Maria Giulia Minetti, La Stampa 25/8/2010, pagina 33, 25 agosto 2010
Così la supermamma giocava con i coltelli - A 14 anni Angelina Jolie ebbe la sua prima storia di amore & sesso con un compagno di scuola di nome Anton che come lei si vestiva da punk, in nero con catene
Così la supermamma giocava con i coltelli - A 14 anni Angelina Jolie ebbe la sua prima storia di amore & sesso con un compagno di scuola di nome Anton che come lei si vestiva da punk, in nero con catene. La madre Marcheline Bertrand, che aveva allevato Angie e il fratello James «senza restrizioni di sorta», si affrettò a proporre ad Anton di venire a vivere nella loro casa. Lasciò ai due la propria camera col suo «grande letto matrimoniale cinese» e si ritirò in una camera più piccola. «Visto che farebbe sesso comunque - spiegò Marcheline all’ex marito e padre dei suoi figli Jon Voight - meglio che lo faccia qui invece che sui sedili posteriori di un’automobile. Qui posso tenerla d’occhio». Pia illusione. Di notte, Angie a Anton si calavano dalle finestre della camera da letto materna, affacciate sulla strada, e se la filavano a Westwood Arcade, meeting point di adolescenti spericolati in cerca di emozioni forti, dalle sfide con gli skateboard ai «viaggi» con le droghe. All’epoca, la preferita della piccola Jolie era la cocaina. A leggere Angelina, il massiccio volume appena uscito in America che Andrew Morton, l’autore di Diana, la sua vera storia, il «Bob Woodward della cronaca rosa» (benché qui il rosa non sembri la tinta giusta), ha dedicato alla star più famosa e discussa degli ultimi anni, c’è da restare di stucco. La biografia non è autorizzata, com’è orgogliosamente stampigliato sulla copertina, e ci mancherebbe! Le biografie autorizzate sono propaganda, non cronaca; però le non autorizzate possono correre con la fantasia... Ma il lavoro di Morton è talmente minuzioso, il suo giornalismo investigativo così scrupoloso, che il lettore tende a credergli, anche quando le spara davvero grosse. Tra l’altro, la fonte delle storie più sconcertanti, come quella appena riferita, è quasi sempre Angelina stessa (nella fattispecie, si tratta di un’intervista televisiva a James Lipton, professore universitario e insegnante dell’Actor’s Studio). E dunque, in ordine cronologico, ecco qualche notizia «spessa» pescata fra le tante della biografia. Siccome il sesso con Anton non era granché, una sera di ubriachezza lei afferra un coltello della sua micidiale collezione (vista con indulgenza dalla madre, alla stregua di una collezione di puffi) e gli infligge un bel taglio ordinandogli di far lo stesso a lei. «Un momento - ricorda - di primitiva onestà. M’ha dato la sensazione d’essere allo stesso tempo viva e pericolosa». A tagliarsi, tirare cocaina e, ultimo disturbo sopraggiunto, non mangiare andrà avanti per molti anni (con ricadute anche recenti, almeno nell’anoressia). A 16 anni, la sua prima prova da attrice, un video per Lenny Kravitz e uno per Antonello Venditti, sensuale teen ager per la canzone Alta Marea. Ma andiamo avanti. Verso pagina cento si scopre che Angelina, ormai diciannovenne, è pazzamente attratta dalle donne. Un aspetto della sua personalità a cui Morton non aveva avuto tempo di star dietro, evidentemente, ma tanto palese che quando un giorno Angelina fa conoscere alla madre un’amica, un’amica vera, non un’amante, Marcheline è esterrefatta: «È la prima volta che Angie mi porta a casa una ragazza con cui non va a letto!». «Mai incontrato una vera bisessuale prima di Angie - si stupisce un’altra fonte di Morton -. Anzi, pensavo che non esistessero neppure». Ciononostante, finora Jolie ha sposato solo uomini. Il primo, l’attore inglese Jonny Lee Miller, aveva appena finito di girare Trainspotting quando divenne suo marito. Angie gli portava in dote un’esperienza all’altezza del film. «Mi sono fatta d’ogni droga possibile - raccontò al Daily Mirror -. Cocaina, estasi, LSD e eroina, la mia preferita. Ho attraversato periodi molto bui, ma Jonny mi ha aiutato a vedere la luce». Il giorno della cerimonia lei indossava collant di latex nero e una camicia bianca col nome di lui scritto sopra col sangue (il suo proprio sangue, estratto di fresco per la circostanza). Ritenendo comunque il matrimonio un’avventura e non un impegno duraturo, quattro mesi dopo l’attrice ventunenne seduceva senza scampo Timothy Hutton, suo partner nel film Playing God. Ne ha architettate d’ogni risma, Angelina, compreso, in uno dei tanti momenti di depressione, pagare un assassino professionale per farsi uccidere, come fa un assai meno glamorous Jean-Pierre Léaud nel film Ho affittato un killer di Aki Kaurismaki (con la differenza che nel film è Léaud a cambiare parere, mentre nella vita è stato il killer, sembra, a dissuadere Angelina). Eppure, per quanto «frantic» sia il racconto delle sue imprese, e stordente l’idea che una sola persona, e ancora così giovane, sia riuscita a creare tanto casino - ma con una madre come Marcheline, la vera scoperta del libro, succhiasangue presuntuosa e frustrata, perennemente atteggiata a vittima, che ha devastato la vita dei figli e dell’ex marito e ha rischiato di rovinare anche Al Pacino, che stava per sposare al posto di Jon Voight - nonostante la vita travolgente della biografata, il motivo per cui vale la pena di leggere questo libro è un altro. Ci si può magari addormentare dietro alle adozioni e ai viaggi targati Unicef dell’ultimissima Angie, quella «buona» in coppia (stabile? Morton è cauto) con Brad Pitt. Ma un cinefilo rimarrà incantato dall’arrivo sul set di Cyborg 2 del vecchio Jack Palance (di famiglia ucraina), che aspettando di interpretare il suo cameo declama poesie russe alla troupe. Sopra e sotto la storia di Angelina corre nel racconto di Morton una inedita storia aneddotica del cinema americano degli ultimi quarant’anni. Avvincente. E Jon Voight ne emerge come tipo così fuori del comune - e fuori di testa, anche - da far venire voglia di leggere la sua biografia, non quella della figlia.