ROSELINA SALEMI, La Stampa 22/8/2010, pagina 21, 22 agosto 2010
Cara Giulietta, aiuto: sono gay - Cara Giulietta, ti scrivo per la prima volta nella mia vita. Sono una ragazza (forse una bambina) di 13 anni, sono stata a visiarti qualche anno fa, ma allora tu per me non significavi niente
Cara Giulietta, aiuto: sono gay - Cara Giulietta, ti scrivo per la prima volta nella mia vita. Sono una ragazza (forse una bambina) di 13 anni, sono stata a visiarti qualche anno fa, ma allora tu per me non significavi niente. Ora invece so bene cosa vuol dire essere innamorati. Lo so, ciò ti farà ridere, come ha fatto ridere gran parte degli adulti a cui mi sono rivolta. 13 anni per i grandi non sono niente. Anche tu eri giovane quando hai conosciuto Romeo, eppure il tuo era un amore così grande da farti prendere la decisione di sacrificarti per lui. Il mio Romeo ha 13 anni ed è in classe con me. Ci siamo frequentati per tre mesi fino a qualche giorno fa quando mi ha detto che non mi amava. Mi vuole bene ma fra noi non era possibile un rapporto d’amore. Come vedi la mia è una storia semplice. Io lo amo ancora. Il nostro rapporto continua, ma in altro modo. Secondo te è possibile amare in diversi modi? Chissà perché ti ho scritto, forse perché ho voglia di parlare con qualcuno del mio amore e tu sei l’immagine stessa dell’amore e della sofferenza. Ti prego, non credere che a 13 anni non si possa amare (13 anni, Italia) Mi chiamo Marco, ho ventun anni e sono gay. Cara Giulietta, mi sento un po’ scemo perché tu non esisti, ma ho le idee così confuse! Da quindici mesi sono innamorato di Luciano e ci vediamo di nascosto. Ai miei genitori ho fatto credere di avere una fidanzata, ma non riesco a più a fingere. Loro sognano una famiglia tradizionale, nipotini, battesimi e cresime. Io sogno di sposare Luciano in Spagna. Mi aiuti a trovare le parole per dirlo?». Marco sventola la lettera. La manderà al «Club di Giulietta», a Verona, e aspetterà la risposta. Che arriverà di sicuro, perché gli amori infelici, lì, sono pane quotidiano. E perché «le cose cambiano, ma niente cambia, quando si tratta di sentimenti. Il dolore è sempre lo stresso» spiega Elena, una delle quindici segretarie, volontarie di Giulietta, che da sette anni smista lettere lacrimevoli, ma anche allegre, curiose, strane, spedite da ogni parte del mondo. È da Giulietta che bisogna andare per capire come quest’angolo di Verona, con le sue cinquantamila lettere in archivio (le prime sono del 1933), possa raccontare i mutamenti sociali, gli stili di vita, la globalizzazione, con grande orgoglio di Giulio Tamassia, da trent’anni presidente del Club. Così, la materia lieve degli amori e dei disamori diventa sociologia. Diventa un libro, di Lise e Ceil Friedman. Diventa un film romanticissimo. «Letters to Juliet», con Vanessa Redgrave, Franco Nero Amanda Seyfried e Luisa Ranieri (dal 27 agosto al cinema) comincia proprio con una lettera d’amore lasciata dietro una pietra cinquant’anni prima. Roba per il Club di Giulietta, ovvio. Dentro, c’è il frammento di una storia, c’è un incontro e una separazione: lui, Lorenzo, è italiano e forse l’autrice della lettera, un’adolescente inglese, non lo rivedrà mai più. (Lo rivedrà, invece, e sarà un momento al miele). Il film, che in America è uscito questa primavera, ha provocato una valanga di e-mail, oltre un migliaio, già il primo giorno dopo la proiezione, un fiume di strazi amorosi, un mare di interrogativi. E allora scopriamo quanto è fragile, vario e stupefacente il nuovo ecosistema sentimentale, alimentato da cinquemila lettere l’anno. Si affaccia l’omosessualità. «Scrivono in tanti - dice Elena - ma l’amore gay è come gli altri: c’è la paura, la gelosia. Che s’aggiungono al giudizio sociale». Per non parlare di quello asfissiante delle società più chiuse: «Sono innamorata di una donna e in India non si è mai sentito parlare di lesbiche», scrive una ragazza in crisi. Tra i temi anche quello della differenza d’età, molto frequente: «Cara Giulietta, amo un uomo che ha vent’anni più di me. È così meraviglioso essere sedotta! Non abbiamo bisogno di candele o dozzine di rose rosse per essere romantici. Noi ridiamo, condividiamo le nostre storie, stiamo bene insieme. Come è meraviglioso l’amore, e allo stesso tempo così doloroso. Quando lui parte, il mio cuore se ne va con lui.. Benedici la nostra relazione». Non mancano, poi, le tracce classiche, quella della separazione per complicazioni socioculturali: «Sono arabo, ho 38 anni. La mia amata è filippina, e ne ha 48 anni. È vecchia, piccola e grassa. Io sono giovane, alto, magro. Sì, Giulietta, questo è amore. Sono separato dalla mia donna da più di quattro anni per problemi politici. Il nostro amore è tristezza, è felicità, è sacrificio». Non passano di moda le unioni impossibili, con molte varianti: religioni diverse, popoli diversi, caste. Appelli disperati arrivano dall’India antica e moderna, dalla ragazza pakistana con il boyfriend italiano, dalla slovacca con l’iraniano: «Vahid mi ama, ma suo padre non lo permette», il turco e la tedesca. E ci sono, raccontati con pudore, i sentimenti di chi vive il dramma di sentirsi imperfetta. Katia: «Tante volte avrei preferito essere nata una stella, invece di essere una ragazza disabile, costretta a camminare con una stampella. Invidiavo le stelle, anche se qualcuna aveva un difetto, quella diversità veniva coperta dal loro candido bagliore. La mia, invece, si vede a occhio nudo. Mi sento una persona inutile e un totale disastro con i ragazzi. Incontrerò mai il mio Romeo?». Elena, sorride. «Se l’ha incontrato certamente lo scriverà a Giulietta». Se c’è una cosa che a Verona non cambia mai, è la voglia di un lieto fine.