Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 25/8/2010, pagina 72, 25 agosto 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
22 dicembre 1947
Fondata sul lavoro
La Costituzione nasce alla vigilia di Natale: sulle tribune di Montecitorio una delegazione di garibaldini intona «Fratelli d’Italia» e i Costituenti si accodano, stonandolo un po’. Approvata dai 9/10 dell’Assemblea, è il frutto dell’incontro fra due culture di massa, la democristiana e la socialcomunista, con l’antifascismo azionista, minoritario nelle urne, negli scomodi panni del testimone. Emblematico il percorso dell’articolo 1. I socialcomunisti propongono: «L’Italia è una Repubblica democratica di lavoratori», sinistramente simile alla dizione sovietica. Il laico La Malfa trasecola e rilancia: «...fondata sulla libertà e sul lavoro». Ma alla fine la libertà resta nella penna e passa il compromesso democristiano di Fanfani: «...fondata sul lavoro». La facilità con cui Mussolini calpestò la Carta precedente (lo Statuto Albertino) induce ad alzare gli argini e a indebolire il governo a tutto vantaggio del Parlamento e dei partiti, contro i quali si batte l’Uomo Qualunque di Giannini. È costui un giornalista napoletano che col suo stile brillante e volgare (il «vento del nord» trasformato in «rutto del nord», Calamandrei in «Caccamandrei») dà voce ai piccoli borghesi meridionali che non hanno conosciuto la Resistenza e, fra il partito unico del ventennio e la partitocrazia dei partigiani, vagheggiano l’impossibile terza via di uno Stato senza partiti, affidato a un «buon ragioniere» in carica per un anno e non rieleggibile.
Compilata da uomini come Einaudi, Ruini, Mortati, Dossetti, Basso e Calamandrei - la cui preparazione e levatura morale rende imbarazzante il confronto con coloro che in seguito hanno cercato di modificarla - la Costituzione è la prova vivente che la politica, persino quella buona, ha ritmi più lenti della realtà. L’Assemblea nomina una commissione di 75 membri (per la Costituzione americana ne bastarono 45), che si divide in tre sottocommissioni e poi affida la stesura materiale del testo a un comitato dei 18 che lo invia in assemblea, dove viene discusso punto per punto, con il colpo di scena dell’alleanza dc-pci sull’articolo 7 che riconosce il Concordato. «Questo voto ci assicura un posto al governo per i prossimi vent’anni» commenta Togliatti, instaurando la tradizione dei Migliori che non imbroccano mai un pronostico, proseguita fino a D’Alema. Infatti nel corso dei lavori il quadro politico cambia: il collante dell’antifascismo smette di funzionare, adesso è il comunismo a dividere il mondo. De Gasperi schiera l’Italia con gli Usa, i socialisti filo-occidentali di Saragat si staccano da quelli di Nenni e la sinistra viene estromessa dal governo. Quando votano insieme la Costituzione, Togliatti e De Gasperi già non si salutano più.