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 2010  maggio 03 Lunedì calendario

Anno VII – Trecentoventesima settimanaDal 26 aprile al 3 maggio 2010Grecia La Grecia affronterà tre anni di calvario per restituire i 110 miliardi con cui Fondo Monetario Internazionale, Unione Europea e Banca Centrale Europea le eviteranno la bancarotta

Anno VII – Trecentoventesima settimana
Dal 26 aprile al 3 maggio 2010

Grecia La Grecia affronterà tre anni di calvario per restituire i 110 miliardi con cui Fondo Monetario Internazionale, Unione Europea e Banca Centrale Europea le eviteranno la bancarotta. I greci avevano intanto da restituire una tranche di debito da quasi 9 miliardi il prossimo 19 maggio, e dunque il fallimento era alle porte. Ma domenica scorsa è stato annunciato l’accordo: i soldi arriveranno ad Atene, ma in cambio l’Iva passerà dal 21 al 23%; alcol, sigarette, scommesse, benzina e generi di lusso saranno tassati; pensioni e stipendi saranno congelati per tre anni; nello stesso periodo chi prende una pensione lorda superiore ai 2.500 euro non incasserà più tredicesima e quattordicesima; chi prende una pensione lorda inferiore ai 2.500 euro, non prenderà pensione doppia a Natale e a giugno, ma solo 400 euro a dicembre e altri 200 euro a Pasqua e all’inizio dell’estate; idem per gli statali, con una barriera posta a tremila euro mensili lordi; chi sta sotto quella cifra riceverà a Natale un bonus da 500 euro e nelle altre due scadenze due bonus da 250; per gli altri, niente. Gli stipendi dei dipendenti pubblici saranno tagliati comunque di un quinto. L’età pensionabile sarà portata a 65 anni per uomini e donne e i contributi per conseguire il massimo della pensione dovranno essere versati non più per 35, ma per 40 anni. Sono anche previsti: mercato del lavoro più flessibile, con meno vincoli per licenziare, e una profonda riforma del sistema amministrativo con la soppressione di decine tra province e comuni. Uno dei punti chiave di questo programma è quello della tenuta sociale: qualche scontro s’è già verificato sabato scorso 1° maggio. Partiti di sinistra e sindacati ricordano che, se pure il debito greco è salito in questi anni a 300 miliardi, i profitti delle banche risultano il doppio di questa cifra. Sull’altro piatto della bilancia c’è la storia emblematica dell’isola di Aghios Stratis: cento abitanti, una scuola con dieci alunni, e 45 professori, stipendiati dallo Stato, mandati sul posto a insegnare. La questione se l’Italia sia oppure no una specie di Grecia sta in questi termini: siamo diversi da loro perché le nostre famiglie non sono così indebitate e il nostro sistema di piccole e medie imprese è molto più robusto della loro struttura industriale, imperniata in sostanza solo su turismo e immobiliare. Però i nostri due paesi si rassomigliano molto per debito pubblico, corruzione, inefficienza.

Petrolio Mentre scriviamo la grande chiazza nera di petrolio non è ancora arrivata sulle coste americane, respinta, fino a questo momento, da venti favorevoli e dal cattivo mare. Si è anche andata alleggerendo e assottigliando, anche se le dimensioni restano enormi (qualcosa come Piemonte, Lombardia e Veneto messi insieme), enormi i potenziali danni ecologici ed enormi anche i danni finanziari per la responsabile del disastro, la compagnia petrolifera inglese BP. Danni ecologici: la macchia potrebbe insinuarsi nel delta del Mississippi e avvelenare un parco naturale unico, oltre tutto riserva di pesca insostituibile per l’economia americana (2,4 miliardi di fatturato l’anno) e sito di forte attrazione turistica (20 miliardi). Danni finanziari: anche cento miliardi di dollari, secondo le ultime rilevazioni, cioè una somma non troppo diversa da quella che costò a suo tempo l’uragano Katrina. Vi è anche un potenziale danno politico: Obama viene accusato di non essersi mosso con la stessa velocità messa in campo al tempo del terremoto di Haiti. Ma qui c’entra anche la BP: nei primi dieci giorni, la compagnia petrolifera minimizzò il danno, col risultato di ritardare i soccorsi. Nell’esplosione della piattaforma petrolifera sono morte undici persone. Le tre falle che provocano la fuoriuscita del petrolio (5.000 barili al giorni almeno, cioè 680 tonnellate di greggio) si trovano a un chilometro e mezzo di profondità. L’invio laggiù di robot in grado di stringere bulloni non è servito a niente. Adesso si sta pensando di costruire tre cupole da depositare sopra le falle in modo da contenere il petrolio. Ci vorranno almeno dieci giorni. Davanti alle coste della Louisiana sono stati disposti trenta chilometri di barriere, ma non si sa se serviranno. Il mare cattivo permetterebbe al petrolio di saltare dall’altra parte e poi forse la macchia potrebbe dirigersi altrove, in Florida o in Mississippi o in Alabama. Obama è andato sul posto domenica scorsa dichiarando che potrebbe trattarsi del più grande disastro ecologico della storia.

Terrore Domenica 2 maggio, Lance Orton, un reduce dal Vietnam che vende magliette in Times Square a New York, ha notato che da un Suv Nissan Pathfinder parcheggiato all’incrocio tra Quarantacinquesima e Broadway usciva del fumo. Avvertito il poliziotto a cavallo Wayne Rathigan, è scattato un allarme generale e un’evacuazione gigantesca. Dentro la macchina, intanto, piccole esplosioni in successione confermavano che la faccenda era seria. E infatti, aperto alla fine il Suv, lo si trovava imbottito di petardi, propano, bombole per il camping, benzina, fertilizzante e un paio di orologi (tra cui uno per bambini) messi lì a fare da timer. Insomma, un’auto-bomba che non ha fatto male a nessuno un po’ per la tempestività dell’intervento e un po’ perché non preparata a regola d’arte. Non ci sono fino a questo momento rivendicazioni credibili (la polizia è molto scettica su un comunicato talebano) e si potrebbe quindi parlare di un’altra brutta figura del terrorismo islamico, se non fossero intanto spuntati due video, registrati il 4 e il 19 aprile, in cui il temibile capo talebano Hakimullah Mehsud minaccia gli Stati Uniti e promette una filiera di bombe nelle principali città. Qui la brutta figura è americana: gli Usa avevano annunciato all’inizio dell’anno di aver ucciso Mehsud con un drone.

Scajola La politica italiana resta avvelenata. Il finiano Bocchino non è più vicepresidente vicario del gruppo Pdl alla Camera, fatto che ha innescato nuove polemiche. Il Giornale ha messo sotto accusa Fini, per un certo contratto con la Rai della suocera (valore un miliardo e mezzo), e lo stesso Bocchino, per i contratti, sempre con la Rai, di cui gode la moglie-produttrice, Gabriella Buontempo (che faceva però il mestiere di produrre fiction ben prima di incontrare il politico napoletano). Nello stesso tempo, la magistratura di Perugia accusa il ministro Scajola di aver comprato nel 2004 un appartamento vista-Colosseo a Roma con 900 milioni ricevuti, tramite l’architetto Zampolini, dal costruttore Anemome, lo stesso che risulta pluri-favorito nelle commesse della Protezione civile. Scajola, le cui dimissioni sono state respinte da Berlusconi, nega tutto. Le due sorelle che gli hanno venduto l’appartamento hanno però reso testimonianza: ricevettero – dicono - dalle mani del ministro 80 assegni, ognuno di valore inferiore ai 12.500 euro, per un totale appunto di 900 milioni. L’importo inferiore ai 12.500 euro serve per aggirare i controlli del circuito inter-bancario (avvertito però lo stesso, perché ai funzionari della Deutsche Bank quel frazionamento parve comunque fittizio). Se la storia fosse vera, per Scajola ci sarebbe anche una questione di evasione fiscale.