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 2010  agosto 24 Martedì calendario

CLUB DI SERIE A IN GOL CON I DIRITTI COLLETTIVI - I

nostalgici del calcio che fu, quello ruspante, artigianale e apparentemente incontaminato, li additano come la causa di tutti i mali: dagli stadi che si svuotano, alle dichiarazioni fotocopia, all’impossibilità di seguire la propria squadra dal vivo con regolarità. La verità è che, alla vigilia dell’entrata in vigore dei parametri internazionali del cosiddetto fair play finanziario (tra un anno esatto tutte le società si dovranno adeguare pena l’esclusione dalle competizioni europee) i diritti tv diventano l’ancora di salvezza per la sopravvivenza di un mondo che ha vissuto fin qui al di sopra della proprie possibilità. A proposito, stasera la Sampdoria si gioca gli introiti della Champions league affrontando il Werder.
Secondo l’analisi di StageUp Sport & Leisure Business, la redditività media di un club della Serie A di calcio infatti passerà, a parità di costi, da-8,3 milioni di euro della stagione 2008/2009 a un utile di +0,4 milioni del 2010/2011, proprio grazie ai maggiori incassi provenienti dalla vendita collettiva dei diritti televisivi. In pratica, una seconda possibilità per trasformare un giocattolo di lusso, spesso sull’orlo del collasso, in una vera e propria impresa gestita in equilibrio economico. Secondo lo studio della società di ricerca bolognese, le società della massima divisione potranno contare, mantenendo inalterata la struttura dei costi, su un reddito medio operativo positivo di 400mila euro rispetto al segno negativo medio di 8,3 milioni che ha caratterizzato la stagione 2008/2009. Stagione che già sette società, tra le prime dieci classificate, avevano chiuso con un bilancio in utile (Juventus, Fiorentina, Genoa, Palermo, Cagliari, Lazio e Udinese). Dall’orlo del baratro, dunque, alla chance di un’opportunità da cogliere per chi sarà disposto ad investire secondo regole ferree rimaste estranee, per anni, in una giungla autoregolamentata che ha portato il calcio italiano a declassarsi rispetto a realtà europee come l’Inghilterra e la Germania. La stima del fatturato italiano al netto delle plusvalenze per il 2010-2011 è di 1.500 milioni (il 63% derivante proprio dalla vendita dei diritti televisivi) contro i 1.520 della Bundesliga (34% ) e i 2.650 della Premier League (53%).
Insomma, le potenzialità per trasformare la serie A in uno dei dieci settori industriali più redditizi del nostro paese, fino a una media di +17,5% sul fatturato, ci sono, a condizione che le società riescano a gestire il controllo del costo dei calciatori, e, come sottolinea l’analisi di Stage Up, considerino le plusvalenze da cessione giocatori non come un palliativo per far quadrare i conti ma come un ulteriore fonte di entrate attraverso investimenti sui settori giovanili. Un ruolo fondamentale sarà inoltre quello di una gestione manageriale del marketing e degli strumenti tecnologici e la partnership con realtà sportive extracalcistiche nell’ottica di una futura gestione autonoma degli impianti sportivi, come spiega il presidente di StageUp Giovanni Palazzi: «Una gestione sostenibile del business calcistico di vertice ottiene ritorni molto interessanti se si pensa che i club di serie A sono stati toccati solo marginalmente dalla crisi economica a differenza di numerosi altri settori industriali che hanno visto i margini di profitto ridursi in maniera sensibile. Ora che i ricavi sono più sbilanciati sui diritti media occorre diversificare per equilibrarli maggiormente puntando soprattutto su marketing, innovazione e formazione manageriale in attesa di poter gestire uno stadio di proprietà».