Federico Fubini, Corriere della Sera 25/08/2010, 25 agosto 2010
IL DILEMMA DI BERNANKE, PRIGIONIERO DEI MERCATI —
Quando venerdì Ben Bernanke parlerà a Jackson Hole, sui monti del Wyoming, qualcuno potrebbe avere una sensazione di «déjà vu». Ma non è solo perché i vertici della Federal Reserve si ritirano lassù tutti gli anni con gli economisti più influenti al mondo. E non conta tanto il fatto che il discorso del capo della Fed sia sempre il più atteso e per Bernanke questa sia già la quarta volta.
Piuttosto, è il confronto fra gli uomini e le (poche) donne di Jackson Hole che ricorda una trama di cinque anni fa: al culmine della bolla del credito provocata dalla Fed di Alan Greenspan. Come allora, c’è un capo della Banca centrale americana chiamato convincere la platea che non sta alimentando nuove distorsioni dei mercati con una politica monetaria troppo accomodante. E, come allora, in sala si sentiranno le voci di chi pensa che la Fed resti invece prigioniera degli eccessi e dei ricatti di Wall Street.
Nel 2005 a Jackson Hole Greenspan venne attaccato per questo da William White e Raghuram Rajan, l’ex capo della Bri e l’ex capo-economista del Fmi. Entrambi deprecarono la speculazione permessa dai tassi d’interesse troppo bassi, avvertirono del rischio di un collasso. Quel giorno la difesa d’ufficio di Greenspan venne presa da Bernanke, prima che il crac dei «subprime» facesse riflettere entrambi. Ma da domani a Jackson Hole l’attuale capo della Fed ascolterà gli stessi critici, l’indiano Rajan e il canadese White, e stavolta dovrà difendersi da solo.
Nella Banca centrale Usa non concorda con lui nemmeno Thomas Hoening, il capo della Fed di Kansas che fa da padrone di casa a Jackson Hole. Secondo il Wall Street Journal almeno 7 dei 17 votanti del Fomc, il vertice della Fed, esprimono dubbi sulla linea della liquidità facile perseguita da Bernanke.
Non che si tratti di scelte facili. Come ha ricordato ieri il capo della Fed di Chicago Charles Evans, in America i rischi di «double-dip» (il «doppio tuffo» nella recessione) sono più concreti di pochi mesi fa. La disoccupazione resta inchiodata al 9,5%, l’inflazione è fin troppo bassa (1%) ei rendimenti decennali dei titoli di Stato paiono presagi di un’era glaciale: 2,54% in America, 2,17% in Germania, 0,92% in Giappone. Le Borse poi si adeguano al ribasso a queste aspettative striscianti di deflazione, ossia di caduta generalizzata e paralizzante dei prezzi.
È per questo che nella Fed — e da domani a Jackson Hole — si parla di nuove campagne d’acquisto titoli sui mercati per rivitalizzare il sistema. Con gli interessi ufficiali quasi a zero, cioè a fine corsa, Bernanke ha deciso che non permetterà al portafoglio di investimenti della Banca centrale (2.050 miliardi di dollari) di ridursi quando i titoli attuali scadranno. Reinvestirà tutto in titoli di Stato Usa e forse creerà ancora nuova moneta per provare a rianimare l’economia. Forse è quello che serve. Forse invece accelererà ancora il crollo dei rendimenti e la bolla del credito i cui segni già deprimono le Borse. Difficile comunque che, sabato , Ber-nanke e Rajan lascino Jackson Hole finalmente d’accordo fra loro.
Federico Fubini