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 2010  agosto 25 Mercoledì calendario

E in Puglia nasce la masseria modello - Abdul di dove sei? «Di Treviso, Venezia». Esse dolcissima

E in Puglia nasce la masseria modello - Abdul di dove sei? «Di Treviso, Venezia». Esse dolcissima. Ma a casa ci vuoi tornare? «In Africa? In vacanza». I tratti di Abdul sono inconfondibili. Nessun equivoco sulla sua possibile nazionalità (è del Burkina Faso). Eppure lui si sente italiano, è arrivato qui nel ‘92, aveva otto anni, adesso è un giovane ventenne diplomato, un metalmeccanico che lavora nelle «fabbrichette», che fa la fila per un posto di lavoro, che si rivolge alle agenzie interinali (Umana e Adecco). Poi la crisi si è fatta sentire pesante nel Nord Est e lui ha deciso di fare un salto nel Salento. Ora ha un diavolo per capello: «Sono qui da un mese, raccolgo pomodori. C’è la crisi e a noi ci pagano una miseria, quattro euro all’ora. Non è giusto, per il contratto dovrebbero darcene 5 e 92». È sera alla Masseria Boncuri. I braccianti «neri» tornano al campo dopo una giornata massacrante. Dieci ore in gran parte a raccogliere cocomeri (o pomodori). Una masseria appena all’ingresso del paese, Nardò, nell’area industriale che è un cimitero di capannoni. Ventotto tende da otto posti, water chimici, stanzone con letti a castello, presidio sanitario, docce, assistenza legale, mediatori culturali. Da giugno a oggi in questo campo sono stati ospitati circa 400 braccianti neri. Associazioni del volontariato (l’onlus Finis Terrae e le Brigate di solidarietà attiva) ed enti locali (Regione e Comune di centrosinistra, Provincia di centrodestra) hanno dato vita al campo. Non solo assistenza ma, soprattutto, spiega il vicesindaco Carlo Falangone, «impegno per l’emersione del lavoro nero». Dicono con un pizzico d’orgoglio i ragazzi delle Brigate e di Finis Terrae: «Quest’estate almeno 143 dei 400 extracomunitari sono stati ingaggiati con contratti regolari. Un trionfo se solo l’anno scorso gli ingaggiati non furono che venti». Dottore, «Oki»?. Ogni sera dalle cinque alle otto, il medico dell’Asl di zona visita gli ospiti del campo: «Le patologie più diffuse - dice - riguardano le lombosciatalgie, le medicine più richieste sono gli antidolorifici». Maledetti i giganteschi e pesantissimi cocomeri, tunisini, sudanesi, ghanesi, ivoriani, nigeriani. È prevalentemente l’Africa nera quella che anima il campo. Mondi diversi, figli della crisi del Nord che ha creato nuovi precari nel mondo del lavoro che arrivano in questa terra ospitale che ha vissuto esodi biblici di altri popoli (gli albanesi) per cercare un reddito di sostegno. Ma poi ci sono soprattutto i richiedenti asilo, quelli che hanno la protezione umanitaria, che aspettano i ricorsi presentati per il riconoscimento dello status di rifugiato, complessivamente oltre la metà di tutti quelli che sono passati in queste settimane dal campo. Colpisce che tutto questo avviene mentre a poche decine di chilometri, da Otranto a Santa Maria di Leuca continuano gli sbarchi degli «invisibili» nascosti nelle pance di barche a vela. Ieri, altri 40, il giorno prima 24. Gianluca Nigro, di Finis Terrae, insiste: «L’importanza di questa nostra esperienza sta nell’aver creato un circolo virtuoso nell’emersione del lavoro. Ai ragazzi abbiamo regalato una t-shirt: "Ingaggiami contro il lavoro nero"». Abdul e la raccolta del pomodoro. «Ogni giorno la mia squadra, dodici persone, raccoglie circa 25.000 chili di pomodori. In un giorno, dodici ore di lavoro. Per noi significa due centesimi e mezzo al chilo». Ma a Nardò si raccoglie soprattutto il cocomero. Si formano squadre da nove braccianti. Il lavoro è a cottimo: in media settanta, ottanta euro al giorno. Il fatto che siano arrivati soprattutto dal Nord-Est una leva di operai metalmeccanici in parte sindacalizzati o comunque sensibili a riaffermare i propri diritti, ha provocato una serie di tensioni nella zona. «A luglio - racconta Gianluca - una quarantina di braccianti ha chiamato la polizia perché i titolari delle aziende non volevano pagare quanto pattuito». Masseria Boncuri è un luogo isolato. «Diciamo che questa esperienza - spiega un altro volontario - può contare su una indifferenza solidale». Suona strano l’ossimoro che racconta però una verità: qui la popolazione è solidale, non manifesta contro, come probabilmente sarebbe accaduto al Nord se qualche associazione o comune avesse organizzato un campo come questo. Ibrahim è un algerino che da 18 anni vive a Pavia: «Adesso sto in una cooperativa di magazzinieri. Raccolgo "pipironi", pomodori, angurie. Oggi ho lavorato al nero, 5 euro all’ora. Non è un po’ poco?». Al tramonto, la comunità musulmana, in circolo, festeggia il Ramadan. Dopo una giornata piegati sui campi. A stomaco vuoto, con un caldo insopportabile. Ieri i braccianti non avevano acqua, una doccia dove lavarsi, un rifugio dove dormire. «Con il campo abbiamo ridato loro la dignità - dice con orgoglio il vicesindaco Falangone - grazie a loro le nostre aziende hanno una opportunità in più». Grazie Nardò.