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 2010  agosto 25 Mercoledì calendario

Il mago delle armi alla James Bond - Ventiquattro pistole, un fucile, numerosi caricatori e diversi silenziatori

Il mago delle armi alla James Bond - Ventiquattro pistole, un fucile, numerosi caricatori e diversi silenziatori. La squadra mobile di Catania ha anche sequestrato il suo laboratorio, nel quartiere di San Cristoforo. Finisce così, almeno per ora, la carriera criminale del più noto fabbricante di armi del racket. Già arrestato per detenzione illegale di armi nel 1970, 1972, 1975, 1982, 1988, 1993, 1995, 2000. Infine 2003, 2006 e 2007. Ieri l’ultimo blitz. Il suo nome: Guglielmo Ponari, 63 anni. Addosso aveva una pistola-giocattolo Valtro, modificata in una micidiale calibro 9, con caricatore e silenziatore. La storia della sua penna parte nel 1988, a Torino. In un sottoscala la polizia scopre l’armeria del clan dei catanesi, allora radicato in Piemonte. Omicidi, spaccio di droga, estorsioni, assalti e agguati con armi di grosso calibro. Non manca niente. Gli inquirenti si imbattono anche in una strana penna-stilo. Acciaio brunito nero, cappuccio e serbatoio cromati: una penna-pistola che copia quella resa celebre da James Bond, comparsa nel film «Dalla Russia con amore». I pentiti spiegano che il creatore di quello che i periti balistici dell’epoca definiscono un «gioiello», per l’accuratezza dei dettagli, per il funzionamento preciso e affidabile e per la sua geniale semplicità, è un (allora) trentasettenne di Catania, già notissimo. E’ Ponari. Ha frequentato le scuole professionali a Catania, ne è uscito con un diploma da artigiano-idraulico. Mani d’oro. Emigrato in Germania, nei primi ‘60, ha un colpo di fulmine per le armi, quelle, appunto, made in Germany: Luger, Mauser, Walther. Meccanismi complessi. Le smonta e le rimonta, per centinaia di volte. E’ un perfezionista, come base usa le riproduzioni in libera vendita nei negozi, studia manuali e tomi di balistica. Tornato a Catania, entra in contatto con la mafia. Questa sua capacità di creare dal nulla armi sofisticate, buone per i killer delle cosche, lo trasforma in un instancabile fabbricante. Raccontano che una sera del ‘63 va al cinema, resta affascinato dalle imprese di James Bond, l’agente 007. Rivede il film per sette volte consecutive. Poi, nel segreto della sua officina, dove si allineano torni e strumenti ad alta precisione, fa nascere il «gioiello», usato con successo dagli assassini della mafia. Lo arrestano. Due anni dopo riapre la factory. Quei gingilli sono ormai un ricordo. Si dedica alle pistole vere, calibro 7,65 e 9. Punta sulla replica delle semiautomatica Mauser cal. 7.65. E’ talmente perfezionista da inserire anche il numero di matricola. Cura ogni dettaglio. Nel catalogo, anche fucili mitragliatori. Nell’82, gliene sequestrano settanta. Nel 1975, Guglielmo - basso e tarchiato - torna in cella. Tre anni di carcere dopo il sequestro di decine di mitra, tratti da modelli-giocattolo. Le sue modifiche li trasformano in oggetti micidiali. Tre anni per affinare la teoria, per studiare a fondo i suoi miti di sempre, in particolare l’arma che considera regina di ogni tempo, la Maschinen-Pistole. Quando esce, riparte alla grande. E’ il suo momento più alto, mai più raggiunto. Le pistole-mitragliatrici «Ponari» sono molto apprezzate dai killer della camorra. Tanto da meritarsi le congratulazioni dei grandi capi, a cominciare dal boss Raffaele Cutolo. Ma il suo vero capolavoro resta la stilografica 6.35. Alcuni esemplari sono esposti nei musei europei di armi. Anno 1988, dicembre. La mobile piomba nel suo laboratorio, nella periferia catanese. E’ quasi una piccola industria. Ci sono apprendisti e operai, macchinari, frese, torni, smerigliatrici, strumenti ad alta precisione, estremamente costosi. Sui banchi 300 pistole semiautomatiche, ex giocattoli diventati armi vere, assolutamente perfette. Poi silenziatori, mirini di precisione, caricatori e proiettili. In quell’anno firma un paio di verbali. Non è un tipo loquace, ammette solo quello che non può negare, difende la privacy dei suoi clienti. Un po’ per un’ovvia paura, un po’ per il suo codice. «Cominciai per hobby — dice ai pm —, poi l’ho fatto per necessità economica. Finché non sono entrato in un giro più grande di me. Vorrei venirne fuori, ogni volta che esco dal carcere mi propongo di tornare a fare l’idraulico. Invece la malavita mi ricatta». Sarà. Oggi il suo fascicolo dalla copertina rossa è alto decine di centimetri e cresce con il trascorrere degli anni. Ponari è accusato di ricettazione, fabbricazione non autorizzata di armi, lesioni personali, minacce e detenzione di esplosivo.