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 2010  agosto 25 Mercoledì calendario

Sulle tracce perdute dei paesi fantasma - Craco, una cinquantina di chilometri da Matera, è un po’ la bandiera di un’Italia che c’era, ma che non c’è più: un suggestivo intreccio di case in pietra arroccate sulla roccia, che guarda la piana sottostante ostentando il proprio stato di vuoto e desolazione

Sulle tracce perdute dei paesi fantasma - Craco, una cinquantina di chilometri da Matera, è un po’ la bandiera di un’Italia che c’era, ma che non c’è più: un suggestivo intreccio di case in pietra arroccate sulla roccia, che guarda la piana sottostante ostentando il proprio stato di vuoto e desolazione. Un set cinematografico a cielo aperto, tanto da essere scelto da Mel Gibson come sfondo dell’impiccagione di Giuda nel film «The Passion». E meta obbligata per i sempre più numerosi turisti che escono dai classici itinerari per andare alla scoperta dei cosiddetti «paesi fantasma»: paesi disabitati, condannati all’abbandono dall’uomo o dalla natura. Paesi perduti, spesso non segnati neppure dalle carte geografiche, che il napoletano Antonio Mocciola ha visitato e raccontato nella guida «Le vie nascoste» (Giammarino Editore). «Da sempre sono affascinato da questi luoghi che fotografano un’Italia remota - spiega Mocciola - e da anni appena posso vado ad esplorare ciò che l’uomo prima ha costruito e poi ha abbandonato. Una sorta di turismo clandestino, dove spesso ti trovi costretto ad ignorare divieti di accesso e ad imparare a convivere con luoghi dove non esiste un bar, non trovi nessuno a cui chiedere informazioni e anche il navigatore satellitare entra in crisi. Ma ognuno di questi paesi ha una storia, ha una memoria: ed ho cercato di cogliere quello che è rimasto di quella storia e di quella memoria». Se smottamenti, alluvioni e, infine, il terremoto del 1981, hanno decretato lo sgombero definitivo di Craco, la mano dell’uomo è stata decisiva nella morte di un altro simbolo dei «paesi fantasma», Casal Venosto, in provincia di Bolzano. Un paese completamente sommerso nel 1950, per la costruzione di una diga finalizzata alla produzione di energia elettrica che portò all’unione tra il Lago di Resia e il Lago di Mezzo. Il borgo fu ricostruito più a monte, ma tra quelle 163 case inabissate per sempre ancora oggi dal lago emerge il campanile della Chiesa di Santa Caterina. «E’ uno dei simboli della Val Venosta - commenta Mocciola. Sembra quasi una bandiera bianca alzata, una sorta di resa dell’uomo davanti al progresso. Però il campanile sembra anche voglia sbeffeggiare chi non è riuscito a cancellare un pezzo di storia. Ma non è l’unico paese sotto ad un lago: basti pensare a Stramentizzo, borgo trentino affogato il 24 giugno del 1956 e traslocato sul vicino altopiano di Scaves. O Fabbriche di Careggine, 32 case nel cuore della Garfagnana, evacuate dopo la costruzione della diga di Vagli ma che tornano protagoniste ogni 10 anni circa, quando l’invaso viene svuotato davanti a migliaia di persone e il borgo intatto ricompare alla luce del sole». Le vie nascoste percorse da Mocciola sono tante e tutte suggestive. Alcune più note, come l’esempio di archeologia industriale di Argentiera (Sassieri), insediamento urbano che all’apice della vitalità della miniera aveva visto fino a duemila abitanti, e che nel 1943 al termine dell’attività estrattiva fu velocemente abbandonato, lasciando come traccia il villaggio di un tempo e una spiaggia argentata per la presenza di polveri residue. Oppure come Roscingo Vecchio, un borgo incantato in provincia di Salerno, che il 15 ottobre del 2000 ha visto morire la sua ultima abitante, Teodora Lorenzo, detta Zi’ Dorina. Proprio il tam-tam mediatico di questa scomparsa ha però ridato vita alla riscoperta di questo paese, svuotato in parte per gli smottamenti idrogeologici e in parte per il richiamo della Roscigno nuova, sicuramente più anonima ma più comoda da vivere. Una fontana in funzione, un ufficio della Pro Loco, un piccolo museo, un pittoresco personaggio che è andato a vivere tra le vecchie case, oggi accolgono i turisti in questa che viene definita la «Pompei del 900». «Riscoprire questi paesi ha un doppio valore - commenta Mocciola. Il primo è di rispetto nei confronti del nostro passato, di chi ha faticato per costruirli per abitarci e per rendere vivibile il territorio: credo che puntellare un palazzo in rovina sia un bellissimo atto d’amore. Il secondo è legato ai risolti possibili per nuove forme di turismo, come per esempio gli alberghi diffusi o l’ospitalità sostenibile». Ed è quello che succede a Pentedattilo, in provincia di Reggio Calabria, insediamento urbano nato sotto cinque rocce, completamente abbandonato al crollo delle montagne. Oggi un’associazione di giovani ha deciso di togliere quelle vecchie case all’incuria e alla malavita, organizzando festival, facendo corsi sulla cultura locale e riaprendo piccole botteghe per rilanciare l’arte e l’artigianato locale. Per chi crede nelle utopie invece la meta ideale è Campomaggiore Vecchio (Potenza): costruito agli inizi dell’800 come città ideale dal conte visionario Teodoro Rendina, doveva ospitare 1600 abitanti, e ognuno doveva fare un mestiere diverso per rendere il nucleo completamente indipendente. Ma nel 1885 un grave movimento franoso costrinse le 1525 anime ad abbandonare il paese e il loro sogno. Da società ideale a società fantasma il passo fu davvero breve!