ALESSANDRO ALVIANI, La Stampa 25/8/2010, pagina 15, 25 agosto 2010
Addio al vecchio albero che consolò Anna Frank - Adesso che la pioggia ha concesso ad Amsterdam una tregua, interrotta solo a tratti da violenti acquazzoni, e che il vento non ha più la furia incontenibile dei giorni scorsi, lui se ne sta lì, poggiato su un fianco, quasi come se riposasse per la prima volta in 150 anni
Addio al vecchio albero che consolò Anna Frank - Adesso che la pioggia ha concesso ad Amsterdam una tregua, interrotta solo a tratti da violenti acquazzoni, e che il vento non ha più la furia incontenibile dei giorni scorsi, lui se ne sta lì, poggiato su un fianco, quasi come se riposasse per la prima volta in 150 anni. Invisibile agli occhi delle decine di turisti che ancora in serata fanno la fila per visitare il civico 263 della Prinsengracht e per salire le anguste scale e raggiungere il sottotetto in cui Anna Frank provò a sfuggire ai nazisti. L’albero che la confortò in quell’agonia durata 25 mesi non c’è più: si è accartocciato su se stesso, arrendendosi alle tarme e a un fungo micidiale che l’hanno consumato dall’interno a poco a poco. In piedi non è rimasto che un ceppo alto poco più di un metro, ormai macero: è ciò che resta di quel monumentale tronco che cadendo si è trascinato dietro anche la costruzione in metallo che avrebbe dovuto impedirne il crollo. «Abbiamo sentito un boato, ci siamo girati e abbiamo scoperto che l’albero era caduto: è stato impressionante, ma per fortuna nessuno è rimasto ferito», racconta Annemarie Bekker, portavoce del Museo Anna Frank. Quello che è successo, ammette, «è uno choc». La Support Anne Frank Tree Foundation, creata per impedire l’abbattimento dell’albero, parla invece di un evento «inaspettato e terribile». Già, perché quell’ippocastano bianco piantato oltre 150 anni fa nel giardino di un vicino di Anna Frank non era un albero come tutti gli altri: per la ragazzina di origini ebree nata a Francoforte sul Meno, fuggita in Olanda e costretta a nascondersi insieme alla famiglia nella sua casa di Amsterdam per non cadere nelle mani dei nazisti, quel castagno era diventato il simbolo della libertà negata. Anna lo osservava da una delle poche finestre non oscurate dell’intero edificio, costruito lungo uno dei canali di Amsterdam. Nel suo diario, scritto dal luglio del 1942 all’agosto del 1944 sotto la costante paura di essere scoperta e deportata in un lager, il castagno ricorre tre volte. «Guardavamo tutti e due il cielo azzurro, il castagno spoglio con le goccioline brillanti sui rami, i gabbiani e gli altri uccelli che volando radenti sembravano d’argento: tutto questo ci commuoveva e ci toccava profondamente, tanto che non potevamo più parlare», scriveva ad esempio il 23 febbraio del 1944. Il «tutti e due» si riferisce a lei e a Peter, il ragazzo nascosto con lei sul retro dell’abitazione e di cui si innamorò. Sei mesi più tardi il rifugio verrà scoperto e Anna verrà spedita nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, dove morirà di tifo. Il suo diario sarà salvato, pubblicato dopo la fine della guerra e tradotto in decine di lingue, diventando una delle più note testimonianze della persecuzione degli ebrei per mano dei nazisti. La frase sul «castagno spoglio con le goccioline brillanti sui rami», oggi, è riportata nel sottoscala che dà accesso alla soffitta in cui Anne poteva osservare insieme a Peter l’ippocastano. Il passaggio alla soffitta è sbarrato, ma uno specchio consente di guardare come se ci si trovasse proprio davanti la finestra: al di là del vetro, battuto a tratti da una pioggia violenta, si vedono ormai soltanto i rami sottili di un piccolo albero. Del castagno non c’è più traccia. Per scoprirlo bisogna salire negli uffici della Fondazione Anna Frank, normalmente chiusi ai visitatori. «Avremmo voluto che l’albero venisse abbattuto già due anni fa», ammette sconsolata Galdys Herman, una responsabile della casa-museo. Con un gesto della mano indica verso il basso, verso il cortile interno e quel ceppo inzuppato: «Cosa sarebbe accaduto se fosse caduto nella direzione opposta?». Galdys Herman si ferma qui, ma la risposta è chiara: il retro della casa di Anne Frank sarebbe stato investito da un tronco alto venti metri. Che il castagno fosse malato era infatti noto da tempo. Tre anni fa la città aveva pensato addirittura di abbatterlo: troppo alto il rischio che crollasse proprio sulla casa-museo, visitata ogni anno da un milione di persone. Una mobilitazione partita dal basso spinse però Amsterdam a tentare una strada alternativa: sorreggere il vecchio fusto malato con una speciale costruzione in acciaio che, secondo gli esperti, avrebbe dovuto prolungarne la vita di qualche decennio. La natura, quella natura di cui l’ippocastano bianco era diventato un emblema per Anna Frank, è stata però più rapida. Adesso non è chiaro cosa succederà. Il tronco verrà rimosso in questi giorni. Al suo posto resta l’albero virtuale che è stato «piantato» su Internet nel 2006 e a cui ognuno può aggiungere una foglia. Restano inoltre i 150 cloni, ottenuti dai suoi germogli, che sono stati piantati in un parco di Amsterdam e gli arboscelli spediti in giro per il mondo, dagli Stati Uniti fino ad alcune scuole italiane, da Varese a Roma. Alla fine, forse, potrebbe essere proprio uno dei suoi mini-eredi a prendere il posto dell’immenso ippocastano morto.