Giornali vari, 9 agosto 2010
Anno VII – Trecentotrentaquattresima settimanaDal 2 al 9 agosto 2010Caliendo Mercoledì 4 agosto la Camera ha votato una mozione, presentata dal Partito democratico e da Di Pietro, in cui si chiedeva che fossero tolti i poteri (sospese le deleghe) al sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo
Anno VII – Trecentotrentaquattresima settimana
Dal 2 al 9 agosto 2010
Caliendo Mercoledì 4 agosto la Camera ha votato una mozione, presentata dal Partito democratico e da Di Pietro, in cui si chiedeva che fossero tolti i poteri (sospese le deleghe) al sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo. Costui è coinvolto nell’inchiesta cosiddetta P3, era presente alla famosa cena con Denis Verdini, Flavio Carboni e altri supposti criptomassoni, deve quindi (questo il ragionamento dell’opposizione) fare un passo indietro. La mozione, messa ai voti, è stata respinta con questi numeri: in difesa di Caliendo, 299; contro Caliendo, 229; astenuti 75.
Un semplice esame del voto dimostra che: il governo (299 voti) non ha più la maggioranza, garantita a Montecitorio solo da quota 316; se si sommano gli astenuti e i contrari (229+75) si ottiene il numero 304, superiore al 299 che ha appoggiato Caliendo, ma sempre inferiore a 316. Dunque nemmeno gli attuali oppositori, o antipatizzanti, del presidente del Consiglio hanno i numeri per una maggioranza.
I 75 astenuti, che a regola avrebbero dovuto essere addirittura 84, appartengono a quattro gruppi: i finiani di Futuro e libertà (Fli), appena usciti dal Pdl; i rutelliani di Alleanza per l’Italia (Api), a loro volta fuoriusciti qualche mese fa dal Partito democratico; l’Unione di centro (Udc) di Pierferdinando Casini; il Movimento per le autonomie (Mpa) di Raffaele Lombardo, che è governatore della Sicilia e ha provveduto da un pezzo a spaccare, anche laggiù, il Popolo della libertà (Pdl).
Per capirci qualcosa conviene esaminare la partita in corso – assai complicata – dal punto di vista di ciascun giocatore.
Berlusconi Berlusconi, dopo la cacciata di Fini, si è trovato di fronte a un’emorragia di deputati e senatori più cospicua del previsto. Alla Camera i finiani sono diventati 34, grazie al trasloco dell’onorevole Chiara Moroni. Al Senato sono ancora dieci, ma già si parla di possibili accordi con altre microforze, per esempio la formazione IoSud della senatrice Adriana Poli Bortone. L’idea prima del presidente del Consiglio era che si votasse al più presto possibile: si va al Quirinale, si comunica a Napolitano che la maggioranza non c’è più, il presidente scioglie le Camere e a metà novembre, o ai primi di dicembre, elezioni. Avrebbe potuto essere sufficiente l’incidente di percorso Caliendo? Il Cavaliere lo aveva pensato, ma dal Quirinale devono avergli spiegato che non basta, per fare la crisi, un qualunque inciampo parlamentare. Bisogna che il governo sia messo sotto su qualcosa di decisivo, qualcosa di politicamente pesante, che faccia venir meno la stessa ragion d’essere dell’attuale coalizione. Il Cavaliere ha perciò pensato di presentarsi alle Camere in un giorno di settembre (Montecitorio riapre l’8 settembre, Palazzo Madama il 15) e di chiedere la fiducia sul programma di governo del prossimo triennio, imperniato su quattro punti: giustizia, Mezzogiorno, federalismo e fisco. Il discorso di Berlusconi si propone di entrare nei dettagli, in modo che sia impedito ai finiani di approvare i titoli e di fare melina poi sui contenuti reali dei provvedimenti. Se i 44 di Futuro e libertà diranno di sì, la legislatura andrà avanti. Altrimenti Berlusconi andrà a dimettersi, sicuro di vincere le elezioni.
Lega È l’ago della bilancia, ma tatticamente ha da giocare la partita più facile. È assolutamente disponibile alle elezioni, ma dopo l’approvazione dei decreti sul federalismo, che devono essere varati entro il 5 maggio 2011. Bossi non ha smesso di dichiarare la sua fedeltà al Pdl, «con Berlusconi li spazziamo via tutti» eccetera. Se però la situazione precipitasse e si dovesse votare quest’anno, o prima della data fatidica, non ne faranno una tragedia.
Fini Quando Berlusconi verrà alle Camere a chieder la fiducia sul programma in quattro punti, è molto probabile che i finiani risponderanno astenendosi: in questo modo non firmeranno una delega in bianco al governo e nello stesso tempo impediranno a Berlusconi di salire al Quirinale, dato che in questo modo i quattro punti saranno approvati, e sia pure con un voto di minoranza (numeri Caliendo). Fini ha bisogno di tempo per organizzare il partito e consolidarsi sul territorio. La sua tattica sarà dunque quella di far soffrire Berlusconi, ma senza farlo cadere. E mantenendo, attraverso la presidenza della Camera, il controllo sui lavori di Montecitorio. Unico problema: l’affare dell’appartamento a Montecarlo, sollevato dai giornali di destra (Il Giornale e Libero) e ripreso poi da tutta la stampa nazionale, con relativa inchiesta della magistratura. Si tratta di questo: la signora Anna Maria Colleoni, missina sfegatata, lasciò erede del suo patrimonio immobiliare Alleanza Nazionale. Tra le proprietà venute in possesso del partito c’era anche un appartamento a Montecarlo, non si sa se di 40 o di 70 metri quadri, in pessime condizioni, ma tuttavia stimato un miliardo e mezzo di valore. Feltri e Belpietro hanno scoperto che questo appartamento è stato venduto a una società con sede alle Antille (paradiso fiscale) per appena 300 mila euro, e rivenduto poi per 330 mila a una seconda società-schermo, sempre domiciliata alle Antille. Il guaio è che adesso ci abita Giancarlo Tulliani, giovane fratello della compagna di Fini. Il presidente della Camera, dopo un silenzio troppo lungo, ha dato la sua versione dei fatti domenica scorsa, con un comunicato in otto punti in cui sostanzialmente dichiara che pasticci eventuali sono stati combinati a sua insaputa, e cioè da qualche uomo del partito e dal medesimo Giancarlo Tulliani.
Terzo polo Il voto su Caliendo ha fatto credere alla possibile nascita di un Terzo Polo, nel quale confluirebbo gli astenuti del 4 agosto, finiani, rutelliani, Udc e autonomisti. Quelli di Fini hanno insistito sull’impossibilità di un simile scenario: loro, benché scissionisti, fanno parte della maggioranza, l’astensione su Caliendo è solo un episodio, Casini e gli altri sono all’opposizione. E tuttavia: un eventuale Terzo polo è accreditato dai sondaggisti di un 20-22 per cento di consensi e renderebbe difficile la vittoria del Pdl al Senato, dove il premio di maggioranza è regionale. L’attuale legge elettorale, col premio di maggioranza, favorisce le coalizioni ed è possibile che, se si arrivasse al dunque, i quattro farebbero di necessità virtù. Il Terzo polo trova un ostacolo obiettivo nella personalità dei capi, Fini Casini e Rutelli essendo galli impossibili da mettere d’accordo, dato che non si rassegnano a non cantare per far cantare qualcun altro.
Partito democratico Confusione massima. L’occasione è ghiottissima, ma come sfruttarla? A parte Di Pietro e Nichi Vendola, nessuno vuole le elezioni. Corteggiamento serrato (e per ora inutile) alla Lega, con la proposta da parte di Bersani di fare presidente del Consiglio Tremonti (Bossi: «Tremonti mica è scemo»). Rosy Bindi e molti altri chiedono la grande ammucchiata, da Fini a Nichi Vendola, con l’unico obiettivo di metter fine al berlusconismo. Enrico Letta punta all’alleanza col Terzo Polo. Tutti costoro chiedono all’eventuale governo di transizione, o di responsabilità nazionale, di cambiare la legge elettorale e solo dopo di chiamare il Paese alle urne. Ma quale legge elettorale? I veltroniani sono maggioritaristi, Casini rivuole il proporzionale, tutti gli altri coprono le infinite sfumature tra un sistema e l’altro. E se si andasse al voto chi sarebbe il candidato di questa parte politica? Anche qui, caos: Bersani, naturalmente, ma intanto si è messo a disposizione anche Chiamparino, Nichi Vendola vuole le primarie, Rosy Bindi ha detto che il candidato per vincere e tener tutti uniti sarebbe Casini, ecc.