendario dei viaggi per il 2011. È un’offensiva a lungo termine: oggi il traffico che lambisce la Siberia pesa due milioni di tonnellate annue; l’obiettivo è di salire a 30 milioni e sfidare apertamente la rotta di Suez. Il clima e i chilometri sono dalla parte della stella rossa. Il tracciato settentrionale consente di risparmiare 5 mila miglia, implica percorrenze più brevi, con costi e consumi tagliati. «Studiamo la fattibilità d’un piano di consegne energetiche regolari», assicurano alla Sovcomflot, senza negare che l’operazione implica parecchi rischi. Può essere concepita solo nei due mesi e mezzo della bella stagione artica, quando le temperature diventano più accettabili. Non solo. Sebbene il ghiaccio si stia ritirando, la minaccia degli iceberg resta: l’esperienza Titanic è un incubo che infesta le notti di quanti sognano di conquistare il grande Nord. Andrà meglio fra qualche anno, pare. Il segretario dell’Onu Ban Ki-moon ha stimato che nel 2037 il ghiaccio al Polo potrebbe essere un ricordo, dato più pessimista di quello non meno allarmante degli oceanografi dell’Università di Liegi, che prevedono la fine per il 2050. Il Passaggio si trasformerà in un’autostrada che Mosca s’augura di gestire con profitto, senza trascurare lo sfruttamento delle risorse energetiche di cui la regione artica risulta ricca. È un vecchio pallino: già nel 1932 il Cremlino aveva una sua Amministrazione della Rotta del Mare settentrionale. Notizie di esplorazioni russe a largo della Siberia risalgono all’XIX secolo, e russo risulta essere il primo schema organico di ricerca della via di Nord-Est (1525). Poi sono venuti gli inglesi e gli altri, sino al recordman svedese Nordenskiöld. Uomini coraggiosi che volevano mettere la firma sulla via dei ghiacci che poteva rendere il mondo più piccolo, per la patria, per il progresso e il potere. Da quando Putin ha piantato la bandiera al Polo (2007), il dialogo con le altre nazioni «artiche» - Usa, Norvegia, Svezia e Canada - s’è fatto più spigoloso. «Tutti i mezzi per raggiungere la Cina!», esortava Caboto. Cinque secoli più tardi nessuno è disposto a risparmiarsi pur di aggirare il Polo. Ma anche per restarci e arricchirsi col suo prezioso serbatoio di energia.