UMBERTO ROSSO, la Repubblica 24/8/2010, 24 agosto 2010
FIAT MELFI, INTERVIENE NAPOLITANO "RIMETTERSI ALL´AUTORITÀ GIUDIZIARIA" - ROMA
Nel giro di poche ore, con un fax intestato Quirinale, è arrivata la risposta alla lettera che i tre operai della Fiat di Melfi gli avevano indirizzato, sollecitandone l´intervento. Parole nette, quelle di Giorgio Napolitano, che sono rivolte anche a Marchionne. Esprime il suo «rammarico», il capo dello Stato, per il mancato reintegro in fabbrica dei tre lavoratori, ai quali la Fiat non ha concesso di riprendere il proprio posto nonostante la sentenza favorevole del giudice del lavoro di Melfi. Napolitano non entra nel merito del braccio di ferro giudiziario in corso, ma nella sua lettera manifesta un «vivissimo auspicio», che spera «sia ascoltato anche dalla dirigenza della Fiat». L´auspicio vale per la guerra di Melfi ma finisce per assumere un valore generale per l´intera vertenza che interessa la grande azienda torinese.
La speranza del capo dello Stato, allora, è che «questo grave episodio possa essere superato, nell´attesa di una conclusiva definizione del conflitto in sede giudiziaria, e in modo da creare le condizioni per un confronto pacato e serio». Insomma, controparti attorno al tavolo per riprendere il filo di un dialogo vero e trovare una soluzione al caso. Un metodo che appunto per il presidente della Repubblica assume un valore chiave e più complessivo perché, spiega, deve valere «su questioni di grande rilievo». Passaggi delicatissimi. Riguardano «il futuro dell´attività della maggiore azienda manifatturiera italiana e l´evoluzione delle relazioni industriali nel contesto di una aspra competizione sul mercato globale».
A Melfi gli operai, in particolare i tre reintegrati ma ancora in "parcheggio", accolgono con un applauso le parole del capo dello Stato, ma un grazie arriva anche dalla Cgil, dal Pd, da tutto il centrosinistra. «Napolitano conferma la sua grande sensibilità per il mondo del lavoro», è l´apprezzamento di Guglielmo Epifani. «La Fiat ascolti il capo dello Stato e riassuma i tre operai», è la richiesta del partito democratico. Aveva già fatto sentire la propria voce il quotidiano dei vescovi, Avvenire, sostenendo la Fiat «ha sbagliato». Silenzio, o quasi, da parte del governo. Ad eccezione del ministro Matteoli, che tuttavia è il titolare delle Infrastrutture (e non del ministero competente per la vertenza Fiat, il Welfare, guidato da Sacconi), che ammette: «Le sentenze vanno rispettate anche quando non ci fanno piacere. Se il nostro è uno stato di diritto non lo può essere a fasi alterne».
La lettera dei tre operai della Fiom era arrivata al Colle nel primo pomeriggio di ieri, ma sulla richiesta di aiuto anticipata dai giornali già dal giorno prima Napolitano era al lavoro. Una breve istruttoria con lo staff economico-sindacale, qualche telefonata, e poi la decisione di raccogliere a tamburo l´appello giunto da Melfi. Dettata sia dall´attenzione del capo dello Stato alle questioni del lavoro (qualche tempo fa l´intervento in risposta all´appello degli operai sardi dell´Alcoa) sia per i momenti cruciali che sta vivendo l´azienda guidata da Marchionne. Ai tre, che lamentano il mancato rispetto dei diritti del lavoro ma anche costituzionali, Napolitano si rivolge chiamandoli per nome. «Cari Barozzino, Lamorte e Pignatelli - scrive il capo dello Stato - ho letto con attenzione la lettera che avete voluto indirizzarmi e non posso che esprimere il mio profondo rammarico per la tensione creatasi alla Fiat Sata di Melfi in relazione ai licenziamenti che vi hanno colpito e, successivamente, alla mancata vostra reintegrazione nel posto di lavoro sulla base della decisione del Tribunale di Melfi».
Ne sono scaturiti altri ricorsi legali, ricorda ancora il capo dello Stato, sui quali è chiamata a intervenire l´autorità giudiziaria, alla quale «non posso che rimettermi anch´io, proprio per rispetto di quelle regole dello Stato di diritto a cui voi vi richiamate». Con piena adesione anche sul piano umano alle recriminazioni dei tre operai, «comprendo molto bene come consideriate lesivo della vostra dignità percepire la retribuzione senza lavorare». Da qui l´auspicio di Napolitano, rivolto anche dai vertici della Fiat: la speranza che «questo grave episodio possa essere superato», in attesa che si chiuda la vicenda giudiziaria. E che i tre possano rientrare al lavoro nella fabbrica di Melfi.