Giornali vari, 23 agosto 2010
Anno VII – Trecentotrentaseiesima settimanaDal 16 al 23 agosto 2010Cossiga Sulla morte di Cossiga vedi pagina xy
Anno VII – Trecentotrentaseiesima settimana
Dal 16 al 23 agosto 2010
Cossiga Sulla morte di Cossiga vedi pagina xy.
Fiat La Fiat è di nuovo sulle prime pagine dei giornali per una vicenda che riassumiamo così:
• Nel corso di uno sciopero nello stabilimento di Melfi (in provincia di Potenza) tre operai – due dei quali sindacalisti della Cgil – hanno bloccato con le mani il carrello comandato elettronicamente che trasportava il materiale verso gli altri lavoratori, con questo gesto obbligando a star fermi anche quelli che volevano continuare a lavorare;
• La Fiat ha quindi licenziato i tre, che si chiamano Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli;
• I tre hanno fatto ricorso al tribunale del lavoro e lo scorso 10 agosto il giudice Emilio Minio ha ordinato alla Fiat di reintegrarli;
• La Fiat ha presentato ricorso contro il provvedimento del giudice (udienza il prossimo 6 ottobre);
• La Fiat ha intanto intimato agli operai di starsene a casa: fino al 6 ottobre riceveranno lo stipendo, ma l’azienda non intende avvalersi delle loro prestazioni;
• La Fiom-Cgil vuole invece che i tre possano rientrare in fabbrica e riprendere il lavoro di prima, «la mattina mi voglio alzare e voglio sentirmi un uomo con la mia dignità, i miei diritti e i miei doveri», eccetera.
• Il giorno della verità è lunedi 23 agosto ore 12, cioè pochi minuti dopo la consegna di questo articolo. Il sindacato annuncia che Barozzino-Lamorte-Pignatelli si faranno accompagnare ai cancelli dalla polizia. Sarà dunque un delegato a dover decidere sul merito di un contenzioso che, dal punto di vista giuridico, appare di interpretazione non semplice (per esempio: che cosa reintegra il giudice quando reintegra? L’azienda ha o non ha il diritto di decidere che cosa debbano o non debbano fare i lavoratori? A che punto comincia il mobbing?).
È bene sapere che anche il giudice Minio ha ammesso la verità dei fatti, quale raccontata dall’azienda: i tre hanno effettivamente bloccato il carrello. Solo che – per il magistrato - potrebbero averlo fatto per sbaglio, oppure nella concitazione della lotta sindacale. Nel qual caso il licenziamento può apparire un provvedimento eccessivo.
La linea dura del Lingotto è facile da interpretare: la Fiat vuole produrre senza problemi le sue Panda a Pomigliano (e le altre vetture affidate agli stabilimenti italiani), e intende sconfiggere in modo definitivo la logica del conflitto permanente in fabbrica. Nel peggiore dei casi, avrà una motivazione forte per sostenere che in Italia non si può lavorare e che è meglio aprire stabilimenti in Polonia, Serbia o negli Stati Uniti. Facile anche la lettura della linea Fiom: i contratti flessibili che si stipulano fabbrica per fabbrica, o azienda per azienda, sono la vera peste sociale dei tempi moderni. Si deve tornare invece al contratto nazionale, cioè alla contrattazione centralizzata che restituisce al sindacato nazionale e alle sue articolazioni tutto il potere che ne giustifica la sopravvivenza.
Berlusconi Un vertice che venerdì scorso ha impegnato il Pdl per sei ore ha prodotto alla fine (e comunque in tempo per il tg delle 20) un documento di una dozzina di pagine in cui sono elencati cinque punti programmatici essenziali, sui quali, probabilmente il prossimo 30 settembre, Berlusconi intende chiedere la fiducia. Essi sono: il federalismo, il fisco, il Sud, la sicurezza e la giustizia con l’obbligo di far passare il cosiddetto “processo breve” che terrebbe al riparo Berlusconi dai guai giudiziari anche se la Corte costituzionale bocciasse il prossimo dicembre la legge sul legittimo impedimento. Nella conferenza stampa successiva, il presidente del Consiglio ha detto che non può esserci «un governo dei perdenti» e domenica scorsa ha annunciato che non si deve cedere a «formalismi costituzionali». Intanto Bossi insiste sulla necessità di andare alle elezioni entro novembre o al massimo dicembre, con una tale foga da far sospettare che alla fine possa essere lui stesso a far cadere il governo. Il senatùr ha già annunciato che un accordo del Pdl con Casini sarebbe motivo di rottura e motivo di rottura anche la nascita di un “partito di Fini”, che sarà effettivamente annunciata il prossimo 5 settembre alla festa tricolore di Mirabello (provincia di Ferrara). È interessante chiedersi che accadrebbe se Napolitano desse poi proprio a Bossi l’incarico di tentare un nuovo governo…. Anche in questa vicenda la questione è sempre la stessa: in caso di caduta di Berlusconi, Napolitano “può” far cercare a qualcuno una nuova maggioranza in Parlamento (tesi dell’opposizione e dei finiani) o “deve” sciogliere le camere (tesi del restante centro-destra)?
Mondadori Nel decreto sugli incentivi, divenuto legge lo scorso maggio, è contenuta una norma sulla «rapida definizione delle controversie tributarie pendenti da oltre dieci anni». In pratica: chi è in lite con il fisco e l’ha avuta vinta nei primi due gradi di giudizio può evitare la sentenza definitiva della Cassazione versando il 5 per cento della somma contestata. È una fattispecie che si adatta a molte aziende (per esempio a Telecom) ma cade a pennello per la Mondadori, la casa editrice di Berlusconi, a cui l’Agenzia delle entrate chiedeva dal 1991 350 milioni e che adesso ha potuto cavarsela con un esborso di 8,6 milioni. Ricordiamo che, nei due gradi di giudizio precedenti, i tribunali hanno dato ragione alla Mondadori e torto al Fisco. La legge, evidentemente costruita per fare un piacere al Cavaliere, ha messo in crisi di coscienza il teologo Vito Mancuso, un autore di Segrate, che da vari giorni si chiede su Repubblica se sia morale continuare a pubblicare per i tipi di un signore così palesemente in conflitto di interessi. Vasto dibattito e gustose giustificazioni da parte di coloro che, pur essendo antiberlusconiani, non intendono abbandonare la potente casa editrice di Berlusconi.
Veronica L’accordo per il divorzio tra Berlusconi e la moglie Veronica è saltato per volontà di lei e dovrà essere il giudice, a questo punto, a stabilire – tra chi sa quanto tempo – che cosa spetta alla signora e che cosa no. La vecchia intesa lasciava a Veronica l’usufrutto (non la proprietà) della villa di Macherio e un assegno mensile di 300 mila euro (lei voleva quasi dieci volte tanto). Le spese di manutenzione della villa – 78 milioni l’anno - sarebbero rimaste a carico del Cavaliere. Non si sa quale punto di questa intesa – che nei dettagli non era comunque ancora definita – abbia persuaso la moglie a mandare tutto all’aria. Veronica ha puntato fin dal primo momento alla cosiddetta “separazione con addebito”. Nelle memorie delle due parti sarebbero contenuti, con abbondanza di dettagli, i resoconti dei reciproci tradimenti.
Iraq La guerra in Iraq è tecnicamente finita: gli americani se ne sono andati giovedì 20 agosto, lasciando in quel paese 56 mila effettivi col compito di assistere e istruire le forze locali perché dalla fine dell’anno prossimo (evacuazione totale) possano far da sé. La partenza degli americani, arrivata a sette anni dall’invasione e dopo quattromila morti occidentali e migliaia di vittime irachene, è stata salutata con forte preoccupazione. L’influenza degli sciiti, sostenuti da Teheran, è in crescita, le tensione tra etnie e tribù rivali resta molto forte, manca un governo perché dalle elezioni dello scorso marzo non è uscito un vincitore chiaro. Si teme una spaccatura del Paese in tre tronconi, uno sciita, uno sunnita e uno curdo (il petrolio sta nella parte curda). Intanto le agenzie di sicurezza private stanno abbandonando Kabul per raggiungere Bagdad, dove si annunciano, in questo settore, profitti leggendari. Tareq Aziz, l’ex ministro degli Esteri di Saddam Hussein, ha detto: «Ci vorrebbe un uomo forte».